Un 32enne del Locarnese rischia oltre 5 anni di prigione e l’espulsione dalla Svizzera per diversi episodi violenti nei confronti dell’allora compagna
È l'ennesima storia di violenza di un uomo nei confronti di una donna, quella approdata oggi alla Corte delle Assise criminali di Locarno (in Lugano). A presentarsi di fronte al presidente Amos Pagnamenta (Emilie Mordasini e Fabrizio Filippo Monaci i giudici a latere) un 32enne brasiliano-portoghese del Locarnese in carcere dallo scorso ottobre, ovvero da quando secondo l'accusa (il procuratore pubblico Roberto Ruggeri) avrebbe violentato l'allora compagna. Un episodio che sarebbe però solo l'ultimo di una lunga serie, tanto che oltre all'accusa di violenza carnale l'uomo (difeso dall'avvocato Stefano Genetelli) deve rispondere anche di sequestro di persona, coazione ripetuta, lesioni semplici ripetute e vie di fatto.
Gli episodi contenuti nell'atto d'accusa – in parte ammessi dall'imputato, che contesta però quello più grave – raccontano un'escalation di violenza tra il settembre 2022 e il giorno dell'arresto. Si parla di manate, schiaffi, spinte (contro un muro), pugni e persino un tagliere di legno lanciato "come se fosse un frisbee" contro la schiena della donna. Nell'agosto del 2023, l'avrebbe invece rinchiusa per tutta la notte con lui (da qui il sequestro di persona) nella camera di un albergo in Italia, non prima però di averle per due volte stretto le mani al collo, facendole mancare il respiro. Infine, un paio di mesi più tardi nell'abitazione comune in Ticino, dopo aver ferito la compagna con un violento pugno al volto e sequestrato le chiavi dell'auto e cellulare impedendole di recarsi in ospedale, l'avrebbe costretta con violenza a subire un rapporto sessuale completo.
Riguardo a quest'ultimo episodio, nel corso dell'inchiesta l'imputato ha fornito più versioni (almeno quattro) dell'accaduto – punto questo sul quale il giudice Pagnamenta ha messo l'accento – e in aula si è difeso affermando che in realtà la compagna aveva acconsentito al rapporto e di essersi fermato di sua spontanea volontà nel momento in cui aveva capito che a lei non piaceva più... «Non pensa che la sua compagna abbia acconsentito al rapporto perché aveva paura per quello che era successo prima, perché aveva paura che lei la picchiasse ancora?», gli ha chiesto il giudice... «Penso di no. Ogni volta che litigavamo facevamo l’amore per fare pace».
Il procuratore pubblico ha parlato di «fatti estremamente gravi, una strumentalizzazione sessuale della vittima da parte dell’imputato», in un «rapporto di forza e potere (e sudditanza della donna) che ha voluto rimarcare nel tempo». Per l’accusa quanto successo la notte della violenza carnale, «non è stato un episodio casuale o un raptus», ma «l’apice di un’escalation» che ha costretto la vittima a scappare scalza dal proprio domicilio per rifugiarsi all’ospedale, dove si è nascosta sotto una scrivania talmente era spaventata».
Ruggeri, riferendosi al racconto dei fatti portato dall’uomo, lo ha definito «un’apoteosi dell’assurdo e della fantasia», è «illogico pensare che una donna dopo tutto quello che ha subito dall’imputato, potesse veramente avere voglia di consumare un rapporto sessuale con lui. Lei stessa ha dichiarato che durante l’atto, si sentiva morta».
Per il pp «gli elementi forniti dalla vittima sono logici, credibili e coerenti, a differenza di quelli dell'imputato. E questo, in casi del genere, è un punto centrale nella valutazione delle prove e dei fatti».
Da qui, considerando anche la totale assenza di legami con la Svizzera (dove era arrivato nel 2021, ndr) e di prospettive future, la richiesta di riconoscere tutti i capi d’accusa e condannare l’imputato a una pena detentiva complessiva di 5 anni e 6 mesi (meno i 177 giorni già scontati) e all’espulsione dalla Confederazione per 10 anni.
Una posizione alla quale si è allineato anche il rappresentante della vittima, Nicolò Canova, il quale ha sottolineato come gli atti violenti dell’atto d’accusa siano «solo una parte di quelli realmente compiuti dall'imputato nei confronti della vittima», per la quale «è ora importante che la sua versione venga accolta integralmente (e non c’è motivo per non farlo), per la sua dignità e per aiutarla a elaborare i traumi». E ha chiesto per la sua assistita un’indennità per torto morale di 15mila franchi.
Il difensore Stefano Genetelli dal canto suo ha definito la relazione tra l’imputato e la vittima «tossica, fatta di aggressioni verbali e gelosia reciproche», ammettendo che «il mio assistito è un maschilista di “m” che a più riprese ha picchiato la sua compagna», ma che «non si è reso colpevole di violenza carnale. Lo ha negato sin dall’inizio e ha continuato a negarlo». Ripercorrendo quella sera, Genetelli ha ribadito che «fare l’amore era il loro modo abituale per fare pace, in quell’occasione il mio assistito ha iniziato solo quando la donna, dopo alcuni tentennamenti, ha detto “va bene” e si è fermato appena si è accorto che lei non era eccitata».
Riguardo alle imputazioni principali, Genetelli ha chiesto di stralciare le accuse di violenza carnale e sequestro di persona («non si può provare che la porta fosse chiusa a chiave») e di formulare una pena non superiore a tre anni di carcere, di cui solo nove da scontare (il resto con la condizionale).
In ultima istanza, l’imputato 32enne si è detto dispiaciuto per quanto successo e che si è sempre preso la responsabilità delle sue azioni, ma che non è giusto che paghi per un reato che non ha commesso. La sentenza è attesa per domani alle 15.30.