Di fronte alla Corte delle Assise criminali un 39enne è stato ritenuto colpevole di aver detenuto e venduto un totale di 107 grammi di cocaina
Doveva essere un arresto a casa di un tossicodipendente che commette furtarelli. Ma tra quelle mura a Vezia la polizia ha trovato anche il 39enne condannato oggi dalla Corte delle Assise criminali di Lugano per infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacenti, riciclaggio di denaro, ripetuta entrata illegale e ripetuta ricettazione. Anche perché colto parzialmente in flagrante: al momento dell’arresto aveva con sé 51 grammi di cocaina, mentre è stata accertata la vendita in precedenti occasioni di ulteriori 56 grammi. Ora dovrà scontare una pena di 28 mesi, 16 dei quali sospesi, oltre all’espulsione per 7 anni dalla Svizzera e dall’area Schengen.
Di fronte alla Corte, presieduta da Francesca Verda Chiocchetti, l’imputato – un albanese residente nel suo Paese – ha sostenuto di essere venuto in Svizzera perché in Albania aveva ricevuto delle minacce di morte. Giunto a Lugano, ha trovato rifugio a casa di un consumatore cronico e, come sostenuto in aula, «pagavo l’affitto con la cocaina. Lui non accettava soldi, ma solo la droga. Ogni giorno gli davo 0,01 grammi di cocaina e i soldi che guadagnavo con la droga li usavo per pagarmi da mangiare». Questa versione non ha convinto la procuratrice pubblica Valentina Tuoni: «Ha fornito dichiarazioni fantasiose. Fin dall’inizio ha negato l’evidenza. È entrato tre volte in dodici mesi in Svizzera e ogni volta con 30mila franchi per vendere 0,01 grammi di cocaina al giorno. Inoltre ha dichiarato di rischiare la morte anche se è comunque rientrato più volte in Albania». Tra i suoi clienti, c’era anche un ladro condannato recentemente a 12 mesi di carcere e riguardo al reato di ricettazione la pp ha affermato che «quando i due consumatori sono stati sentiti, si è evinto che sono due tossicodipendenti e che rubavano solo per consumare».
Data la collaborazione limitata e la colpa ritenuta grave, la pubblica accusa ha chiesto 36 mesi di carcere, dei quali la metà sospesi per due anni, più l’espulsione dalla Svizzera per sette. Dal canto suo il difensore Olivier Ferrari ha concordato che «la colpa non può essere ritenuta di lieve entità, ma va considerato che è incensurato e prima del suo arrivo in Svizzera ha sempre lavorato in modo onesto». Pertanto ha chiesto una riduzione di pena ad al massimo 20 mesi interamente sospesi, non opponendosi all’espulsione.
L’imputato non è risultato credibile neanche alla presidente della Corte: «Dalla sua versione dei fatti, pare che abbia iniziato a spacciare quasi per caso. E invece conosceva bene la tecnica per rendere maggiormente pura la cocaina lavorandola e trattandola, non è dunque un novello».