Paolo Pezzoli, direttore degli Istituti sociali: 'Agli ospiti manca il contatto con i loro cari. Proseguite con le precauzioni del caso le attività'
Sei case per anziani, 600 ospiti, 600 addetti alle cure. Un focolaio a novembre alla Residenza Gemmo, poi risolto, e ad oggi nessun tampone positivo né tra gli anziani né tra il personale curante. Paolo Pezzoli, direttore degli Istituti sociali di Lugano, traccia il bilancio del 'secondo lockdown' che potrebbe finalmente concludersi a breve. Il sacrificio più doloroso per gli anziani è indubbiamente lo stop per tre settimane alle visite dei loro cari deciso dalle autorità a metà gennaio. Uniche consolazioni: la possibilità di video chiamate, la 'sala di cristallo' - telefonate oltre il vetro tra anziani e parenti - e le 'isole fiorite' - che significa incontri in giardino a distanza. Visto il lento e progressivo calo in Ticino di contagi e decessi è lecito sperare di vedere finalmente la luce in fondo al tunnel. Il medico cantonale, Giorgio Merlani, dovrebbe determinarsi nelle prossime ore su un prolungamento o una cessazione del divieto alle visite nelle strutture della terza età.
«Nelle case anziani di Lugano le attività interne, svolte con tutte le precauzioni del caso - spiega Pezzoli - sono proseguite in piccoli gruppi. Abbiamo voluto evitare che ci fosse l'isolamento totale. Ospiti chiusi in camera è una rarità. Le persone che hanno patito di più questo nuovo periodo di secondo lockdown sono stati certamente gli anziani affetti da demenza. Ma la qualità di vita interna alle strutture è rimasta in buona parte immutata. Diversamente da altre strutture in Ticino, a Lugano per fortuna le nostre case anziani sono attorniate da parchi». Dunque uscite all'esterno sono possibili? «Sì, chiaramente la stagione non è ideale e inoltre quel che in questo periodo non è ancora possibile sono le uscite con i parenti. Ed è proprio il contatto che agli ospiti manca».
Prosegue Pezzoli: «Abbiamo fatto il possibile. Siamo consapevoli dell'importanza che rappresenta il contatto tra anziani e famigliari. Però dobbiamo attenerci alle regole emanate dal Cantone. Intimamente sono convinto che questo secondo periodo di chiusura probabilmente si poteva evitare di farlo. Ma quando si è 'in guerra' occorre eseguire gli ordini e non vale la pena di mettere tutto in discussione». Le critiche contro lo stop alle visite dei parenti, da quanto sappiamo, non sono mancate. «Sì, in rari casi in una forma esclusivamente oppositiva, con ripetuti scritti all'ufficio del medico cantonale, che non ha mancato di rispondere e spiegare la situazione di emergenza. Altre chiare critiche si sono invece contraddistinte per un approccio costruttivo. Dal canto nostro abbiamo dovuto far rispettare le regole richieste dalle autorità».
I casi di Covid stanno diminuendo, ma il prezzo da pagare è stato alto per molti settori, e tra questi spicca certamente quello delle case per anziani in termini di sofferenza e restrizione delle libertà individuali e sociali. «Assolutamente sì. Fosse per me io la settimana prossima riaprirei alle visite dei famigliari. Vediamo cosa deciderà l'autorità cantonale. Durante questo secondo lockdown abbiamo avuto alcuni parenti - 7 o 8 - che hanno deciso di portare temporaneamente a casa i loro congiunti. Va detto che ogni ospite è libero di lasciare la struttura in ogni momento. È accaduto, al contrario, che molti anziani in lista d'attesa non hanno voluto entrare in casa per anziani in questo periodo, preferendo aspettare, viste le chiusure alle quali in questo periodo sarebbero stati costretti. Noi siamo pronti a riaprire alle visite nelle camere, appena arriverà l'autorizzazione, come è avvenuto dopo la prima ondata della pandemia, che è stata decisamente più lunga e a mio avviso più dura per i nostri anziani».
La speranza è tutta riposta sul vaccino. «Il 90% dei nostri anziani si è vaccinato» - informa Pezzoli. «Nei prossimi giorni sarà la volta del secondo richiamo. Ancora troppo bassa - circa 60% - è invece la percentuale di chi ha deciso di farsi vaccinare tra il personale curante e amministrativo delle nostre strutture. Si tratta di un'importante questione di responsabilità etica. Nelle case anziani, quando il virus è entrato, è accaduto tanto a causa dei visitatori tanto del personale. Ora anche questi ultimi hanno la possibilità di vaccinarsi e spero vivamente che vi diano seguito. Dal canto nostro cercheremo di sensibilizzare maggiormente i nostri collaboratori. Scriveremo una lettera per sottolinearne l'importanza di questa scelta. Io stesso mi sono vaccinato. Farlo, a mio avviso, è un dovere».