Luganese

Di nuovo anziani truffati da finti poliziotti

Una 35enne è stata condannata a 3 anni per tre colpi riusciti e uno tentato. Ingente il bottino

Telefonate scioccanti
(Ti-Press)
19 gennaio 2024
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«Signora, è la polizia di Lugano. Sua figlia ha causato un grave incidente ed è morta una persona. Se non pagate subito la cauzione, 300mila franchi, sua figlia andrà in carcere». È una delle frasi impiegate per estorcere denaro a quattro anziani, da un'organizzazione polacca attiva la scorsa primavera nella Svizzera italiana. Non un fatto inedito, purtroppo: la chiamano ‘truffa emozionale’, esistono varianti come ‘truffa del falso nipote’ o ‘truffa del falso agente’ (come nel caso descritto). Il meccanismo è sempre quello: una telefonata scioccante riguardo a parenti in grave difficoltà e il bisogno impellente di versare una grossa somma.

Ma chi sono i truffatori? Una di queste persone è comparsa nell'aula penale di Lugano, una 35enne polacca, con numerosi precedenti penali specifici. La Corte delle Assise criminali, presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti, l’ha condannata a 3 anni di carcere da espiare, e all'espulsione dalla Svizzera per 8 anni, riconosciuta colpevole di truffa aggravata commessa per mestiere e ripetuta entrata illegale. L'atto d'accusa della procuratrice pubblica Valentina Tuoni è stato integralmente confermato.

Una veterana delle truffe la 35enne, madre di quattro figli, ex donna delle pulizie nel suo Paese. È già stata condannata per reati analoghi nel 2011, 2013, 2017 e 2019, sempre in Germania tranne il caso del 2013, accaduto in Svizzera romanda. Un'attività incessante per il suo ‘team’, attivo a livello internazionale, rapido nei movimenti e difficilmente rintracciabile dopo che il colpo è stato portato a termine. Il caso esaminato dal processo luganese non fa eccezione: tolta la 35enne, presa sul fatto grazie alla segnalazione della figlia di una vittima, il resto della banda rimane sconosciuto alle autorità, e la stessa imputata si è guardata bene dal fornire indicazioni concerete sulla vera identità dei suoi complici, sostenendo di essere stata ingaggiata in un bar di Cracovia per 500 euro.

Soldi e gioielli portati a Como

Quattro i casi ricostruiti dall'inchiesta, messi in atto in poco più di un mese. Le vittime sono tutte persone anziane fra i 75 e i 91 anni, residenti ad Astano, Lugano-Besso, San Vittore (Grigioni) e infine Lugano-Viganello. Hanno raccontato loro di un grave incidente stradale causato dalla figlia, o dalla nipote, che per evitare il carcere avrebbe dovuto pagare una grossa cauzione. Nell'ultimo episodio la vittima 91enne ha avuto la presenza di spirito di chiamare la figlia, e la segnalazione alla polizia è valsa la cattura della polacca. Era il primo giugno dell'anno scorso: da allora la donna si trova in detenzione. Il maltolto, parte in contanti parte in preziosi – una delle vittime ha addirittura ritirato oro da una banca per metterlo in mano ai delinquenti –, sfiora i 300mila franchi. Inutile dire che sono scarse le probabilità di una restituzione del bottino, anche se la 35enne è stata condannata pure al risarcimento dei valori rubati (296'885 franchi per l'esattezza) e del torto morale di mille franchi.

Pressione psicologica

Una costante di queste truffe è la pressione psicologica, esercitata anche tenendo al telefono per ore le vittime. Sconvolte, finivano per consegnare di tutto: monete d'oro e d'argento, lingotti, orologi, monili di valore. Oltre ovviamente ai contanti. La banda a quanto pare durante le scorribande in Ticino era alloggiata a Cantù, mentre la consegna dei valori avveniva a Como, dove gli anziani spaventati si recavano coi loro beni, o al loro domicilio in Ticino. La messa in scena contemplava addirittura un sottofondo sonoro fatto di singhiozzi e lamenti, per rendere più verosimile la chiamata dal luogo di un grave incidente stradale. Addirittura uno degli anziani dopo la telefonata si è recato in polizia a Lugano, salvo poi raggiungere Como con un taxi e consegnare i suoi beni nelle mani dei criminali.

Del resto, ha detto la procuratrice Tuoni, si tratta di «vittime anziane la cui integrità fisica e psichica viene messa a rischio. Che giustificazione vogliamo dare? Una identificazione del presunto capo sarebbe molto difficile e l'imputata lo sa. Una volta uscita dal carcere, continuerà e questo lo dimostra il numero di precedenti». La pp aveva chiesto una pena di 4 anni. Per contro l'avvocato difensore Vincenzo Luisoni aveva chiesto, invano, il proscioglimento dal reato di truffa aggravata per motivazioni di tipo giuridico, invocando la riduzione della pena di 16 mesi di cui 8 sospesi con la condizionale. Per la Corte, la gravità del reato e la prognosi negativa riguardo al comportamento futuro della 35enne, sono solo in parte bilanciate dalla collaborazione fornita agli inquirenti nella ricostruzione dell'accaduto.