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La Tri-Star di Bioggio chiuderà: oltre 70 licenziamenti

L’azienda, che produce contatti elettrici, delocalizzerà la produzione in Messico entro fine anno. Unia: ‘Scelta strategica molto miope’

Si chiude definitivamente a maggio 2024
(Ti-Press)
22 marzo 2023
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«Un impatto drammatico». Nelle parole di Paolo Conti tutta l’amarezza per una decisione non condivisa che avrà impatto su oltre 70 persone, lui compreso, e sulle relative famiglie. La Tri-Star Electronics Sa di Bioggio, che dirige da otto anni, chiuderà i battenti e tutti i dipendenti saranno licenziati. La fine della produzione è prevista a dicembre 2023, mentre la cessazione di tutte le attività a maggio 2024. La decisione definitiva della casa madre, la Carlisle Interconnect Technologies – con sede negli Stati Uniti – è arrivata a inizio marzo: la produzione sarà delocalizzata in Messico.

Il motivo? ‘Riduzione dei costi’

La decisione è arrivata inattesa a metà febbraio. Due rappresentanti statunitensi della Carlisle sono venuti in Ticino, spiegando le intenzioni dei dirigenti di Scottsdale (Arizona). «Ossia una riduzione dei costi per mantenere la competitività sul mercato dei prodotti del settore», cioè la produzione di piccoli contatti elettrici necessari in particolar modo all’aeronautica. I clienti principali sono Airbus e Boeing. E il lavoro non mancava. «Durante la pandemia abbiamo attraversato una fase di riduzione dell’organico (una ventina di licenziamenti, ndr), però l’anno scorso siamo tornati a buon livello produttivo. La nostra è un’azienda in salute».

Una ragione in più per contestare la decisione. «È una scelta assolutamente miope, con tempistiche irragionevoli – sostiene il direttore –. Come direzione, durante le due settimane di consultazione a nostra disposizione per legge, assieme all’assemblea dei lavoratori e al sindacato, abbiamo lavorato alacremente portando una proposta che tenesse conto delle richieste di risparmio. Abbiamo chiesto anche di prolungare i tempi di attuazione del piano, ma tutto invano». Pertanto a inizio marzo è arrivata la decisione definitiva. Uno stringato comunicato: “Dopo aver esaminato le opzioni – si legge –, CarlisleIT ha deciso di chiudere la sua sede di Lugano. Sebbene disponiamo di una forza lavoro eccezionale, altri fattori di mercato ed economici ci impongono di intraprendere questa azione. Prevediamo di cessare la produzione nel sito entro dicembre 2023 e di liberare la proprietà entro maggio 2024”.

‘In Messico mancano le competenze’

«Da queste quattro righe scarse emerge l’arroganza della controparte» valuta Vincenzo Cicero, segretario di Unia Sottoceneri. Il sindacato è stato parte attiva nelle trattative. «Sono arrivati qui e hanno annunciato la volontà di chiudere l’azienda, ribaltando sui lavoratori l’onere di fare proposte alternative. Evidentemente, con tutta la buona volontà e l’impegno di questo mondo, paragonarsi a lavoratori che percepiscono 700 dollari al mese è difficile. Abbiamo comunque presentato un’analisi piuttosto dettagliata della situazione a dimostrazione del fatto che portare questa fabbrica in Messico è un’operazione fallimentare già in partenza, perché in Messico non c’è il know-how per fare i lavori che vengono fatti qui». Il problema è proprio legato alle competenze, ci spiega il responsabile del settore industria di Unia Ticino: «Il know-how in questo settore arriva dall’orologeria, dalla meccanica di precisione. Settori solidi e con una lunga tradizione in Svizzera, che si basano sulle tecniche di décolletage. L’unica scuola di décolletage al mondo è nel nostro Paese. I lavoratori dell’azienda sono anni che fanno questo mestiere, hanno lunga esperienza. Macchinari molto avanzati sono stati mandati in Messico dalla Svizzera già un anno fa, ma faticano a farli funzionare. Inoltre, i macchinari utilizzati per la produzione sono fabbricati in Svizzera, da altre aziende attive sul territorio, magari a pochi chilometri da Bioggio, fornitori specializzati che non ci sono in altre parti del mondo».

Buon piano sociale, ma ‘c’è rabbia’

«Il progetto sulla carta funziona bene, là gli stipendi sono molto inferiori, ma secondo noi non c’è modo di acquisire le competenze che qui si sono sviluppate in decenni» valuta Conti. Ciononostante la Carlisle ha preso la sua decisione e «abbiamo già comunicato a ciascun impiegato quando sarà il suo ultimo giorno di lavoro». Il grosso dei licenziamenti avverrà in autunno. Degli oltre 70 dipendenti, la maggior parte risiede in Italia, una decina quelli che vivono in Ticino. Di positivo, c’è che è stato ottenuto un buon piano sociale, aggiunge Cicero. «È vero – conferma Conti –, ma non compenserà mai fino in fondo il danno». D’altra parte, l’umore non è chiaramente dei migliori: «Per chi più, per chi meno, c’è rabbia. La maggior parte dei collaboratori sta tuttavia dimostrando un ottimo livello di professionalità, producendo e portando avanti la formazione di una ventina di lavoratori messicani venuti qui appositamente».

In Messico andranno invece i dipendenti più esperti di Bioggio per brevi periodi formativi. Un’operazione che «in pochi mesi è molto azzardata» per il sindacalista. E sebbene la decisione sia definitiva, a questa modalità di trasferimento delle competenze giudicata traballante è appesa l’unica speranza dei dipendenti ticinesi. «L’invio dei macchinari in Messico è previsto in tre tappe – spiega il direttore –: a maggio, settembre e dicembre. La nostra speranza è che dopo il primo spostamento si rendano conto che avevamo ragione, che non saranno in grado di gestire la produzione».

Il precedente della TE Connectivity

Una situazione che, osserva Conti, ricorda molto quella di un’altra azienda di Bioggio: la TE Connectivity, che ha chiuso i battenti nel 2021 delocalizzando in Portogallo e lasciando a casa un centinaio di persone. «Erano nostri competitor diretti, perché sono attivi esattamente nel nostro medesimo settore. Oggi, sappiamo che hanno problemi di produzione in Portogallo perché non riescono a lavorare come avrebbero voluto». Un monito portato come esempio negativo alla Carlisle, ma inutilmente.

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