Lo storico cinema massagnaese festeggia quest'anno i sessant'anni. Intervista al giovane e dinamico gestore, che l'ha ripreso a inizio anno
Passione e competenza. È molto giovane – classe 1990 –, ma le doti principali per gestire un cinema Joel Fioroni le ha entrambe. E il luogo in questione non è uno qualsiasi. Dal 1° gennaio guida il Lux di Massagno, punto di riferimento della vita culturale non solo cittadina. Oltre 5’000 spettatori in sei mesi, «in costante crescita» e in controtendenza rispetto agli indicatori nazionali. Per un primo bilancio, l’abbiamo incontrato.
Molto bene: il pubblico è costantemente in aumento. Sto beneficiando della svolta impressa dal Cisa (il Conservatorio internazionale di scienze audiovisive, che ha gestito il Lux per quasi due anni prima di spostarsi a Locarno, ndr). Il passaggio di consegne è stato ragionato, soprattutto nel fondamentale rapporto coi distributori. È una sala molto dispendiosa, le scelte sono molto importanti: per una sbagliata, ne pago le conseguenze.
Esatto. I nostri film provengono dal circuito festivaliero. Credo molto nelle versioni originali, ma una novità che ho introdotto è stata la regola del sottotitolaggio in italiano, per venire incontro al pubblico. Fa lo sforzo di leggere, ma che sia almeno nella lingua madre (ride, ndr). Alcuni distributori li abbiamo persi, ma altri ne abbiamo guadagnati.
“Chiamami col tuo nome” (storia di un amore omosessuale, miglior sceneggiatura agli Oscar 2018, ndr). È il film che in assoluto ha registrato più entrate. Dimostra che c’è tanta voglia di sperimentare e di aprirsi alla diversità.
Ancora prima del diploma (in montaggio, al Cisa nel 2012, ndr) ho iniziato a lavorare all’Iride e al Cinestar, dove sono rimasto per diversi anni. Contemporaneamente ho cominciato a lavorare anche al Cisa. È una scuola a cui devo molto: mi hanno cresciuto in tutto.
Quando il Cisa (aprile 2016) ne ha assunto la gestione, mi ha affidato la parte operativa. L’anno scorso – all’annuncio dello spostamento a Locarno –, dopo tre anni di studio e sei di lavoro, ho deciso di separarmene. Non è stato semplice, ma sentivo che avrei voluto continuare l’esperienza al cinema. Mi sono fatto avanti col Comune (proprietario della struttura, ndr), che mi ha dato fiducia.
È una società di produzione. L’esigenza è nata sia seguendo i giovani che si stavano formando in regia al Cisa, sia per assecondare la mia passione per il cinema (a partire dal pluripremiato “La porta sul mare”, lavoro di diploma ed esordio, Fioroni è a quota quattro regie, ndr). Mi piace spaziare, dalla fiction ai documentari. Per ora sono tutti corti, l’obiettivo resta il lungometraggio.
Vedo diverse storie che mi piacerebbe raccontare. Ora sto lavorando a un documentario sulla vita di mio zio (Alex Frei, attore e ballerino di musical, ndr) e a un altro – “Fiat Lux” – sui sessant’anni del cinema. L’anteprima è fissata al 23 dicembre.
Da piccolo. Verso i 13 anni, con la scusa di avere i poster dei film, mi facevo accompagnare nella cabina di proiezione per vedere i macchinari (ride, ndr). La qualità di proiezione di un film per me è fondamentale. Amo poi viaggiare, anche per vedere in prima persona le sale cinematografiche. In Namibia ad esempio, a causa del caldo la bottiglietta d’acqua è parte integrante del biglietto. In Messico le sale ‘vip’ con lunghe poltrone ad alto standing sono una realtà da anni, mentre in Svizzera stanno arrivando solo adesso. Mi interessano anche la storia e l’estetica, tutti gli aspetti del cinema.
Penso sia una crisi del luogo e del modo in cui si fruisce dei prodotti audiovisivi, non dell’opera in sé, che è invece in rapido sviluppo. Bisogna essere aperti e dare spazio alla tecnologia per offrire esperienze diverse. Pensiamo ad Arena, che sta rifacendo tutte le sale con concetti differenti: led, 180°, 4D. I multisala oggi fanno solo commerciale e per noi questo è un bene: non abbiamo più concorrenza nel cinema d’autore. È un genere che ha un suo senso e sempre l’avrà.
Rispetto alle gestioni precedenti, abbiamo aperto tanto agli eventi, che ci permettono di farci conoscere a un pubblico più vasto. È stato riaperto il bar: chi vuole bersi un aperitivo prima del film o qualcosa dopo, può farlo. C’è la voglia di farlo diventare un luogo d’incontro. E puntiamo di più sull’accompagnamento social di film e manifestazioni.
“Favela Olimpica” (da giovedì scorso), un documentario che affronta i problemi di Vila Autodrom, favela di Rio de Janeiro demolita per le Olimpiadi. Alla prima è venuto il regista Samuel Chalard. E poi “Lazzaro Felice” (dal 18 ottobre), la delicata storia raccontata da Alice Rohrwacher e presentata a Cannes. Per parlarne, avremo gli attori protagonisti. Poter discutere dei film con chi li fa: è una magia che si compie solo al Lux.
Varie rassegne. Alcune, come l’opera live e il balletto live – rispettivamente in diretta dal Met di New York e dal Bolshoi di Mosca – riprese con Maurice Nguyen (storico gestore del Lux, pensionato nel 2016 e oggi curatore, ndr), strutturandole diversamente. Da gennaio parte “Arte al cinema”, documentari inediti dal mondo artistico in esclusiva ticinese.
A fine anno. Non posso svelare molto. Abbiamo preparato un percorso di avvicinamento con tre capolavori in programma, che culminerà il 23 dicembre. Per info: