Diciotto mesi sospesi e 8 anni di espulsione a una 46enne che ha truffato un’anziana del Luganese lo scorso novembre. La refurtiva è stata recuperata
"Sono tua nipote e sono gravemente malata di Covid". Da qui l’insistenza di avere soldi e gioielli per permetterle di ricevere cure urgenti consistenti in punture del costo di 40mila franchi. Un copione ormai noto, andato in scena anche lo scorso novembre in un comune del Luganese, con vittima un’anziana. Diverso il finale, con la falsa nipote arrestata poco dopo con la refurtiva – stimata in 48’250 franchi – nei pressi della stazione di Lugano. La donna, una cittadina polacca di 46 anni, è comparsa oggi, giovedì, davanti alle Assise correzionali di Lugano per rispondere di truffa aggravata. Con procedura di rito abbreviato, il giudice Mauro Ermani l’ha condannata a 18 mesi di detenzione sospesi per un periodo di prova di 4 anni. L’imputata è stata inoltre espulsa per 8 anni dalla Svizzera. La Corte ha approvato l’accordo presentato dal procuratore pubblico Zaccaria Akbas e dall’avvocato Danilo Margaroli.
Nel comunicare la sua decisione, il giudice ha spiegato che c’è da chiedersi se una pena a 18 mesi non sia eccessiva considerato che si è trattato di un unico episodio, con un importo non elevato (se paragonato ad altri casi già esaminati nelle aule penali ticinesi) e che la refurtiva è stata recuperata. «La pena è giusta soprattutto per gli aspetti soggettivi – ha motivato il presidente della Corte –. Oggi si è presentata qui addolorata e pentita, ma quello che ha fatto è estremamente grave e sprezzante perché la vittima è davvero debole e da questa esperienza ne è uscita con delle ansie. Quando ce la si prende con gli anziani è come picchiare i bambini: il comportamento è inaccettabile, lei fa parte di un’organizzazione senza scrupoli che mette le persone, al di là dell’aspetto economico, in situazioni di disagio che non possono essere accettate. Le persone anziane hanno solo il diritto d’invecchiare e non di essere avvicinate da energumeni senza scrupoli che raccontano un sacco di balle, perché quando si è anziani ci si crede di più, come quando si è bambini».
La 46enne si è scusata a più riprese definendosi «molto dispiaciuta e continuo a pensare a quello che ho fatto». La risposta del giudice è stata che «con i precedenti che ha, delle scuse ce ne facciamo molto poco». Nel passato dell’imputata c’è infatti un «passato delinquenziale di tutto rispetto. Sa cosa vuol dire stare in prigione ma non si lascia impressionare. Se le piace stare in carcere è un problema suo, ma almeno per questo Paese basta».