Alla vigilia del processo per la rapina al portavalori di Monteggio emerge la somma sottratta nel luglio 2019. All'appello mancano tre dei sei malviventi
Alla vigilia del processo viene alla luce l'entità del clamoroso bottino della rapina a mano armata con sequestro di persona compiuta il 5 luglio 2019, verso le 9, ai danni del conducente di un furgone portavalori, assaltato all'esterno della banca Raiffeisen di Molinazzo di Monteggio da una banda composta da sei malviventi italiani: 3,3 milioni di franchi, di cui soltanto una minima parte - circa 200 mila euro - recuperati dagli inquirenti. L'ingente somma era stata accumulata quella mattina dalla ditta portavalori durante il giro compiuto dall'autista presso diversi istituti di credito e società.
Giovedì prossimo, 29 ottobre, mezza banda criminale - tre componenti, due cittadini del sud Italia con alle spalle uno spaventevole numero di precedenti penali dello stesso genere e un cittadino del nord della penisola - comparirà a processo, in stato di detenzione, davanti alle Assise criminali di Lugano per rispondere di rapina aggravata, sequestro di persona e rapimento, atti preparatori punibili (alla rapina associato ad una banda), infrazione alla legge federale sulle armi e sulle munizioni e veicolo a motore sottratto. All'appello mancano altre tre individui, tuttora latitanti, tra cui quello che in gergo si chiama "il palo", nonché la mente del colpo, colui che avrebbe ordito l'intero piano senza tuttavia prendervi parte.
Cinque gli autori materiali della rapina, entrati in azione: hanno preso il controllo del furgone portavalori all'esterno della Banca Raiffeisen di Molinazzo di Monteggio dopo aver ingaggiato una colluttazione con l'autista, minacciandolo con un'arma che gli indagati hanno finora sostenuto trattarsi di un'arma giocattolo, ma che per gli inquirenti è invece autentica, per poi caricarlo e legarlo all'interno del veicolo. Quindi la fuga, dal Malcantone in Italia, attraverso la dogana di Ponte Cremenaga. Il furgone è stato abbandonato con all'interno l'autista della ditta portavalori, che ha potuto ritrovare la libertà sotto choc solo dopo che il veicolo è stato rinvenuto tre ore più tardi dai carabinieri, verso le 12, in una zona boschiva di Arcisate.
Uno degli indagati si è costituito, consegnandosi alla polizia spontaneamente. Gli altri due sono invece stati arrestati. È il primo degli arrestati ad aver 'cantato', raccontando cioè agli inquirenti i dettagli della rapina e fornendo diversi indizi utili all'inchiesta, aspetto che ha certamente accelerato le indagini, coordinate dalla procuratrice pubblica, Marisa Alfier, la quale ha potuto contare sulla collaborazione degli inquirenti italiani. Se uno degli imputati ha parlato, gli altri due arrestati farebbero invece scena muta.
La rapina del luglio 2019 ritrova molte affinità con il mancato assalto al portavalori blindato pianificato il 16 ottobre 2015 da una banda italiana armata, intercettata dai poliziotti della cantonale che tesero un agguato ai malviventi intervenendo con una sezione delle forze speciali, le quali riuscirono a sventare il colpo e a consegnare gli autori alla giustizia.
Giovedì 29 ottobre il processo si aprirà alle 9.30 davanti alla Corte delle assise criminali di Lugano, presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti (giudici a latere, Aurelio Facchi e Monica Sartori-Lombardi). I tre imputati saranno difesi dagli avvocati, Maria Galliani, Yasar Ravi e Mattia Bordignon. Il dibattimento pubblico proseguirà con tutta probabilità anche nella giornata di venerdì.