Luganese

Assistenti dentali, per la cura del sorriso

I 40 anni dell'associazione, fra ostacoli, traguardi, il riconoscimento e i cambiamenti della professione. Intervista alla presidente Fiorenza Moresi.

20 ottobre 2018
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Socia fondatrice, Fiorenza Moresi conosce bene i ‘segreti’ del nostro sorriso. Alla testa dell’associazione Assistenti dentali ticinesi, che ha raggiunto nel 2018 i suoi quarant’anni, ha vissuto i maggiori cambiamenti, e riconoscimenti, di una professione contraddistinta da svariati compiti, dall’accoglienza del paziente all’assistenza del medico dentista, dallo sbrigare le incombenze amministrative dello studio al fissare gli appuntamenti ai pazienti: «L’ho amata proprio per questo, non tutti i giorni fai la stessa cosa». La incontriamo alla vigilia della festa per il quarantesimo.

Quartier generale sarà oggi pomeriggio la Fondazione Otaf di Sorengo. «All’inizio pensare ad un’associazione è stata dura – risponde ai nostri interrogativi Fiorenza Moresi –, non è stato facile far passare il messaggio che si voleva lavorare non ‘contro’ ma ‘con’ i dentisti, che sentivano infatti sminuito il ruolo di datore di lavoro. L’assistente dentale in quegli anni imparava a livello pratico, non vi era una scuola a lei dedicata. Con gli anni Settanta si sono poi avuti i primi corsi di formazione continua di diploma Sso, ovvero della Società di stomatologia e odontologia svizzera, che si affiancavano alla formazione di base di due anni creata dai medici dentisti nel 1964 su stimolo del primo direttore, il dottor Otto Bühler, poi primo sostenitore della nostra associazione». Ma ciò non bastava.

Nacque così l’idea di una scuola unica: «La strada è stata lunga tanto che abbiamo dovuto aspettare 23 anni per ottenere il riconoscimento, tramite la Divisione della formazione professionale, dell’attestato federale di assistente dentale». Nel 1999 si aprì, dunque, la scuola cantonale e nel 2001 sono stati consegnati i primi attestati federali di capacità. Un traguardo che oggi, per esempio, l’Italia non ha ancora ottenuto tanto che diverse assistenti alla poltrona frontaliere chiedono di partecipare, nelle diverse forme, alla nostra formazione.

Nel corso degli anni cosa è cambiato nella vostra professione?

Quando io ho cominciato l’apprendistato era impensabile poter avvicinarsi al paziente e mettere solo un dito vicino alla sua guancia. L’assistente dentale poteva solo passare i ferri e il materiale di cui aveva bisogno il medico dentista, ma il contatto con il paziente l’aveva solo lui. Oggi invece vi è un lavoro a quattro mani, pensiamo come esempio pratico al dover spostare la guancia per posizionare lo specchietto. C’è molta più tecnica e vicinanza al dentista e contemporaneamente al paziente. In più c’è l’aspetto del sostegno emotivo, del chiedere al paziente se va tutto bene, cosa che quarant’anni fa era quasi proibito fare.

Con un maggior riconoscimento si sono aggiunte anche maggiori responsabilità?

Ordinanze e direttive ben precise non ci esonerano più dalla responsabilità, affidata in passato esclusivamente al dentista. Oggi devi avere la consapevolezza di determinati compiti, anche di quelli che non ti competono perché non sei ‘certificata’ a farlo.

Riscontrate interesse nella professione nelle nuove generazioni?

Certamente. Quest’anno sul totale dei tre anni di scuola contiamo novanta apprendiste.

Come sono cambiati i pazienti?

Se pensiamo alla nostra generazione certe figure erano ‘intoccabili’: il maestro, il prete, il dottore. Era impensabile ai tempi protestare per un anche brevissimo ritardo. Oggi i pazienti sono molto esigenti. Fra di loro vi sono anche impiegati e professionisti che sono costretti, se si sfora nell’orario, a prendere mezze giornate di libero, e ciò li fa arrabbiare. Il più delle volte però sono pazienti che sottovalutano il lavoro del dentista, dando per scontato che essendo un lavoro meccanico è il paziente che determina se un’otturazione debba essere fatta in un quarto d’ora o un’ora. Invece non è così. Capita allora di dover spiegare le necessità di casi d’emergenza o d’infortunio. A un bambino che cade dallo skateboard e si rompe i denti non possiamo dire di tornare fra una settimana ed è logico che scombussolano un po’ il programma giornaliero di tutti gli altri.

Qualcuno parla di incapacità nell’organizzare l’agenda...

Con le tecnologie di oggi, dall’implantologia alla protetica, alla ricostruzione di un dente, al predisporre una corona, puoi preventivare delle tempistiche ma spesso venti minuti passano solo con i saluti e due chiacchiere. Il dentista non arriva e fiscale ti dice ‘apra la bocca’. C’è, per esempio, il paziente ansioso che ama parlare un po’ prima dell’intervento per scaricare la tensione... Per questo, in base alla figura del paziente che arriva, sta anche all’assistente dentale organizzare e riservare al meglio il tempo di visita.

L’orario di lavoro è molto cambiato.

Esatto. Quando ho cominciato lavoravo otto-mezzogiorno, due-sei del pomeriggio. Con gli anni ci si è resi conto che le esigenze dei pazienti sono cambiate, andando così ad anticipare l’apertura alle 7, lavorando sul mezzogiorno e chiudendo magari alle venti.

I vostri associati sono tutte donne. Questi mutamenti hanno influito sul loro impegno anche familiare?

Chiaro. Come donne siamo sempre noi a dover conciliare professione e famiglia e adattarci alle esigenze del mondo del lavoro. Alcuni studi oggi, anche per andare incontro alle esigenze del personale oltre a quelle dei pazienti, lavorano, per esempio, a turni. Ci sono dentisti che sono aperti di sabato, mattina o l’intero giornata, e altri che si mettono a disposizione anche la domenica.

Il vostro è un impegno anche in modalità urgenza.

Con i diritti abbiamo anche doveri. In quanto professione sanitaria tutto può essere e tutto può succedere, da un’emorragia a un doloroso ascesso. Non abbiamo un Ccl ma un contratto Sso. Le nostre 42 ore possono però essere di più. E sta a noi dare la disponibilità. Il medico dentista non può lavorare da solo, ha bisogno di noi. In ciò deve ancora passare, a volte, il discorso della flessibilità.

I ticinesi curano i loro denti?

Sicuramente è passata la necessità di profilassi. Nel mantenimento dei nostri denti si sono avuti grandi passi avanti. Lo vedo nei nostri anziani che hanno ancora una dentatura completa. In passato vi erano pazienti che a cinquant’anni, anche per questioni economiche, portavano protesi totali. L’ortodonzia ha fatto a sua volta grandi passi avanti; un tempo raddrizzare i denti a un bambino era considerato un lusso. Oggi non si segue solo la linea estetica, ma vi è la consapevolezza che se ho denti ben allineati riesco a pulirli meglio e a dar loro una vita più lunga. La figura dell’operatrice di profilassi dentaria nelle scuole fa in questo un grande lavoro.

Cosa pensa dei pendolari dei denti?

Come assistente dentale non mi permetto di giudicare se in questi Paesi il servizio sia peggiore o migliore di quello che offre la Svizzera. È un dato di fatto che se riesco a risparmiare è perché sono realtà diverse (pensiamo ad affitti e stipendi, costi del materiale). Vorrei parlare di qualità ma anche di sicurezza. Da noi vi è la certezza di avere qualcuno a cui ci si può rivolgere subito per ogni necessità.