L'avvocato Costantino Castelli ha contestato tutte le imputazioni: ‘Non c’è stato inganno qualificato. Le presunte vittime hanno agito con leggerezza'
Le presunte vittime erano tutte professionisti facoltosi, con competenze in economia, con le quali Svizzero avrebbe instaurato dei meri contratti a prestito. Non vi sarebbe dunque un inganno qualificato, elemento fondamentale nell’imputazione di truffa. È stata questa la tesi sostenuta dall’avvocato difensore Costatino Castelli, che, davanti alla Corte delle Assise criminali di Lugano, ha chiesto l’assoluzione da tutti i capi di imputazione a carico di Nicolò Svizzero. «Lui non era una banca, o un broker, o un fiduciario, o un intermediario e non ha mai dichiarato di esserlo – ha affermato Castelli –. Gli accusatori privati hanno stipulato dei contratti a prestito con una società di Singapore, senza avere nemmeno in chiaro cosa si aspettassero da questi contratti, né di come sarebbero stati investiti questi soldi. Durante gli interrogatori hanno tutti affermato che si fidavano di Nicolò Svizzero, quando avevano tutte le competenze per svolgere le dovute verifiche. Hanno agito con leggerezza». In via subordinata, Castelli ha chiesto che al suo cliente non fosse inflitta una pena superiore a un anno e sei mesi – sei anni in meno rispetto a quanto ha proposto il pp Andrea Gianini –: una pena che di fatto risulterebbe già scontata una volta sottratti i giorni di detenzione preventiva già espiati. Nel caso la pena dovesse risultare superiore, è stato chiesto che questa fosse sospesa.
Prima della fine del dibattimento, Svizzero si è così espresso: «Non si ha mai una seconda chance per fare una buona impressione. Ribadisco quanto detto in precedenza e mi limito a ringraziare la Corte per il tempo e l’attenzione dedicatimi. Sicuramente farò tesoro di questa brutta vicenda e farò il possibile per chiarirla non appena ne avrò la possibilità».
La sentenza è attesa per mercoledì.
Nel corso della mattinata è emerso il coinvolgimento dell’avvocata Simonetta Perucchi Borsa, membro del Consiglio della magistratura, che avrebbe fatto da intermediario finanziario per conto di Svizzero, senza verificare la provenienza del denaro. A suo carico, l’avvocato Emanuele Stauffer ha richiesto un sequestro pari alla cifra in questione, 4,5 milioni di euro. Contattata da ‘laRegione’, Perucchi Borsa ha respinto fermamente tutte le accuse. «Ignoro i fatti sui quali si basano queste richieste – ha dichiarato –. Non mi sono più occupata di questo caso dal 2018. Sono stata interrogata dal procuratore generale e da lì non ho più saputo niente fino a qualche mese fa. Stauffer e il suo cliente non hanno mai formulato nei miei confronti una richiesta di risarcimento danni». A tal proposito Stauffer aveva dichiarato di aver scritto alla collega, senza aver però ottenuto riscontro.