Comunali 2024: faccia a faccia tra Lorenzo Quadri, Raoul Ghisletta, Carola Barchi e Tamara Merlo. Dalla povertà agli spazi per giovani
Lugano fa abbastanza per rispondere alla crisi economica, che colpisce soprattutto i ceti medio e basso? E la Città riesce a stare al passo coi cambiamenti sociali in atto, relativi alla conciliabilità-lavoro famiglia e alle teorie di genere? Di questo abbiamo parlato col capodicastero Formazione, sostegno e socialità Lorenzo Quadri (Lega) e con tre avversari politici: Raoul Ghisletta (Ps), Carola Barchi (Plr) e Tamara Merlo (Più Donne). Tutti in corsa per il Municipio alle prossime elezioni comunali.
Il Consiglio comunale (Cc) ha approvato l’anno scorso la versione light del Regolamento per le prestazioni comunali in ambito sociale. Giusto così o poco coraggioso? È stata persa un’occasione per aiutare il ceto medio?
Ghisletta: Si è rivelato un errore volerlo inserire nel Regolamento sociale, che aiuta in modo mirato le classi meno abbienti. Diventa un mostro a due teste. Andava fatto un regolamento a parte.
Quadri: La Città ha utilizzato gli strumenti che aveva a disposizione. La socialità comunale è sussidiaria a quella cantonale e federale. Il Regolmento sociale non è fatto per il ceto medio per sua stessa natura.
Sì, ma la proposta di emendamento al Preventivo 2023 di Ps-Pc e Centro prevedeva un contributo una tantum di 5 milioni, quindi non una spesa ricorrente, proprio per ceto medio e basso.
Quadri: Sì, ma era una proposta inattuabile e velleitaria per fare bella figura. Come si sarebbero dovuti spendere questi soldi? E chi avrebbe dovuto beneficiarne?
Ghisletta: Quadri su questo ha ragione. Infatti a inizio giugno voteremo su un’iniziativa popolare federale che vuole plafonare i costi dei premi di cassa malati al 10% del reddito disponibile. Quella votazione sarà decisiva per il ceto medio. E c’è un’analoga iniziativa pendente a livello cantonale.
Merlo: Io credo che con la modifica del Regolamento chiaramente non siamo andati a bersaglio. Si sarebbe potuto fare meglio, un aiuto al ceto medio mirato si sarebbe potuto dare.
Barchi: Per me non è stata persa un’occasione. Il ceto medio deve essere incentivato con altri aiuti, piuttosto che con dei sussidi. Il problema dell’impoverimento del ceto medio non è locale. La voce principale delle spese fisse è costituita dall’alloggio: si arriva a spendere anche il 30% del reddito. Lugano, assieme al Cantone, deve implementare una politica di alloggi a pigione moderata. Ci sono Cantoni che si sono fissati come scopo di edificarne un 20% del parco immobiliare. Per il ceto medio, bisogna promuovere le cooperative di abitazione che permettono di abbattere i costi. Oltretutto, non si tratterebbe di una spesa a innaffiatoio, ma sarebbe un investimento.
Ghisletta: Il ceto medio credo che si aiuterebbe di più concedendo un carovita adeguato, e questo è un tema che riguarda anche i dipendenti comunali. Lugano Istituti Sociali (Lis), per esempio, non lo dà. Concede una tantum, sulla falsariga del governo.
Quadri: Sì, ma il Cantone non riconosce il carovita nei contratti di prestazione. E quindi questa differenza di soldi chi avrebbe dovuto mettercela? Il Lis ha riconosciuto di tasca sua 700 franchi a testa. Sono 400’000 franchi propri, non è poco.
Ghisletta: Resta il fatto che il carovita non è riconosciuto a più della metà dei dipendenti diretti o indiretti della Città.
Barchi: Vorrei aggiungere una cosa. Forse ho la deformazione professionale da architetta, ma ho il vizio di pianificare. Credo che la politica non debba sempre agire in emergenza, ma si debba prevedere, pianificare e realizzare. Le cose fatte all’ultimo momento si fanno male. Sappiamo che nei prossimi dieci anni aumenterà il carovita? Allora si cominci già ora a pianificare come sostenere i cittadini.
Oltre al ceto medio in difficoltà, crescono le persone in povertà. Da uno studio commissionato dalla Città, emerge che il 5% delle famiglie luganesi non arriva al minimo vitale pur facendo capo agli aiuti statali. Come aiutare queste persone?
Quadri: La Città ha una strategia efficace di lotta alla povertà. Oltre al Regolamento sociale, c’è il Progetto lavoro per la promozione dell’occupazione, a cominciare dai giovani. Come Lis ci siamo posti l’obiettivo di avere il 10% del personale come apprendisti. C’è il tavolo di lavoro contro la povertà, che riunisce più volte all’anno tutti gli enti che si occupano del tema sul territorio. In Ticino ci sono vari aiuti sociali, ma si nota che il sistema di sostegno è sempre più complesso e quindi, per aiutare chi ne ha bisogno, aspetti sui quali si cerca di lavorare sempre più sono il supporto informativo, i corsi di istruzione sulla gestione del budget e altre misure mirate.
Questo è sufficiente?
Ghisletta: Bisogna probabilmente rivedere le soglie di accesso agli aiuti. Il Comune ha una buona rete di assistenti sociali, che si può potenziare un po’, ma c’è già. Ma in una città di 70’000 abitanti riescono ad arrivare dappertutto? Non credo.
Barchi: Il raggio d’azione del Comune è limitato. Io torno sul tema della pianificazione: non si sta facendo abbastanza. Se fossi eletta comincerei dicendo che nei prossimi dieci anni a Lugano vanno costruiti tot appartamenti a pigione moderata, con il Cantone che ne sovvenziona la metà o di più. C’è questo fondo da 10 milioni per il finanziamento degli alloggi a pigione moderata, in larga parte inutilizzato.
Ghisletta: Quel fondo è frutto del controprogetto alla nostra iniziativa sugli alloggi a pigione moderata del 2012. È vero che non è stato quasi utilizzato, perché c’è una lentezza paurosa nell’avvio dei progetti. Adesso si è partiti con la cooperativa Lambertenghi ed è stato acquistato un pezzo del terreno ex Spohr a Pregassona per il medesimo scopo.
Barchi: Ma va fatto più velocemente.
Ghisletta: Hai ragione, ma non c’è la volontà politica. A cominciare dal Cantone: il Dipartimento sanità e socialità (Dss) ha detto a più riprese che non vuole impegnarsi su questo fronte perché a suo giudizio l’offerta dell’edilizia privata sarebbe adeguata.
Barchi: Ma non lo sono i prezzi!
Ghisletta: Sono d’accordo, ma la maggioranza va dietro alla politica del Dss. Lugano è forse l’unico Comune che, a seguito dell’iniziativa, pian piano sta facendo qualcosa.
Merlo: Ricordo che la povertà tocca spesso le famiglie monoparentali, che all’85% sono madri sole. Da questo punto di vista non si sta facendo abbastanza a nessun livello. La parità salariale resta ancora un obiettivo da raggiungere. Lugano, quando stipula accordi con aziende, dovrebbe insistere di più su questo aspetto e verificarlo. Anche l’accesso al mercato del lavoro delle madri sole va incentivata. E poi ci sono i working poor che vanno aiutati in modo mirati e che anche sono soprattutto donne.
C’è poi una fascia della popolazione, per fortuna molto esigua, di persone che vivono in estrema povertà. A tal proposito, Lugano è l’unica città in Ticino a non avere, oggi o nel futuro prossimo, un dormitorio per senzatetto. Giusto così, Quadri?
Quadri: A inizio anni Duemila c’è stato un dormitorio di bassa soglia all’ex gattile, chiuso in seguito a episodi di violenza che si erano verificati. E già allora uno dei requisiti era la legittima residenza sul territorio. Alla stessa condizione oggi ci sono degli accordi con delle pensioni in città, per una presa a carico in emergenza. Sono comunque pochissime situazioni all’anno. Costruire una struttura ad hoc per casi isolati sarebbe un costo ingiustificato. Invece per persone che non hanno diritto di stare sul nostro territorio, e questa è una decisione politica, non si vuole mettere a disposizione una struttura che possa diventare un attrattore.
Però Mendrisio o Locarno non sono state invase da senzatetto.
Quadri: La città di Lugano però è diversa, è più grande ed è un polo attrattore maggiore.
Ghisletta: Effettivamente è strano che Lugano non abbia nulla. Ce l’hanno città molto più piccole della nostra, oltre a quelle ticinesi anche ad esempio Nyon o Yverdon o diverse altre. Proprio per questo abbiamo presentato una mozione che chiede di approfondire il tema.
Barchi: Vorrei ribadire a Quadri che la soluzione a un bisogno non aumenta la richiesta. In ambito sociale non è così. Non è che se si crea una struttura tutti i senzatetto del mondo vengono poi a Lugano. Abbiamo due esperimenti che funzionano nel cantone, uno a nord e uno a sud, e si può decidere di declinarne uno dei due alle nostre esigenze. Però una città delle dimensioni di Lugano dovrebbe avere una soluzione, senza troppi costi.
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Lorenzo Quadri
Di recente è tornato d’attualità il tema della tossicodipendenza. Come arginare il fenomeno? La ‘stanza del buco’, proposta dalla municipale Karin Valenzano Rossi, può essere un’opzione?
Quadri: Lugano cofinanzia tre figure di prossimità di Ingrado, ancora una volta senza alcun sostegno cantonale. Si sta ora valutando se aprire il centro di Ingrado anche il sabato e, forse, la domenica. C’è bisogno però di un potenziamento del personale. Sulla stanza del buco sono scettico se non contrario. Sono in corso degli approfondimenti da parte dei servizi e se saranno convincenti sono pronti a cambiare idea.
Perché è scettico?
Quadri: Intanto per una questione di costi: a Coira si stanno rivelando molto più elevati del previsto. E poi, per le modalità. Non si possono obbligare i tossicodipendenti a utilizzare queste strutture, quindi non credo che risolverebbe il problema.
Ghisletta: Il Ps ha promosso la mozione per chiedere l’apertura di Ingrado anche durante i weekend. Quindi siamo contenti della direzione nella quale stiamo andando. Il tema secondo me è anche la partecipazione finanziaria degli altri Comuni a queste misure: i tossicodipendenti non sono solo di Lugano e non deve essere solo Lugano a farsene carico. Sulla stanza del buco, che nasce dall’esigenza di mitigare i problemi di ordine pubblico in particolare al parco Ciani, saremo d’accordo se si dimostrerà che effettivamente potrà aiutare.
Barchi: Per me non è tanto una questione di decoro quanto di salute pubblica. Anche io concordo sulla sperimentazione, ma che non sia solo sul luogo, perché non vedo cosa possa portare in termini di prevenzione, che è l’ambito sul quale si deve davvero agire.
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Raoul Ghisletta
La legislatura è iniziata con diversi episodi di violenza giovanile durante le restrizioni pandemiche e in più, con la demolizione del centro sociale all’ex Macello, è venuto a mancare un ulteriore spazio per i giovani. In città mancano effettivamente ritrovi per giovani?
Merlo: Sì, chiaramente. Al di là dell’autogestione, per la quale spero che riescano a parlarsi col Municipio e a trovare una soluzione. Se penso ai centri giovanili, è un peccato che una maggioranza molto tirata in Cc nel 2022 non abbia accolto la proposta di aprirli durante tutti i weekend e non solo.
Il Municipio aveva spiegato che non c’è richiesta.
Merlo: Beh, se seguiamo la stessa teoria che il Municipio ha sui senzatetto, l’offerta creerebbe la domanda. Inoltre, ci sono sul territorio diversi servizi, anche per giovanissimi, è vero. Ma non equamente distribuiti fra i quartieri.
Barchi: Sì, c’è bisogno di spazi per giovani. Il tema è capire quali e dove? Io vorrei insistere però sugli spazi pubblici. Vediamo il successo della Foce, che è uno spazio davvero democratico. Ci vorrebbero diversi altri luoghi aggregativi pubblici in città. Sul centro sociale, vorrei aggiungere che alla Città costava poco o nulla all’anno e offriva una valida alternativa a basso costo per i giovani in città. Era una buona soluzione, intelligentemente individuata dal Nano Bignasca e dalla classe politica di allora: loro vogliono una sede a buon mercato, non chiedono di più.
Ghisletta: Io credo che si debba seguire la strada tracciata dalla Carta della Gerra dopo l’esperienza della Straordinaria, che prevede, tra l’altro, di concedere spazi inutilizzati per le iniziative dei gruppi, in maniera provvisoria e flessibile. E si dovrebbe incentivare la collaborazione coi privati, la Città potrebbe mediare delle soluzioni. Di alternative ce ne potrebbero essere, ci vuole la volontà.
Quadri: Intanto, va detto che la stragrande maggioranza dei giovani non si riconosce nell’autogestione...
Però anche diversi di quelli che ideologicamente non vi si riconoscono andavano al centro sociale di tanto in tanto, anche solo per trascorrere una serata a prezzi modici.
Quadri: In ogni caso la Città non sta con le mani in mano in ambito di politica giovanile: siamo stati quindici anni fa i primi in Ticino a dotarci di un Servizio di prossimità e abbiamo tre operatori attivi sul territorio. Se parliamo di spazi, è vero, ce ne potrebbero essere di più. Ad esempio, la parte sud di Lugano è sguarnita di centri giovanili. A tal proposito sono stati effettuati degli approfondimenti su come risolvere la situazione a basso costo e una possibilità potrebbe essere concedere loro degli spazi comunali quando sono inutilizzati come le case Spin (ad esempio le ex case comunali, ndr). C’è poi il tema degli spazi aperti, per i quali abbiamo ricevuto diverse richieste, come inserire tavoli, panchine, tettoie, e se possiamo lo facciamo.
Merlo: Sì, ma dopo quanto tempo? Un giovane che chiede la tettoia per ritrovarsi con gli amici magari se la vede realizzata quando è in casa per anziani (ride, ndr).
Quadri: Questo è un problema tipico dell’ente pubblico: tutto quello che realizza costa di più e ci vuole più tempo perché ci sono i ricorsi. Ma questa non è una colpa del Municipio. Anzi per noi è frustrante.
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Tamara Merlo
D’attualità già da diversi anni è la conciliabilità lavoro-famiglia. Come migliorarla? In particolare, un tema riguarda gli asili nido: c’è una lista d’attesa molto lunga per quelli pubblici, che sono di qualità e a prezzi contenuti.
Merlo: Questo tema deve essere una priorità. Bisogna uscire dalla logica della mera conciliabilità, per offrire i servizi dell’extrascolastico indipendentemente dal posto di lavoro. È chiaro che sono dei costi, ma è l’unico modo per contrastare la povertà delle madri sole. È anche un modo per stimolare la crescita demografica.
Quadri: Lugano ha già quattro asili nido pubblici...
Merlo: Però sono solo 110 posti.
Quadri: Infatti come Città abbiamo evidenziato la necessità di averne celermente almeno uno in più. Vista la forte necessità, l’ente Lis si è attivato chiedendo all’ente pubblico di mettere a disposizione un terreno in diritto di superficie per costruire in tempi brevi una struttura prefabbricata che ospiti un nuovo nido. Ma il Cc ci ha messo due anni a esprimersi sul messaggio.
Merlo: In Cc ora però è passato, adesso tocca al Municipio. È vero che la Gestione ci ha messo un po’, ma perché erano lievitati i costi e volevamo capire meglio.
Ghisletta: Bisognerebbe fare delle convenzioni con i privati sia per i nidi sia per l’extrascolastico. La Città dovrebbe attivarsi per realizzare dei partenariati pubblico-privato per abbassare i costi.
Quadri: La Città comunque finanzia già i privati.
Merlo: Oltre alle strutture private si potrebbero incentivare anche mamme e papà diurni.
Barchi: A me piacerebbe che a Lugano si realizzasse una sorta di ‘Cittadella delle donne’, sul modello di quel che viene fatto ad esempio a Ginevra: oltre a spazi collettivi e appartamenti per anziani, vi sono anche degli asili nido gestiti da associazioni.
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Carola Barchi
La società si evolve e la scuola con lei. Pochi mesi fa ha fatto molto discutere l’agenda scolastica, che toccava temi legati all’identità di genere. Cosa può fare la Città per rendere le scuole comunali luoghi ancor più inclusivi?
Ghisletta: Bisogna favorire la formazione dei docenti, sia a livello cantonale sia comunale.
Quadri: Io come capodicastero sono contrario a portare avanti discorsi relativi alle teorie di genere alle scuole elementari. Sono ideologici, instillano dubbi in persone ancora non formate come i bambini. Ricordiamoci che i casi di disforia di genere sono pochissimi.
Però la scuola ha il compito di essere inclusiva anche nei confronti di situazioni rarissime. Peraltro proprio l’Istituto scolastico luganese si è confrontato pochi anni fa con un caso concreto, capitato alle elementari.
Quadri: E infatti la Scuola è stata in grado di gestire questa situazione. Ma soluzioni vanno trovate nei casi puntuali, non va fatto un indottrinamento a tutti.
Merlo: L’identità di genere e quella sessuale sono dei diritti umani e pertanto vanno tutelate. Come è importante la lotta agli stereotipi. A livello cantonale come Più Donne abbiamo sollevato più volte il tema, trovando sempre la porta chiusa. Oltre alla formazione dei docenti, che deve essere obbligatoria, bisogna dare informazioni corrette ai genitori, fornite da persone ben formate a loro volta. E naturalmente va fatto un lavoro adeguato sul materiale scolastico.