Luganese

Rapina al portavalori, l'accusa chiede pene fino a 5 anni

La pp. Marisa Alfier: 'Non hanno imparato nulla dai loro precedenti penali'. Gli autori sorpresi dalle videocamere della banca Raiffeisen

(Ti-Press)
29 ottobre 2020
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Cinque anni di carcere e 15 anni di espulsione dalla Svizzera nei confronti del 46enne siciliano, che ha delinquito durante il periodo di prova di una condanna per una precedente rapina; 4 anni e 6 mesi e espulsione dalla Svizzera per 15 anni sia per il 63enne di Viggiù, con una miriade di precedenti penali in Italia sia per il 40enne di Tradate, entrambi già autori di un omicidio in Italia. Queste le proposte di pena formulate nel primo pomeriggio dalla pp Marisa Alfier al processo nei confronti di tre dei sei rapinatori con sequestro di persona che il 5 luglio 2019 assaltarono il 5 luglio 2019 un portavalori a Molinazzo di Monteggio, un colpo che a mente della pubblica accusa ha fruttato il clamoroso bottino: 3,3 milioni di franchi, sottratti dalle valigette presenti nel furgone nei pressi della banca Raiffeisen di Monteggio e dopo aver immobilizzato il conducente.

Arma vera 

La procuratrice pubblica ha dichiarato in apertura della sua requisitoria: «E oggi, malgrado tutti gli elementi, abbiamo due imputati (il 63enne Viggiù e il 40enne di Tradate, entrambi con alle spalle una condanna per omicidio compiuto in Italia) che si chiamano fuori, avvalendosi del diritto di non rispondere e di non voler collaborare. Eppure, secondo i fotogrammi in mano agli inquirenti, catturati dalla videosorveglianza della banca Raiffeisen, entrambi erano presenti alla rapina: «le immagini sono tra le prove dirette». 

Per la pubblica accusa, benché il 46enne siciliano abbia vuotato buona parte del sacco, raccontando molti particolari utili alla ricostruzione della rapina, si sbaglia quando afferma che l'arma con cui uno dei correi latitanti minacciava il portavalori era giocattolo, «l'arma era vera». Il magistrato ha inoltre sottolineato di non credere al 46enne, quando sostiene che i 3 milioni fruttati ai rapinatori non erano spendibili perché macchiati di inchiostro, bensì intonsi e sicuramente spesi dalla banda. Una banda che ha conosciuto 5 esecutori materiali, di cui due tuttora ricercati, fra cui la mente, che non si è "sporcata le mani", rimanendo lontano dal luogo del colpo. In mano agli inquirenti pure alcune intercettazioni telefoniche, preziose alle indagini - ha evidenziato il magistrato. Per la pubblica accusa tutti e tre gli imputati sono anche colpevoli di aver compiuto sopralluoghi per compiere rapine in Ticino. Tutti i partecipanti alla rapina sono, a mente della pubblica accusa, «un tutt'uno logico, si muovono cioè in banda». Che «non hanno imparato nulla dai loro precedenti penali».