Interprofessione della Vite e del Vino Ticinese contesta le motivazioni date dal giudice Amos Pagnamenta e scrive al Dipartimento delle istituzioni
Non si placa lo scandalo legato alla truffa del vino, costato un paio di settimane fa quattro condanne alle Assise criminali e una alle Assise correzionali. A scendere in campo ora è l’associazione di categoria, Interprofessione del Vino e della Vite Ticinese (Ivvt), contestando una parte delle motivazioni date dal presidente della corte delle Criminali Amos Pagnamenta. In particolare, si chiede di non mettere all’asta le circa 30’000 bottiglie sequestrate, adducendo ragioni economiche, ma anche sanitarie e di equità di trattamento. Per far valere le proprie ragioni, l’Ivvt ha dunque deciso di scrivere una lettera al direttore del Dipartimento delle istituzioni, Norman Gobbi.
«La Corte si è attivata con il Cantone, ottenendo la conferma dal Dipartimento delle istituzioni, che il vino verrà stoccato, rimbottigliato e messo all’asta attraverso bottiglie generiche che ne permetteranno la vendita, per non dover smaltire decine di litri di vino comunque buono», aveva detto il giudice al termine della lettura della sentenza. Sentenza che, sottolinea l’Ivvt nella sua nota, “ha subito acceso un dibattito nel settore vitivinicolo. A sorprendere è stata la motivazione che sarebbe peccato distruggere un alimento quale è il vino”. Ebbene, l’Ivvt non ci sta.
Intanto, per una questione di salute pubblica e di garanzia alimentare. “Se come riportato dai media, vinificando della Barbera siano riusciti a ottenere vini così diversi – scrive il sodalizio –, è legittimo presumere che siano stati aggiunti aromi, glicerina, tannini e/o altri prodotti per imitare i prodotti originali. Inutile aggiungere che queste pratiche sono vietate e in questi casi oltre alla contraffazione è lecito presupporre anche la sofisticazione”. In particolare, si fa l’esempio delle gradazioni alcoliche di Zenato Amarone, Tignanello e Sito Moresco (rispettivamente: 16,5% vol, 14,5% vol e 14% vol). Se per le ultime due la gradazione della Barbera può essere raggiunta in maniera naturale, per la prima “non vediamo come sia possibile senza aggiunta di alcol distillato o con un taglio di vini prodotti nel Sud Italia”. Oltre alla questione dell’aggiunta di aromi naturali, tannini o addirittura glicerina, “chi garantisce che si tratti veramente dell’annata riportata in etichetta?”.
Non è solo la difesa del consumatore a muovere l’Ivvt. C’è anche una questione di equità. Dopo essersi informati con le autorità doganali, a vinificatori e viticoltori “risulta che la merce sequestrata per importazione illegale viene distrutta. È risaputo che partite di merce contraffatta (si fa l’esempio di orologi, borse e capi di abbigliamento, ndr) sono distrutte. Perché non in questo caso?”, si domandano. È altrettanto “vero che in Svizzera, annualmente, si sprecano 2,8 milioni di tonnellate di prodotti alimentari. Tuttavia, nel ringraziare il giudice Pagnamenta che ha definito il vino un alimento, riteniamo che non mandare al macero 30’000 bottiglie di vino contraffatto per un motivo morale sia una motivazione poco sostenibile”.
Questo, anche per una questione di difesa del valore stesso del vino. Non essendo in possesso di certificati di origine veritieri, si sottolinea, “i vini dovranno essere declassati alla categoria 3 con la denominazione di Vino da Tavola di Origine Europea”, dal valore commerciale di 2,95 franchi al litro. “Inoltre, il vino dovrà essere venduto senza annata, senza alcun nome di fantasia e/o disegni che possano trarre in inganno il consumatore. Se la contraffazione non è stata fatta correttamente, non solo bisognerà eliminare l’etichetta, ma le bottiglie dovranno essere stappate per poter distruggere il tappo che riporta sempre il nome del produttore”. Infine, il pensiero dell’Ivvt è per il mercato locale: “La messa in commercio di 30’000 bottiglie creerà sul mercato del vino locale un danno inestimabile per tutto il settore, che vive un momento di difficoltà, e penalizzerebbe chi lavora onestamente”.
Per queste ragioni, l’Ivvt ha scritto al dipartimento di Gobbi, come anche a diversi altri attori coinvolti: Laboratorio cantonale di Bellinzona, Controllo svizzero del commercio dei vini a Dübendorf, Associazione svizzera commercio dei vini a Berna, Ufficio federale della sanità pubblica, Ufficio federale della sicurezza alimentare e veterinaria, Ufficio federale dell’agricoltura, Interprofessione della vite e del vino svizzeri a Berna, presidente del Tribunale d’appello a Lugano. Obiettivo comune: sensibilizzare sull’argomento a supporto della richiesta di fondo, ossia non mandare all’asta i vini sequestrati.