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Lugano verso una ‘Rivoluzione culturale’

Comunali, confronto tra Roberto Badaracco (Plr), Tiziano Galeazzi (Udc) e Tessa Prati (Ps). Il vicesindaco svela le novità della prossima legislatura

Dall’autogestione alla movida, dal Campo Marzio alla cultura indipendente
(Ti-Press)

La Cina maoista non c’entra. Tuttavia, le novità della politica culturale luganese, che toccheranno in maniera importante il sistema di assegnazione dei contributi, sono nel loro piccolo paragonabili a una rivoluzione. Il vicesindaco e capodicastero Cultura, sport ed eventi Roberto Badaracco (Plr) ci svela in anteprima la strategia della Città. Contrapposte alla sua, due visioni agli antipodi: quella del municipale Tiziano Galeazzi (Udc) e quella della consigliera comunale Tessa Prati (Ps). In mezzo, tanti temi d’attualità durante questa breve legislatura: dalla cultura indipendente all’autogestione, dagli spazi aggregativi alla movida, dalle strutture sportive al Polo congressuale del Campo Marzio. Ultimo faccia a faccia in vista delle elezioni comunali del 14 aprile.

CULTURA INDIPENDENTE

In arrivo nuove regole

Ad aver contrassegnato la legislatura è stata l’esperienza innovativa della Straordinaria. Ricordiamo: un successo da 30’000 visitatori. Come si intende dare seguito alla Carta della Gerra?

BADARACCO – La Tour Vagabonde ha dimostrato che la cultura indipendente è una realtà importante. Tra poco arriveremo con un primo rapporto in Municipio proprio sulla Carta della Gerra, per cominciare a instaurare un dialogo con i dicasteri coinvolti. L’errore che forse si è fatto in passato è stato affrontare il tema senza una visione d’insieme. Stavolta vogliamo approntare una strategia e c’è la volontà di coinvolgere il Cantone, proprietario di immobili importanti in città. Nella Carta ci sono cinque punti: nuovi spazi, ridefinire le modalità di assegnazione di questi spazi, i finanziamenti dei progetti, un quadro legislativo aggiornato e il riconoscimento della cultura indipendente. Quest’ultimo è un dato di fatto, sul resto c’è da lavorare. A cominciare dall’erogazione dei contributi.

Cosa si intende fare?

BADARACCO – Intendiamo rivedere tutto il sistema di assegnazione. Quello attuale è in vigore da molto tempo e deve essere aggiornato. L’idea è quella di partire da degli scopi culturali che la Città si prefigge, tramutarli in bandi ed elargire i finanziamenti a chi propone i progetti ritenuti più validi e innovativi.

Non c’è il rischio di escludere associazioni o soggetti culturali piccoli, ma ben radicati sul territorio?

BADARACCO – È un rischio che potrebbe crearsi. Per questo bisogna studiare bene questo nuovo sistema, perché ci sono realtà più piccole che hanno anche un valore sociale, oltre che culturale.

GALEAZZI – Uno degli obiettivi di questa nuova strategia è anche il contenimento dei costi. È giusto puntare sulla qualità, con un occhio sui bilanci: sia a livello comunale sia a livello cantonale in questo periodo bisogna risparmiare in maniera trasversale. Questa nuova metodologia potrebbe anche spingere degli operatori culturali ad associarsi e a fare delle proposte comuni.

Alla Sinistra questa ‘rivoluzione’ come suona?

PRATI – Il fatto che si voglia modificare un sistema che in questi anni ha dimostrato dei limiti è un punto di partenza interessante. Mi spaventa l’eventualità che si possano ridurre i contributi: non deve essere questo, ma piuttosto un’assegnazione più sostenibile e utile. Perché Lugano investe molto per la cultura, è vero, ma soprattutto per cultura istituzionale ed è giusto così. Quel che resta per le realtà indipendenti è davvero poco.

Però anche loro hanno un ruolo molto importante.

PRATI – Assolutamente. Per questo ritengo che ci vorrebbe una programmazione degli investimenti anche per la cultura indipendente, e non a seconda del bisogno, così come avviene per quella istituzionale.

GALEAZZI – Non si deve pensare che il Municipio voglia solo proposte elitarie. Lo scopo è migliorare dove si può. E non dimentichiamoci che un ruolo lo avrà anche il Consiglio comunale (Cc) nella valutazione dei bilanci.

BADARACCO – Non si vuole penalizzare nessuno. Solo fare ordine. Allo stato attuale abbiamo una vastità di soggetti molto diversi: culturali, sportivi, sociali, tutti sotto lo stesso cappello. Riteniamo che vada pensato un regolamento specifico, con modalità proprie, per ogni settore.

AUTOGESTIONE

‘Sarà l’anno del dialogo’

A proposito di fenomeni trasversali, sempre in sospeso c’è l’autogestione. S’intravede, finalmente, una soluzione all’orizzonte?

GALEAZZI – Chi non vuole stare alle regole, mi auguro che non abbia più spazio. Dal mio punto di vista la soluzione a questo tema non sta solo nelle mani della Città. Da anni in Gran Consiglio (Gc) è pendente una mia mozione che chiede un maggior coinvolgimento da parte del Cantone e dovrebbe, finalmente, essere all’ordine del giorno in primavera. Si chiede di istituire un gruppo di lavoro fra Città e Cantone che cerchi degli obiettivi, degli spazi, delle regole. E ci vuole un interlocutore che sia riconosciuto da tutti. Questo sarà l’anno del dialogo e del dibattito. In ogni caso, per me la soluzione non deve essere necessariamente a Lugano.

Concretamente cosa dovrebbe fare il Cantone? Dovrebbe fungere da mediatore, com’era stato nel 2002?

GALEAZZI – Dopo l’occupazione della ‘Bastiglia’ (le scuole di Viganello, ndr) lo scorso luglio, la consigliera di Stato Marina Carobbio ha promesso aiuto alla Città. Bene, allora mi aspetto che durante il dibattito in GC sia più precisa. Se vorrà mettersi a disposizione per mediare, ben venga.

PRATI – A me spiace che si continui a mettere sullo stesso piano l’autogestione con quello che è un progetto poggiato su una forma giuridica concreta come è La Tour Vagabonde per esempio. Non voglio dare giudizi di valore diversi, anzi non mi piace che si crei una distinzione fra ‘buoni’ e ‘cattivi’. Però sono realtà con necessità e richieste diverse, che non devono essere confuse le une con le altre. L’autogestione si può volerla o non volerla comprendere e questa è una scelta. E a Lugano si è creata, purtroppo, una situazione complessa. Per superarla ci vuole volontà da entrambe le parti. Chi rappresenta l’autogestione oggi vuole degli spazi o vuole continuare a manifestare per il fatto che non ci sono degli spazi?

GALEAZZI – Distruggono un locale privato e non dicono chiaramente cosa vogliono...

BADARACCO – Concordo sul differenziare nettamente fra cultura indipendente e autogestione. E secondo me anche quest’ultima è una necessità. Purtroppo c’è stata e forse c’è ancora una mancanza di fiducia, da parte loro, perché ci sono stati degli episodi che a mio giudizio non si sarebbero dovuti verificare (il riferimento è, fra l’altro, alla controversa demolizione parziale dell’ex Macello, ndr) e che l’hanno incrinata. Ora ristabilire un dialogo è più difficile, ma credo che sia possibile.

PRATI – Sì, purtroppo il Municipio in passato ha sbagliato. Il Molino aveva già dimostrato con la sua lunga storia di essere un centro sociale funzionante. L’errore non è stato tanto escludere l’autogestione dal progetto Matrix (sul sedime dell’ex Macello, ndr), ma il fatto di non prospettare alcuna alternativa.

Non è stata una decisione solo del Municipio però, ma anche del Cc che ha approvato il progetto Matrix così com’è stato pensato. E ricordiamo che gli allora vertici dell’Usi avevano espresso rammarico per la mancata opportunità di inserire una realtà come l’autogestione nel piano di riqualifica.

PRATI – Vero. Ma il Ps ha più volte ribadito la necessità di fornire un’alternativa, cosa che il Municipio non ha fatto.

SPAZI AGGREGATIVI

‘Sfruttare di più luoghi inutilizzati’

Strettamente connesso sia al tema della cultura indipendente sia all’autogestione, c’è la questione degli spazi aggregativi. Numerose realtà chiedono posti dove potersi riunire e organizzare attività. Che soluzioni?

BADARACCO – Stiamo ragionando su diverse possibilità. Ci sono molti luoghi che non sono occupati o che non lo sono provvisoriamente in attesa che un progetto si concretizzi. Nell’attesa, questi spazi inutilizzati possono essere sfruttati dalla cultura indipendente. Naturalmente, a seconda dei contesti si possono calibrare le attività da insediarvi. Uno spazio del quale si era già parlato e che a nostro giudizio rimane interessante è l’ex depuratore di Cadro. Poi ci sono tutte le case Spin, delle quali fanno parte le ex case comunali nei quartieri. Si tratta perlopiù di spazi che andrebbero condivisi. In molti, però, chiedono luoghi esclusivi, ma non ce ne sono abbastanza per tutti.

GALEAZZI – Credo che le case Spin potrebbero essere usufruite molto di più. Abbiamo le commissioni di quartiere, tante società locali: sono queste persone che dovrebbero essere più propositive. E non dimentichiamoci i due centri giovanili di Breganzona e Viganello, anche questi ho l’impressione che siano poco sfruttati...

PRATI – Vi abbiamo chiesto di aumentare le aperture e gli operatori e non avete voluto...

GALEAZZI – Sì, ma io mi riferivo alla propositività dei giovani. Le strutture ci sono, potrebbero avere più iniziativa.

PRATI – I centri giovanili hanno un ruolo ben preciso: accompagnare i ragazzi nella crescita durante l’adolescenza in un luogo controllato. E un luogo controllato, per definizione, non è qualcosa che attira al massimo gli adolescenti. Per questo, pur avendo un ruolo importante, non possono essere la risposta alla richiesta di spazi per giovani.

MOVIDA

‘Ci vorrebbe un’offerta meno omologata’

Proprio legato ai giovani e alla loro voglia di stare assieme, c’è il tema dell’intrattenimento serale. Uno degli slogan elettorali della Lega recita ‘Lugano capitale della movida’. È davvero così? Ci vuole più tolleranza o maggior intransigenza?

BADARACCO – Credo che il Dicastero eventi si sforzi notevolmente per garantire e supportare un’offerta la più variegata e interessante possibile. Pensiamo anche solo a Lugano Marittima. Bisogna però cercare un giusto equilibrio, per non fare troppo affinché la quiete pubblica sia garantita. E lo stesso vale per l’offerta privata dei locali notturni. L’equilibrio è importante anche per la popolazione, che deve avere un certo grado di sopportazione se si desidera una vita notturna attiva.

GALEAZZI – I rumori non potranno mai essere eliminati del tutto. La tolleranza in questo senso è importante, ma se si trascende è corretto intervenire. È una questione anche individuale, di educazione: l’ente pubblico non può fare il tutore di tutto e di tutti. Ciò detto, la movida è importante per la vita di una città e nei limiti i privati vanno sostenuti. Va detto che Lugano non è più quella degli anni Novanta, trovo che manchino luoghi di ritrovo serali per persone di mezza età.

PRATI – La mia impressione è che anche in questo settore prevalga una ‘monocultura’: l’offerta, anche privata, spesso si somiglia, è di tendenza ed è rivolta a un particolare pubblico. Mi chiedo se non sia dovuto al fatto che si tratta della via più semplice per un imprenditore del ramo.

L’offerta che va per la maggiore dopo la chiusura del Living Room, in particolare, in effetti è quella più commerciale.

PRATI – Sì, e il Living Room è stato solo l’ultimo di una serie e questo conferma che manca un certo tipo di offerta, di spazi.

EVENTI, FIERE E CONGRESSI

‘Non tutto in centro’

Da più parti c’è la richiesta di distribuire meglio sul territorio gli eventi. È fattibile?

BADARACCO – Nella programmazione annuale degli eventi, oltre duecento all’anno sono sparsi per i quartieri. Certo, la maggior parte sono organizzati da associazioni locali. Il problema dei grossi eventi è che spesso devono essere supportati da una logistica e da una disponibilità di spazi che ci sono solo o sul lungolago o in centro. Fare qualcosa di grande fuori dal centro non sempre si può e in ogni caso va messo in conto che diventa più dispendioso.

GALEAZZI – Nel 2019, da consigliere comunale, ho presentato una mozione che chiedeva proprio di distribuire gli eventi sul territorio. Il Blues to Bop si potrebbe anche fare in Val Colla, ma gli sponsor sono principalmente attratti dal centro.

Però il Vallemaggia Magic Blues si tiene in posti altrettanto discosti e funziona bene.

BADARACCO – Spesso ci capita di fare delle proposte alternative agli organizzatori e sono loro a dirci di no perché preferiscono stare in centro. A giorni diventeremo proprietari del parco San Grato a Carona, che è stupendo: sarebbe bello poter inserire lì degli eventi. Ma non dipende solo dalla Città.

PRATI – Credo che gli Eventi facciano un gran lavoro e l’offerta sia invidiabile. Allo stesso tempo, una critica che raccolgo tra cittadini e operatori culturali è che la Città tenda a voler essere l’organizzatrice principale. Forse l’ente pubblico dovrebbe lasciare un maggior spazio ad associazioni e privati da questo punto di vista, supportandoli chiaramente.

BADARACCO – È un sentimento diffuso, ma non trova riscontro nella realtà. Il 70% degli eventi a Lugano sono organizzati da privati. Penso allo Studio Foce, noi diamo solo un supporto logistico.

PRATI – Sì, ma guardando alla locandina degli eventi proprio al Foce la prima cosa che spicca è il logo della Città e della Divisione eventi. Forse è una questione comunicativa, di immagine.

Un settore che appare in crisi è quello fieristico. Come supportarlo? A fronte di questa crisi, il progetto del Polo congressuale del Campo Marzio non andrebbe ricalibrato?

BADARACCO – Il settore effettivamente è in crisi, ma è un trend globale e non luganese. Ma comunque si tengono ancora fiere. Assieme agli organizzatori si sta cercando di modificarne l’impostazione rendendole delle esperienze immersive. Possiamo ancora organizzarne perché attualmente il costo è molto basso visto il cattivo stato del Centro esposizioni. Quanto al futuro Campo Marzio, la priorità non sarà più data alle fiere, ma ai congressi, che invece sono in fase di ascesa. Ma il cantiere non è realistico che parta prima del 2030.

PRATI – Noi siamo critici su alcuni aspetti del progetto, principalmente quelli legati al finanziamento e a un rischio di speculazione edilizia: va edificato quel che è effettivamente necessario, privilegiando il verde pubblico. Per la popolazione locale il valore aggiunto sarebbe un nuovo parco, non tanto il centro congressuale in sé. E ci piacerebbe che ci fosse una quota di alloggi di utilità pubblica.

GALEAZZI – Lugano ha un’anima cosmopolita ed è molto importante tornare a contare sullo scacchiere internazionale come era una volta e se i congressi possono contribuire a questo, li sostengo. Penso che l’ente turistico Lugano Region debba potenziare il suo ruolo di megafono in quest’ambito.

PRATI – Io ci aggiungo anche il Cantone e i Comuni della cintura urbana: tutti beneficiano e beneficerebbero di un importante settore congressuale a Lugano e sarebbe corretto che facessero, progettualmente ma anche finanziariamente.

SPORT

‘Questione di priorità’

Partito il cantiere del Pse, diverse zone della città chiedono o di rimodernare gli impianti esistenti o di costruirne di nuovi. Il Municipio sta lasciando indietro i quartieri?

BADARACCO – No, cerchiamo di essere attenti a tutto il territorio. È appena passato il messaggio sul rifacimento delle infrastrutture a Barbengo, siamo intervenuti al tennis club di Breganzona, per citare due esempi. È vero che le strutture comunali esistenti sono oramai sature. E il palazzetto dello sport in programma al Pse vuole essere una risposta parziale a quest’esigenza.

PRATI – Sì, io credo che si debba investire di più soprattutto in quegli spazi, anche sportivi ma non solo, più liberi, come ad esempio i campetti. Mancano e la popolazione li richiede. Se davvero verrà alzato il moltiplicatore d’imposta nei prossimi anni come sembra, mi auguro che i cittadini dei quartieri possano avere qualcosa in più in cambio.

GALEAZZI – È giusto investire, e comprendo le richieste che arrivano dai quartieri. Ma la ‘Mamma Lugano’ deve darsi delle priorità compatibilmente con la situazione finanziaria. Quando ci saranno più soldi gli interventi si faranno.