Per il procedimento che riguarda Campione d'Italia (fatti dal 2013 al 2018), resta solo la bancarotta
È una sentenza che merita molta attenzione quella pronunciata lo scorso 21 marzo (le motivazioni sono però note solo da qualche giorno) dai giudici della seconda sezione della Corte d'appello di Milano (presidente Maurizio Boselli, consigliere estensore Claudio Siclari) che nel processo per la gestione del Comune di Campione d’Italia e del Casinò municipale, negli anni compresi fra il 2013 e il 2018, hanno respinto il ricorso della Procura di Como non convinta della decisione del gup Andrea Giudici del Tribunale lariano di mandare assolti per alcuni dei fatti contestati dodici dei diciotto imputati, accusati dai magistrati inquirenti di aver responsabilità nello tsunami che si è abbattuto sull'enclave.
Innanzitutto, i fatti sui quali si sono chinati i giudici d’appello sono riferiti a quattro contestazioni d'abuso d'ufficio e falso nei bilanci del Comune e di altri atti (reati contestati a ex sindaci e loro vice, a funzionari comunali e revisori contabili), a una ipotesi di corruzione (accusa a due dirigenti del comune) e contestazioni di false comunicazioni sociali nei bilanci della casa da gioco dell'enclave (a carico di dure dirigenti comunali). Accuse cancellate dai giudici milanesi che hanno sposato in toto le argomentazioni del gup Andrea Giudici con considerazioni in punta di diritto che sono ineccepibili e che nello stesso tempo sembrano indicare quale potrà essere la conclusione del processo ancora in essere davanti al collegio giudicante del Tribunale di Como: un colpo di spugna senza (eventualmente) condannati e senza (eventualmente anche in questo caso) assolti.
Per i giudici milanesi i reati di abuso d'ufficio sono estinti per intervenuta prescrizione, mentre i falsi in bilancio non sono più previsti dalla legge come reato. Inoltre, per tutti i capi di imputazione appellati è intervenuta la riforma Cartabia (la ministra della Giustizia nel governo Draghi, nonché ex presidente della Corte Costituzionale) che stabilisce come il gup deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere se “gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna”. Una norma molto discussa in quanto sottrae il giudizio dal contraddittorio in aula. Per quanto riguarda l'ipotesi di corruzione (favori reciproci, per l'accusa, fra i due dirigenti comunali) si basa su alcune intercettazioni che erano state autorizzate per i reati di peculato e bancarotta. Di conseguenza le conversazioni su cui si fonda l'accusa sono inutilizzabili in sede di processo. A questo punto dal voluminoso fascicolo giudiziario resta in discussione solo il reato di bancarotta.