laR+ Luganese

L’impronta di Lugano sulla ‘Prima donna d’Italia’

Poco noto ai più che Cristina Trivulzio di Belgiojoso, la più importante figura femminile italiana del Risorgimento, soggiornò in città nel 1830

La principessa e Lugano, come appariva nella prima metà dell’Ottocento
1 settembre 2022
|

Solo due mesi. Pochi, ma fondamentali, per la formazione personale, professionale e politica di Cristina Trivulzio di Belgiojoso. Per la ‘prima donna d’Italia’, come la definì Carlo Cattaneo, il breve periodo trascorso nel 1830 a Lugano ebbe un influsso molto rilevante ma ai più è poco noto. In occasione dei 150 anni dalla morte – l’anniversario è stato l’anno scorso ma gli eventi, in parte posticipati a causa della pandemia, proseguono quest’anno –, abbiamo intervistato Marino Viganò, direttore della Fondazione Trivulzio di Milano, per far luce sul legame fra la città e uno dei personaggi più poliedrici e significativi del Risorgimento italiano.

Che la principessa di Belgiojoso abbia trascorso un breve periodo a Lugano, a molti è poco noto. In quale contesto è avvenuto?

Cristina Trivulzio di Belgioioso raggiunge la Svizzera nel maggio 1830, in apparenza per cure, in realtà, stando agli indizi, per incontrare a Ginevra il carbonaro Filippo Buonarroti, attivista democratico durante la Rivoluzione francese, e organizzatore di trame contro il dispotismo dell’Austria. Nell’agosto si trasferisce poi a Lugano, prima per trovarsi più vicina alla famiglia, rimasta a Milano, poi attratta dal fervore dei fautori del rovesciamento del regime del landamano conservatore Giovanni Battista Quadri e della redazione della Costituzione liberale, approvata il 23 giugno. Lascia il Ceresio, dov’è rimasta alcune settimane, il 24 ottobre, diretta a Magadino, e da lì a Genova e in Francia.

Quanto hanno influito sul suo percorso quei due mesi circa e le personalità conosciute e frequentate a Lugano?

L’influsso degli ambienti frequentati a Lugano si può definire profondo e marcante, sia per gli aspetti indiretti, sia per quelli più espliciti. In Svizzera, e in Ticino, sperimenta per la prima volta un paese repubblicano, liberale, di solide virtù borghesi; vive inoltre la fase d’avvio della ‘Rigenerazione’ dei cantoni elvetici, proseguita sino al 1833, con l’introduzione di leggi a garanzia di alcune libertà fondamentali, tra le quali di riunione, di espressione, di stampa; infine incontra importanti esuli politici in un’atmosfera serena, fuori della cappa della censura e della polizia austriache in Lombardia. È il contatto iniziale personale, dopo l’esempio del patrigno – Alessandro Visconti d’Aragona, incarcerato dopo i moti del 1821 e sino al 1823 –, con l’ancora ‘verde’ mondo della cospirazione. Quindi si può dire abbia compiuto un vero apprendistato ai rudimenti della politica attiva, gradualmente sviluppati a Parigi, specie nel decennio successivo, e perfezionati per il resto della sua vita.

Quali legami aveva già la principessa con Lugano, e in generale con il Ticino e la Svizzera? Perché la scelta di recarcisi?

Il legame è famigliare. Uno zio, Alessandro Teodoro, ha ottenuto la cittadinanza nel baliaggio svizzero di Lugano – i Trivulzio possedevano nell’area sin dal XV secolo case e terre, oltre alla Bastìa di Morbio – l’8 dicembre 1796, durante l’Ancien Régime; l’altro, Gian Giacomo IV, e il loro fratello, Gerolamo Trivulzio, padre di Cristina, quella del Cantone Ticino, formato nel 1803, una dozzina d’anni dopo, l’11 luglio 1808. Lei stessa domanda e ottiene, il 5 ottobre 1830, dal Consiglio di Stato ticinese, durante il soggiorno, il riconoscimento per sé della cittadinanza. In più già suo marito, Emilio di Belgioioso, implicato in una rivolta antiaustriaca, ha trovato asilo a Lugano nel 1822-24. La ricerca dapprima del luogo in cui risiedere, pure temporaneamente, fuori dalle grinfie austriache, poi di un passaporto non soggetto all’arbitrio asburgico per girare libera altri paesi d’Europa, è evidente.

Quali circoli ha frequentato? Si è ipotizzato un legame sentimentale con il sindaco Giacomo Luvini-Perseghini: è plausibile?

Viene ospitata dall’élite liberale: alla villa Tanzina (sorgeva nei pressi del Belvedere, oggi non esiste più, ndr), sul lungolago, da don Filippo Bianchi, poi a palazzo Riva, in piazza Cioccaro, dal conte Stefano Riva. V’incontra personalità di spicco quali i fratelli Giacomo e Filippo Ciani, Giovanni Battista Morosini e la moglie Emilia Zeltner, Stefano Franscini, Carlo Lurati, Vincenzo Dalberti, Pietro Peri – e quanto siano importanti si intende poiché i loro nomi riempiono pagine della storia ticinese e a loro sono intitolate strade della Lugano contemporanea. Frequenta inoltre italiani esuli di passaggio o dimoranti, da Carlo Bellerio, a Filippo Ugoni, a Francesco Romagnoli. E vi dibatte i classici del pensiero giuridico, politico e storico italiano moderno – Machiavelli, Filangieri, Beccaria – e le opere di pensatori contemporanei – Manzoni e Gioia – in tutta libertà. Nasce, sì, pure la profonda simpatia fra Cristina – ventiduenne, separata dal marito già da un biennio – e Giacomo Luvini-Perseghini, membro del Gran Consiglio, sindaco di Lugano, sostenitore dell’Osservatore del Ceresio (testata radicale fondata proprio nel 1830 da Lurati, Franscini e Peri, ndr), da lei definito, nella lunga corrispondenza successiva, "il mio tribuno, il mio repubblicano, il mio democratico per eccellenza". Si tratta, dunque, di un sentimento tutt’altro che superficiale, non riducibile a una passioncella giovanile.

È corretto considerare Lugano una ‘piccola Ginevra’ per gli esuli politici italiani dell’Ottocento? Rifugio sicuro o, con la Lombardia confinante soggetta all’Impero austriaco, ricettacolo di spie?

La qualifica ha un certo fondamento, posto il fluire ininterrotto di esuli e di profughi passati o fermatisi in loco, le cui vicende e traversie sono raccolte nei tomi ‘Gli esuli italiani nel Ticino 1791-1847’ e ‘Gli esuli italiani nel Ticino 1848-1870’ di Giuseppe Martinola. Tra loro celebrità quali Carlo Cattaneo e Giuseppe Mazzini, ma anche decine di altri non notissimi, però segnalati nella storiografia del Risorgimento non solo italiano. Va da sé che l’ambiente sia infiltrato da spie, inviate dal capo della Polizia asburgica nel Milanese, Carlo Giusto Torresani, come Gaetano Barbieri, alias ‘Pietro Dolce’, autore di rapporti sarcastici sull’indipendenza e le pose anticonformiste della principessa.

In occasione del 150esimo dalla morte, quali iniziative può segnalarci tra 2021 e 2022?

L’anno scorso sono usciti due lavori significativi per gli apporti come documenti e utili a superare l’aneddotica: ‘Cristina Trivulzio di Belgiojoso (Milano 1808 - Milano 1871). Storiografia e politica nel Risorgimento’, di Karoline Rörig, traduzione dal tedesco, per la Fondazione Trivulzio di Milano, di una tesi di dottorato discussa alla Freie Universität a Berlino; e la raccolta di saggi ‘Cristina Trivulzio di Belgiojoso. «La prima donna d’Italia» 1871-2021’, a cura dell’Associazione Carlo Cattaneo di Lugano, con un importante saggio di Maurizio Binaghi sul periodo luganese della protagonista. Quest’anno, a conclusione del ciclo, in parte rallentato dal Covid, la Fondazione Trivulzio patrocina a Milano l’11 ottobre una pièce teatrale; e promuove a fine ottobre un convegno all’Università Roma Tre sulla Repubblica romana del 1848-49, durante il quale ne verrà sondato meglio il ruolo nella direzione delle Ambulanze militari, sorta di anticipazione dell’attuale Croce Rossa.