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Rissa alla Pensilina, condannati i tre giovani

Il presidente della Corte delle Assise criminali Amos Pagnamenta ha ordinato due espulsioni dalla Svizzera e altrettanti trattamenti terapeutici

Il luogo della rissa
(Ti-Press)
12 luglio 2024
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‘Anche un bambino sa che dei colpi alla testa possono provocare gravi danni’. Questa frase del presidente della Corte delle Assise criminali di Lugano Amos Pagnamenta potrebbe essere la sinossi della motivazione della sentenza pronunciata oggi nei confronti dei tre giovani protagonisti della rissa dello scorso 20 ottobre. Quella notte in zona pensilina Botta a Lugano alle 23.40, scoppiò una violenta lite che coinvolse un 19enne italiano residente a Lugano, un 20enne e un 25enne marocchini soggiornanti al centro federale d’asilo di Chiasso. Il giudice ha inflitto 3 anni e 9 mesi di carcere sospesi per dar luogo a un trattamento stazionario per il primo; la stessa pena per il secondo a cui si aggiunge anche l’espulsione per 10 anni dalla Svizzera e dall’area Schengen e un anno di carcere e l’espulsione dalla Svizzera per 5 anni per il terzo.

Scagionati da reati minori

L’atto d’accusa firmato dal procuratore pubblico Roberto Ruggeri, oltre al tentato omicidio intenzionale e alla rissa, per i tre imputati, ha incluso anche i reati di aggressione per il 19enne, atti sessuali con fanciulli, per il 25enne, e furto per il 20enne e il 25enne. Per quanto riguarda il 20enne e l'ipotesi di reato di natura sessuale, il giudice ha ritenuto che «non si comprende perché è stato accusato ed è risultato anche infastidito dal possibile correo quando quest’ultimo ha palpeggiato la minorenne». L’accusa di aggressione ai danni del 19enne, Pagnamenta l’ha reputata «incomprensibile, perché assorbita dal reato di tentato omicidio intenzionale». I furti commessi dai due richiedenti l’asilo, invece, sono stati confermati. In un primo momento avevano sottratto del materiale da una Porsche in via Motta a Chiasso e in seguito la catenina a un amico del 19enne che ha causato la rissa: «È pacifico che hanno sottratto i beni dall’auto nonostante quest’ultima fosse aperta. Infatti, uno dei due imputati quella sera indossava la giacca rubata».

‘Mostrato disprezzo per la vita’

La Corte composta dai giudici a latere Renata Loss Campana, Emilie Mordasini e dagli assessori giurati, ha ritenuto colpevoli di omicidio intenzionale solo due dei tre imputati, il 19enne e il 20enne, perché entrambi hanno preso a calci in testa il 25enne: «Con il loro agire hanno accettato il rischio dell’omicidio – ha sottolineato Pagnamenta –. Tutti, pure i bambini sanno che la testa è uno degli organi principali e che i colpi al capo possono portare danni gravi o il decesso. Non a caso, anche i bambini portano il casco in parecchi sport come in quelli da combattimento e non solo». Il 20enne «ha colpito diverse volte il 25enne mentre era indifeso, in questo caso le immagini delle telecamere sono eloquenti. Ha mostrato anche disprezzo per la vita frugando nelle sue tasche alla fine dello scontro». Il 19enne, invece, «ha tentato di colpirlo con un calcio paragonabile a un rigore calcistico con tanto di rincorsa. Fortunatamente, questo primo colpo è andato a vuoto solo perché il 25enne ha avuto il riflesso di evitarlo. Nonostante questo ha comunque continuato a colpirlo».

Il 25enne era accusato di tentato omicidio intenzionale perché, stando al pp, aveva aggredito con una lama tagliente il 19enne ferendolo all’orecchio sinistro. Una lama che però pare non esserci mai stata: «Il taglio è riconducibile a un oggetto tagliente. La lama però non è mai stata trovata e non si può definire con certezza che il ferimento sia stato compiuto in quel momento preciso o durante un altro istante della serata. In dubio pro reo, va dunque prosciolto da questo capo d’accusa», ha detto Pagnamenta.

La giovane età come attenuante

Pagnamenta ha tenuto in considerazione come attenuanti la giovane età degli imputati e la scemata imputabilità dei tre, che è stata valutata di grado medio. A favore del 19enne, la Corte ha tenuto conto anche che «ha tratto beneficio dal periodo passato in carcere. Grazie alla terapia psicoterapica che sta svolgendo si è reso conto di quanto ha commesso e sta andando nella giusta direzione nella sua fase di recupero». A suo carico c’era anche la possibilità dell’espulsione, ma è stato considerato il caso di rigore dato che ha passato tutta la vita in Svizzera. Nei suoi confronti, la Corte ha ritenuto opportuno, come aveva proposto l’avvocato difensore Stefano Pizzola, un percorso terapeutico che andrebbe a sostituirsi alla pena solo quando troverà un posto in una struttura adeguata per lui. In Ticino però non ce ne sono, quelle in Svizzera tedesca richiedono una conoscenza base del tedesco, mentre quella più plausibile sarebbe in Svizzera francese, ma, oggi, c’è una lista d’attesa di 21 persone.

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