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Truffa telefonica ‘shock’, condannata a 16 mesi

Pena parzialmente sospesa alle Assise criminali di Lugano per una 42enne che andava a prelevare i soldi dalle anziane vittime delle truffe

Un inganno sempre più aggressivo
(Ti-Press)
28 maggio 2024
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Una chiamata improvvisa, al telefono la voce della figlia che dice di essere finita in ospedale e di necessitare urgentemente soldi per tre iniezioni mediche da 70mila franchi l’una, altrimenti avrebbe rischiato di perdere la vita. Una telefonata che metterebbe in agitazione molti genitori. Peccato però si tratti di una truffa. Più nello specifico, si tratta di una cosiddetta ‘telefonata shock’, una forma ancora più aggressiva della truffa del falso nipote. L’ennesimo caso di questa fattispecie è approdato questa mattina alla Corte delle Assise criminali di Lugano, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta. Protagonista del caso, nella veste di persona predisposta al prelievo del denaro dalle vittime e al suo trasporto all’estero, una cittadina slovacca di 42 anni. La donna, rea confessa di aver partecipato a tre distinte truffe tra agosto e novembre dell’anno scorso, con un maltolto di 61mila franchi (dei quali 35mila recuperati), è stata condannata a 16 mesi di detenzione, dei quali 10 sospesi per quattro anni, oltre all’espulsione dalla Svizzera per 10 anni.

Curriculum criminale

La donna ha dichiarato in aula di aver trascorso in carcere circa dieci anni della sua vita, e la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo ha precisato che, tra il 2000 e il 2018, l’imputata ha collezionato all’estero ben sei condanne, tra le quali una per rapina. «Solo in Ticino – ha detto la pp durante la requisitoria – nel 2023 sono state messe a segno 43 truffe di questo genere, alle quali andrebbero aggiunte tutte quelle tentate. In genere gli autori di queste truffe sono famiglie rom residenti all’estero. I telefonisti cercano le proprie vittime, studiando anche i nomi alla ricerca di quelli più in auge in passato. Questi individui hanno fatto dell’arte dell’inganno il loro mestiere, e sono viscidi nell’approccio, parlando con gentilezza e buona abilità nel comunicare. I collettori invece, come l’imputata, sono pedine facilmente sostituibili: la sua attività era sì subordinata, ma comunque indispensabile per la riuscita della truffa».

L’imputata era stata arrestata a Bellinzona a fine novembre, in possesso di gioielli sottratti alla sua ultima vittima, per un valore di 35mila franchi. Il modus operandi dell’imputata consisteva nel prelevare i soldi e i gioielli, per poi recarsi in treno fino a Praga, dove li consegnava ai suoi mandanti. In media riceveva un compenso di circa 300 euro per viaggio. «Non aveva nessun timore a recarsi in Svizzera – ha proseguito la pp – e di certo chi l’ha ingaggiata si fidava di lei. Era cosciente di star commettendo reato, e pur non sapendo esattamente cosa venisse detto al telefono, era cosciente che si trattasse di cose inventate e brutte». A fine requisitoria, Lanzillo ha chiesto una pena di 28 mesi, con una sospensione che non superasse la metà della condanna.

‘Una marionetta in mano ad astuti burattinai’

Anche l’avvocata Alessia Angelinetta non ha risparmiato le critiche verso l’agire della sua assistita. «Si è resa colpevole di un reato subdolo e meschino – ha detto durante l’arringa –, che ha come prede perfette gli anziani, che si fidano con la loro infantile ingenuità. Lei era però soltanto una marionetta, in mano ad astuti burattinai, e in un verbale ha dichiarato di aver ricevuto minacce quando stava considerando di non compiere un viaggio». Pur senza contestare le imputazioni, Angelinetta ha criticato le condizioni di carcerazione della donna, nonché di tutte le detenute del carcere, costrette a vivere in costante isolamento per mancanza di spazi. «Non ha senso tenerla in Svizzera anziché espellerla subito, sarebbe solo un costo, si giustifica per tanto la sospensione integrale della pena». Chiesta una riduzione della pena rispetto ai 24 mesi chiesti dall’accusa, e una sospensione condizionale a fronte di un espulsione molto lunga dalla Svizzera.