Il medico cantonale critica le strutture per aver interpretato le direttive attuali in modo 'troppo restrittivo'. 'Invieremo una lettera per sensibilizzarle'
«Alcune case per anziani hanno interpretato in modo troppo restrittivo le direttive cantonali attualmente in vigore». Una situazione «da correggere», secondo Giorgio Merlani. E annuncia che sarà «inviata una lettera alle direzioni degli istituti per sensibilizzarle». Non solo. È inoltre previsto un allentamento della direttiva, per permettere visite «più lunghe», afferma a ‘laRegione’ il Medico cantonale.
L’estate sta per finire e di conseguenza, con l’arrivo della stagione più fredda, cresce il timore di una seconda ondata di contagi di coronavirus. Prima che ciò si verifichi – sperando ovviamente che non accada – sarebbe quindi il momento giusto per godersi questo periodo nei quali il numero di casi positivi è relativamente stabile. E questo vale anche per gli anziani che, essendo persone a rischio, hanno ancora difficoltà a incontrare parenti e conoscenti. Difficoltà che non dovrebbero essere tali, sostiene Merlani: «Vi sono case per anziani che, temendo la diffusione del virus nella struttura, applicano misure più restrittive» di quanto prevede la legge. «Ed è proprio questo che ha generato malumori: abbiamo ad esempio ricevuto segnalazioni da parenti o da ospiti, i quali affermano che agli anziani non viene permesso di uscire. Si tratta di una limitazione della libertà che non è proporzionata». Anzi, se una struttura ha un parco, questo sarebbe il luogo «più adatto per fare visita» a un ospite, piuttosto che all’interno (la direttiva attuale permette visite in camera, se non è possibile raggiungere la sala visite o l’esterno). Inoltre, ciò permetterebbe anche di «sollevare un po’ il morale» a queste persone, prima di un’eventuale seconda ondata. Intanto, infatti, «i casi sono stabili e non vogliamo quindi tenere eccessivamente sotto pressione gli anziani». L’Ufficio del medico cantonale ha così deciso di «inviare una lettera alle direzioni quanto prima per spiegare che la pertinente direttiva va rispettata e che deroghe sono previste ed elencate senza prevedere interpretazioni più restrittive». Una direttiva sull’accesso alle strutture, datata 3 giugno, che, inoltre, dovrebbe essere allentata nei prossimi giorni, «in particolare per quanto riguarda gli orari di visita», spiega Merlani. «Abbiamo infatti notato che gli orari sono molto restrittivi, non permettendo a coloro che lo vorrebbero di visitare» il proprio caro. «L’intenzione è quindi quella di poter garantire a tutti la visita, anche per tempi più lunghi».
Ma nel caso in cui la seconda ondata di contagi dovesse effettivamente arrivare? Innanzitutto, «non escludo che si dovrà tornare a chiusure più restrittive», rileva il medico cantonale, «che verranno adattate a seconda dell’andamento epidemiologico». Nel caso le infezioni dovessero impennarsi nuovamente «metteremo in pratica tutto quanto appreso nella prima fase, durante la quale, a fronte delle scarse conoscenze scientifiche sul virus, si sono registrate esperienze più o meno positive». È ad esempio «escluso» che vi saranno strutture dedicate esclusivamente a ospiti con il coronavirus e altre no: «Una casa per anziani è un luogo di vita e non un ospedale dove si viene ricoverati – sottolinea Merlani–. Si allestiranno sicuramente, nelle singole strutture, dei reparti Covid, con personale dedicato ai casi di coronavirus». Inoltre, «gli anziani saranno valutati come prima, caso per caso, e non saranno trasferiti per forza in ospedale al primo sintomo: a meno di situazioni particolari, un anziano non viene curato necessariamente meglio in ospedale. E le cure supplementari che un ospedale può erogare non sono sempre indicate per una persona vulnerabile e particolarmente fragile (come la terapia intensiva, l’intubazione, e così via.)».
Tutta l’esperienza accumulata è poi stata inserita in un documento «che si basa sulle conoscenze attuali e sulle nostre risposte a domande ricevute, ad esempio, da una struttura». Si tratta di un documento «in costante elaborazione», che viene continuamente aggiornato. Quest’ultimo prevede il tampone per tutti (ospiti e personale) nel caso sorgano dei casi in una casa per anziani? «Una persona può risultare negativa e il giorno dopo trasmettere la malattia», precisa il medico cantonale. «Si può affermare che da metà aprile (quando è stato provato che anche gli anziani possono risultare asintomatici) il tampone viene utilizzato in modo molto più generoso. È chiaro che se ci dovesse essere un nuovo, anche piccolo, focolaio sarà effettuato in modo più esteso fin da subito».
La questione degli allentamenti è sotto la lente anche dell’Adicasi, l’Associazione dei direttori delle case per anziani della Svizzera italiana, organizzazione di riferimento dei sessantaquattro istituti presenti in Ticino e dei quattro attivi nel Moesano. «L’obiettivo di dirigenti e operatori sanitari di case per anziani è il benessere dei residenti, un benessere psico-fisico al quale le visite contribuiscono in maniera molto importante», premette il segretario generale dell’Adicasi Luca Leuenberger. «Dagli incontri con parenti, amici e conoscenti a trarne beneficio sono dunque soprattutto gli ospiti degli istituti: il problema – aggiunge Leuenberger – è come implementare, in questo particolare periodo, gli allentamenti, rispettando distanziamento sociale e misure di igiene accresciute per limitare la diffusione della pandemia, che non è certo sparita, tenuto oltretutto conto che gli ospiti sono persone a rischio, per via dell’età avanzata e magari di patologie pregresse». Tutto ciò «può legittimamente indurre alcuni responsabili di case per anziani a essere particolarmente prudenti, i quali preferiscono pertanto attendere eventuali direttive o indicazioni del Medico cantonale prima di muoversi. Questa prudenza è legata anche al timore di possibili ripercussioni mediatiche e politiche nel caso in cui dovessero ripresentarsi dei contagi nelle case per anziani».
Da un lato vi è una certa prudenza, spiegabile anche alla luce dei non pochi casi di contagio registrati in alcuni istituti nei mesi contraddistinti dal picco pandemico, dall’altro vi sono le caratteristiche architettoniche delle case per anziani. Accessi e spazi interni, infatti, differiscono da istituto e istituto. «Ci sono case per anziani – riprende il segretario generale – che per dimensione e disposizione dei locali non hanno difficoltà a rendere possibili le visite in sicurezza, anche in camera. Ci sono invece istituti per i quali il discorso è assai più complicato. Ricordo tra l’altro che ai visitatori è vietato l’accesso agli spazi comuni della struttura, quali ad esempio le scale e le mense, a tutti quegli spazi cioè in cui si spostano i residenti. E questo è un problema in più per talune case per anziani».