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Dalla notte delle streghe a un inizio di consapevolezza

Potrà farsi curare in una struttura chiusa oltre Gottardo il giovane schizofrenico che in un delirio aveva ammazzato nel sonno la mamma

(Ti-Press)
2 maggio 2024
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È giunta a sentenza una storia familiare tragica, in cui un figlio psicologicamente malato ammazza la madre e si ritrova poi in lotta con il fratello, che in un'aula di tribunale ne chiede la condanna a una pena da scontare, oltre che a un risarcimento danni ultramilionario. Condanna che per altro non poteva venire inflitta visto che l'omicida, affetto da schizofrenia paranoide, non è punibile. Si trattava solo, oggi a processo, di stabilire in che modo potrà proseguire in una struttura chiusa il trattamento già iniziato ambulatorialmente a margine dell'insensata decisione di rinchiuderlo, dalla primavera di due anni fa, in carcere.

Il caso è quello del 23enne che l'11 aprile del ’22 uccise nel sonno la madre in un rustico di Avegno. Insonne pare da una settimana, in totale stato confusionale, il ragazzo obbedì alle voci che gli dicevano che la madre era “la regina delle streghe” e decise di ucciderla. A processo, oggi, di fronte alle Assise criminali di Vallemaggia (presidente il giudice Amos Pagnamenta) l'imputato è apparso consapevole del terribile evento e dei motivi che l'avevano scatenato, determinando poi quello che la pp Petra Canonica Alexakis aveva “tradotto” nelle imputazioni di assassinio, subordinatamente omicidio intenzionale.

La stessa pp ha chiesto alla Corte di far curare il ragazzo in una struttura chiusa. Cosa che Pagnamenta ha saggiamente ordinato, approvando l'istanza per l'ottenimento di misura presentata dalla magistrata e riconoscendo comunque il reato di assassinio.

«L'imputato ha ammesso le sue responsabilità già in corso d'inchiesta e si è ripetuto anche in aula durante il dibattimento. D'altra parte, le prove parlano chiaro», ha esordito il presidente della Corte. Quanto alla qualifica di assassinio in rapporto a una totale incapacità di intendere e di volere, «non ci sono motivi di scostarsi dalla giurisprudenza, basandosi sul fatto che le modalità d'azione sono un elemento oggettivo da valutare: non c’è dubbio che vi sia stata una modalità perversa. Ciò non può che determinare la qualifica del reato di assassinio».

Il giudice Pagnamenta ha inoltre espresso alcune perplessità sulla perizia che fissa come lieve il pericolo di recidiva del giovane; pericolo che non si annulla per il solo fatto che trattandosi di un matricidio, senza la mamma non c'è più rischio di ripetersi. In realtà, ha considerato il presidente della Corte, «il pericolo di recidiva è alto e concreto. Il giovane non voleva infatti uccidere la madre in quanto mamma, ma poiché credeva fosse la “regina delle streghe”. Saranno pertanto fondamentali le giuste terapie per evitare di ricadere in determinati comportamenti. L'imputato ha comunque capito la sua situazione e vuole continuare a curarsi nel modo più idoneo possibile ai suoi bisogni».

Andrà dunque in istituto, ma quale non lo ha deciso la Corte. Che non ha taciuto una considerazione amara sul fatto che «nel percorso terapeutico sono stati sprecati quasi 2 anni, visto che il carcere non è certo il luogo idoneo per un giovane che dev'essere curato per garantire un futuro a sé stesso. L’Autorità di collocamento proceda ora nel modo più giusto».

C'era poi, come accennato, una richiesta per torto morale presentata dall'altro figlio della donna uccisa. Costituitosi accusatore privato e tutelato dall'avvocato Stefano Genetelli, il fratello aveva chiesto diversi milioni di franchi. Il giudice non ha potuto esimersi dall'attenersi a una prassi svizzera, concedendogli 50mila franchi.