La Corte ha inoltre stabilito che il truffatore dovrà restituire circa 30 milioni di euro alle sue vittime. Richiesta la carcerazione di sicurezza.
La Corte delle Assise criminali di Lugano ha giudicato colpevole l’ormai noto truffatore Nicolò Svizzero, condannandolo a una pena detentiva di sei anni. La colpa del truffatore è stata giudicata estremamente grave, sia dal profilo oggettivo che soggettivo, in quanto avrebbe agito un numero elevatissimo di volte, con il puro fine di lucro, per poter vivere ben al di sopra delle sue possibilità. Non sarà però espulso in quanto, secondo la Corte, non rappresenta un pericolo per l’ordine pubblico. Ordinato inoltre un rimborso per le sue vittime: sei milioni di euro complessivi per le quattro vittime rappresentate dall’avvocato Marco Bertoli, e circa 23 milioni per l’imprenditore rappresentato da Emanuele Stauffer. Il procuratore pubblico Andrea Gianini aveva proposto una pena detentiva di sette anni e mezzo, ma Svizzero ha potuto beneficiare dell’attenuante data dal lungo tempo trascorso dai fatti. Il pp ha inoltre richiesto l’istanza di carcerazione di sicurezza, considerato l’alto rischio di fuga del condannato.
La Corte ha inoltre chiesto al Ministero pubblico di indagare sul coinvolgimento dell'avvocata luganese e membro del Consiglio della magistratura, Simonetta Perucchi Borsa, che avrebbe partecipato alla vicenda fungendo da intermediario finanziario per conto di Svizzero nel 2018. Secondo la Corte ci sarebbe un potenziale caso di riciclaggio.
Non ha convinto la tesi della difesa, rappresentata d’ufficio dall’avvocato Costantino Castelli, che sosteneva l’assenza di un inganno nell’agire del suo assistito. «Dal 2010 Svizzero si è fatto prestare dei soldi – ha detto il presidente della Corte, Amos Pagnamenta – promettendo un ritorno economico, quando in realtà i soldi venivano usati per scopi personali. Non vi è nulla di vagamente plausibile nelle sue dichiarazioni. Quando è stato posto di fronte a domande puntuali, ad esempio sulla natura degli investimenti, si è avvalso della facoltà di non rispondere, o ha affermato che non si occupava di questo o di quell’aspetto. Ha affermato di essere solo un consulente e azionista delle società di Singapore, quando in realtà queste portavano il suo nome ed erano gestite da un organo di facciata». La Corte ha stabilito che Svizzero ha indotto persone che lo conoscevano a dargli in affidamento i loro soldi, sfruttando le sue conoscenze altolocate e il suo status sociale, prospettando investimenti plausibili e intelligenti.
In merito alla richiesta di sequestro a carico dell’avvocata Perucchi Borsa, la Corte ha stabilito di non poterla ordinare, invitando però il Ministero pubblico a cercare responsabilità penali «in casi che risalgono ormai al 2018, e andranno in prescrizione tra meno di due anni». Il nome dell'avvocata era emerso nell'inchiesta come persone informata dei fatti, ma Stauffer ha affermato in aula che non potesse non essere al corrente del procedimento in corso a carico di Svizzero. La richiesta di sequestro per 4,5 milioni, era appunto destinata a risarcire il suo assistito, che aveva versato i soldi sul conto dell'avvocata, senza che questa verificasse l'origine del denaro.
Da noi raggiunta, l'avvocata ha così commentato: «Rispetto la competenza degli organi istituzionali. L'azione penale compete comunque al Ministero pubblico, ed è il procuratore pubblico che mi ha già sentito nel 2018. Se dovesse ritenere utile interrogarmi di nuovo, io rimango a sua disposizione. In ogni caso rigetto le accusa mosse nei miei confronti dall'avvocato Stauffer, e mi riservo di assumere tutte le informazioni su quanto è stato detto nell'ambito di questo processo, al quale non ho partecipato, perché non ho avuto opportunità di sentire quanto è stato detto. Devo dire però, che fa piuttosto male essere giudicata pubblicamente senza aver potuto prendere parte al processo né aver potuto esprimermi a riguardo». E in merito al suo ruolo come membro del Consiglio della magistratura, ha dichiarato che «non sono io che devo decidere. Per ora non c‘è niente e quindi non c’è nulla che debba decidere».