Luganese

Ha truffato il principe di Genova, condannato a 24 mesi

La sentenza è stata emessa dalla Corte delle Assise criminali di Lugano nei confronti di un 66enne che gli ha sottratto 817mila franchi

La pena è stata sospesa per un periodo di prova di due anni
(archivio Ti-Press)
19 ottobre 2021
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L’ultimo principe di Genova, una marchesa (nel frattempo deceduta) e l’imputato, da anni loro uomo di fiducia. Sono i protagonisti della truffa ricostruita oggi davanti alla Corte delle Assise criminali di Lugano presiedute dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti. L’uomo, un 66enne del Luganese, è stato riconosciuto colpevole di truffa, appropriazione indebita e falsità in documenti e condannato a 24 mesi di detenzione sospesi per un periodo di prova di 2 anni e al risarcimento delle parti civili. Dopo essersi battuto per un proscioglimento totale, l’avvocato Filippo Ferrari ha già annunciato che si rivolgerà alla Corte di appello e revisione penale. La procuratrice pubblica Chiara Borelli ha presentato una richiesta di pena di 28 mesi, di cui 8 da espiare ritenuti già esauriti tra carcere preventivo e misure restrittive applicate dopo la scarcerazione. L’imputato ha presentato un certificato medico chiedendo di essere esentato dalla presenza.

I fatti

I fatti esaminati davanti alla Corte riguardano una truffa commessa a Lugano e Zurigo dal luglio 2007 al gennaio 2008. Sfruttando il suo ruolo di consulente svolto da decenni per i beni che il principe deteneva in Svizzera, l’imputato gli ha prospettato un investimento in un non meglio precisato fondo. La bontà dell’operazione è stata garantita con un primo trasferimento di capitale, successivamente rientrato, facendo così diventare l’operazione neutra. Vi è poi stato un secondo trasferimento di 500mila euro, somma transitata da una società di Panama di cui l’imputato era il solo avente diritto economico. Dopo altri passaggi e transazioni, la somma è stata parzialmente utilizzata a favore di suoi clienti o amici quale parziale restituzione delle perdite a loro occorse a seguito di un altro investimento, in Germania, risultato fallimentare. Il danno causato al principe è stato di 817’750 franchi. «Non ci sono dubbi sul fatto che ci sia stato un inganno astuto – sono state le parole della giudice –. È stato lo stesso imputato ad ammettere più volte che si è trattato di un investimento e che né il principe né l’allora presidente del Consiglio d’amministrazione della società sapessero». Sempre ai danni del principe, l’imputato ha commesso appropriazione indebita per la vendita della società, il prezzo era stato fissato in 1’550’000 franchi, appropriandosi di 400 azioni al portatore. In questo caso «la Corte ha riconosciuto il risarcimento solo nel principio – ha aggiunto Verda Chiocchetti –. Toccherà al foro civile quantificare l’entità». L’imputato ha inoltre venduto 4 lingotti d’oro che gli erano stati affidati dalla marchesa, tenendosi il provento di 147mila franchi. La Corte lo ha però prosciolto in merito ad alcune relazioni bancarie che avrebbero portato nelle sue tasche oltre 65mila euro. «Quella del 66enne è una colpa tendenzialmente grave – ha concluso la giudice – considerata la cospicua entità del maltolto e il tradimento alle sue vittime».

Chi è il principe?

L’avvocato Luca Marcellini, patrocinatore dell’ultimo principe di Genova, ha presentato un ritratto di quest’ultimo: «Un benestante un po’ eccentrico». Le proprietà in Svizzera del nobile sono legate al nonno. «Sono state comprate - ha ricordato Marcellini - nel 1937 quando, a fronte del peggioramento della situazione in Italia e di un irrigidimento del sistema nazi-fascista, ha voluto crearsi una sicurezza in Svizzera, dove ha messo al sicuro gioielli e oggetti storici di famiglia». Per avere un erede, il principe ha deciso di adottare un cugino che ha voluto assumere informazioni complete sulla situazione. La marchesa, come ha spiegato l’avvocato Clarissa Indemini, legale degli attuali possessori del patrimonio leso appartenuto alla vedova, «rispecchiava i requisiti: era sola, vedova e senza figli e si fidava dell’imputato visto che già la sua famiglia lavorava con il padre».

‘Ha tradito la fiducia di due clienti speciali’

La procuratrice pubblica Chiara Borelli non ha esitato a definire il 66enne come un «cantastorie» che ha raccontato «storie farfugliate» che lo hanno portato a «tradire la fiducia di queste persone che definiva clienti speciali». A essere mosse sono state «somme importanti, per impedire di scoperchiare un buco tappa buco, cercare di mantenere immacolata questa figura di nobile fiduciario genovese e di comportarsi come un principe che conosce i principi, mantenendo cosi la sua aurea in Italia». Di parere diverso l’avvocato Ferrari che ha esordito dicendo che il suo cliente «mi ha ripetuto in più occasioni che non ha voluto danneggiare nessuno, men che meno chi gli ha sempre dato fiducia: non ha commesso questi reati, è stato disordinato». Al momento dei fatti «senza nessuna competenza, si è accorto che c’era molta gente che aveva l’esigenza di nascondere i propri danari perché le banche stavano per dire basta alle cassette cifrate, si è inserito in questo ambito e ha cercato di sopravvivere».