La Corte delle assise criminali di Lugano dovrà decidere cosa fare con le bottiglie sequestrate. Nel pomeriggio parola all'accusa
Un imputato sostanzialmente reo confesso. Un altro che ha ammesso di essere stato coinvolto, mentre gli altri tre negano. Davanti alla Corte delle assise criminali di Lugano si stanno delineando i contorni della truffa del vino, un'azione che, dal 2016 al 2018, avrebbe portato alla falsificazione di oltre 50mila bottiglie e al conseguente raggiro di circa 1,5 milioni di franchi ai danni di enoteche, società di vendita al dettaglio e all'ingrosso e ristoranti. Vino imbottigliato da enologi piemontesi sulle cui bottiglie erano state apposte etichette e capsule false per spacciarlo come originale. Quello protagonista della truffa è quindi un vino contraffatto, ma comunque di buona qualità. Nella seconda parte della mattina il giudice Amos Pagnamenta ha ascoltato le posizioni degli imputati presenti (e anche degli assenti, per motivi di salute, per il tramite dei loro avvocati). Con diversi gradi di partecipazione, tutti devono rispondere di ripetuta truffa e contraffazione di merci. Nel pomeriggio la parola passerà alla procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti per le richieste di pena.
Il 55enne italiano domiciliato nel Luganese ha ammesso quanto l'accusa gli contesta. L'uomo, difeso dall'avvocato Olivier Ferrari, ha dichiarato di essere stato contattato dall'imputato 69enne per un'attività di commercializzazione di vini, «ma non ero interessato». In un secondo momento «mi è stato chiesto se avevo conoscenze commerciali per occuparmi del packaging di prodotti da imbottigliare, per fare la consulenza. Era il luglio 2017 e per motivi medici mi sono fermato e non mi sono impegnato». Nel concreto, ha dichiarato, «ho prodotto delle scatole neutre per una terza persona che ho venduto e basta. Ho poi presentato un’altra persona che si occupava di grafica, una scatola di campione da far riprodurre non è nemmeno mai stata ritirata». Interrogato sul ruolo del 69enne, l'imputato lo ha definito come «la parte finanziaria». Mentre il 69enne assente per motivi di salute vestiva il ruolo di «colui che si occupava dell'acquisto e della vendita, finanziato da qualcun altro e non da me: ha cercato di coinvolgere me come persona pulita, ma erano già organizzati. Ho commesso tanti errori e me ne pento».
Respingono per contro le accuse – le difese hanno già annunciato che chiederanno il loro proscioglimento – il 69enne cittadino svizzero e il 29enne cittadino italiano. Il primo ha dichiarato di «non essersi mai occupato di vini, nei miei confronti sono state dette delle grandi bugie» e di essere stato chiamato in causa per «una ripicca» dovuta ad affitti non pagati. Il più giovane ha ammesso di avere partecipato a degli incontri («usavo il cellulare, facevo altro») ma di «non avere nessun ruolo nell'operazione dei vini contraffatti». L'imputato, per il quale l'ipotesi è di complicità in ripetuta truffa, ricorda di «aver consegnato una scatola, ma non potevo sapere fosse correlata a quello di cui sentivo parlare. Quando l'ho capito, mi sono allontanato». Passando agli assenti, l'avvocato Sandra Xavier ha ricordato che il 68enne «è sostanzialmente reo confesso» fatta eccezione per le prime dieci consegne – sono 28 quelle inserite nell'atto d'accusa – in quanto «non era consapevole della contraffazione». Parlando per il 64enne, l'avvocato Pascal Frischkopf ha contestato l'atto d'accusa preannunciando, come detto, la richiesta di assoluzione.
L'inchiesta, e non poteva essere altrimenti, ha portato al sequestro di circa 25mila bottiglie di vino contraffatto di cantine piemontesi o toscane molto conosciute. Quale sarà il loro destino? La procuratrice Rigamonti ha fatto sapere che durante l'inchiesta è stata valutata la possibilità di poterlo rivendere: non si tratta di vino di marca ma comunque di buona qualità. Per poterlo fare, però, andrebbe tolto dalle bottiglie e imbottigliato nuovamente. Un'operazione onerosa che almeno il principale accusatore privato non sarebbe intenzionato ad assumersi. Non sapendo in che condizioni si trovi oggi il vino, la procuratrice ne ha chiesto la distruzione. L'auspicio dell'imputato reo confesso è invece quello di trovare un compratore.