Il 65enne del Sopraceneri, che approfittò anche di un’altra ragazzina, colpevole di atti sessuali con fanciulli ma non di coazione sessuale
Fino all’ultimo ha continuato a negare tutto, in particolare di aver toccato in più occasioni nelle zone intime la figliastra e una volta un’altra giovane, entrambe minori di 16 anni all’epoca dei fatti. Ma il presidente della Corte delle Assise criminali Mauro Ermani (giudici a latere Emilie Mordasini e Monica Sartori-Lombardi) non gli ha creduto, ritenendo più attendibili le testimonianze delle due ragazze e accertando i fatti, senza tuttavia poter confermare il primo capo di accusa, la coazione sessuale. Ha quindi condannato il 65enne del Sopraceneri, in carcere dallo scorso 14 giugno, a 16 mesi di detenzione sospesi per 4 anni, per i reati di atti sessuali con fanciulli ripetuti, violazione del dovere d’assistenza o educazione, minaccia, discriminazione razziale e ingiuria. L’uomo, che è quindi tornato immediatamente in libertà nonostante il rischio di recidiva giudicato alto, dovrà inoltre pagare una pena pecuniaria e soprattutto non potrà mai più svolgere attività che implichino un contatto regolare con minorenni, oltre a non potersi avvicinare alla figliastra.
Gli episodi che hanno portato la Corte a condannare il 65enne e riportati nell'atto d'accusa, si sono svolti nel complesso tra il 2010 e il 2023. In quello che aveva portato la pubblica accusa a ipotizzare il reato di coazione sessuale (e atti sessuali con fanciulli, questi ultimi ripetuti anche in altre occasioni), l’imputato ha accompagnato – da solo, mentre la madre della ragazza era rimasta a casa a occuparsi del figlio neonato avuto proprio con l’uomo – la figliastra allora 13enne in un supermercato in Italia, dove, in un luogo appartato, l’ha toccata nelle parti intime. Una violenza interrotta solo con il sopraggiungere di una terza persona. Un episodio analogo (in questo caso fermato dall’arrivo della madre) è accaduto in una struttura ricreativa del Sopraceneri.
A casa sua, l’uomo ha invece compiuto abusi su un’altra ragazza, allora 14enne, una conoscente che prestava volontariato in un’associazione con lui, fermatasi a dormire presso l’abitazione del 65enne e costretta da quest’ultimo, con la scusa di effettuarle un massaggio, a subire dei toccamenti.
Prima di pronunciare la sentenza, Ermani ha spiegato come «nei reati contro l'integrità sessuale nei quali non ci sono testimoni diretti, centrale è la versione della vittima, che deve resistere all'esame di credibilità. Nella fattispecie (dell'episodio avvenuto in Italia, ndr) la vittima è stata sentita una sola volta e senza contraddittorio», mancante anche in occasione della versione, peraltro in parte divergente, della madre, «per cui la Corte si è trovata in grossa difficoltà. A ciò si aggiunge l'interrogatorio alla vittima avvenuto in modo almeno parzialmente non conforme», in particolare per la presenza di «domande chiuse che offrono o contengono più risposte».
Nella sostanza però «il racconto della vittima è apparso sincero», quindi la Corte ha potuto «sì accertare come l'imputato abbia allungato le mani sulla vittima con connotazione sessuale, senza però poter stabilire se vi sia stata coazione», reato che presuppone da parte dell'aggressore l'utilizzo di minaccia, violenza o pressione psicologica per rendere la vittima inetta a resistere.
«Seppur per un periodo limitato – ha proseguito il giudice –, appare un reato più grave la violazione del dovere di assistenza o educazione: in casa l'uomo ha creato un clima malsano, fatto di urla e minacce contro la figliastra e la moglie, che considera come essesi inferiori (da qui, arrivando da un altro continente, la discriminazione razziale, ndr). Ha inoltre violato sistematicamente la privacy della minore, trasmettendole dei disvalori e turbandone lo sviluppo».
Se la colpa oggettiva del 65enne è stata quindi ritenuta, riferendosi a una scala di valori di invasività degli atti commessi, di media gravità, la Corte ha ritenuto quella soggettiva grave. «Come ha attestato il perito, l'imputato non soffre di patologie particolari, portava avanti una vita soddisfacente con la moglie e non aveva bisogno di comportarsi in quel modo con la figliastra, violandone la sfera intima. Lo ha però fatto con consapevolezza e mero egoismo», così come durante il processo «ha sempre negato le proprie responsabilità e denigrato la figliastra, sua madre e pure gli agenti di polizia».
Quanto alla pena (16 mesi di detenzione sospesi con la condizionale per 4 anni), «la Corte condivide il ragionamento della procuratrice pubblica, secondo cui l'espiazione non avrebbe senso, in quanto l'imputato ha dimostrato di sapersi adattare al carcere e non avrebbe grandi effetti deterrenti. Allo stesso modo, una misura (stazionaria o ambulatoriale) non avrebbe una minima possibilità di riuscita. Per contro, sospendere la pena per quattro anni ordinando un'assistenza riabilitativa, ha il preciso compito di favorire la sua risocializzazione e il rispetto delle norme di condotta».
La procuratrice Pamela Pedretti aveva chiesto che l’uomo, da lei definito «guardone e sporcaccione», fosse condannato a una pena detentiva di 30 mesi, di cui 18 sospesi con la condizionale per un periodo di 5 anni, oltre a una pena pecuniaria e l’interdizione a vita di svolgere qualsiasi attività con minorenni. Per la pp «le due ragazze hanno fornito dichiarazioni credibili e genuine», mentre l’uomo «ha sempre e solo provato a screditare le sue giovani vittime», seguendo una «strategia» e senza smuoversi «di un centimetro dalla sua posizione», dimostrando «di non avere empatia».
La difesa (d’ufficio, Stefano Stillitano) dell’imputato, «inabile al lavoro dal 1996 e affetto da sofferenze psichiatriche», aveva invece chiesto di lasciar cadere la maggior parte delle accuse, puntando in particolare sulle diverse versioni fornite dalla figliastra e sul fatto che «gran parte degli episodi non possono essere provati». Da qui, la richiesta di una pena non superiore a 15 mesi interamente sospesi per due anni, più eventualmente un trattamento ambulatoriale.
Infine Carlo Borradori, patrocinatore della principale vittima (la figliastra), aveva sottolineato «la dignità e il coraggio» della sua assistita, appena 14enne, che «non ha accettato di farsi trattare come il suo giocattolo» e che per l’agire dell’uomo («feroce e prevaricatore»), ha provato «disagio e sofferenze».