Berzona

Quell'organo, ‘incredibile eredità di un geniale autodidatta’

Dopo i lavori di restauro condotti da Ilic Colzani, sarà inaugurato l'8 ottobre. La storia di uno strumento fuori dal comune, ideato da Carlo Bianchini

2 ottobre 2023
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Realizzato a inizio Novecento dall’onsernonese Carlo Bianchini, l' organo della chiesa di Berzona, in Valle Onsernone, ha ritrovato la sua voce grazie a un restauro conservativo di Ilic Colzani. Sarà inaugurato il prossimo 8 ottobre.
«Il suono di questo organo, che non è la copia di nessun altro organo a noi noto, ma che scaturisce da un ingegno e da una sensibilità non comuni, è poetico, espressivo e commovente». A parlare è Ilic Colzani, uno degli organari più conosciuti d’Italia, che di strumenti nella sua carriera ne ha visti parecchi. Ma quello di Berzona, in Valle Onsernone, ha colpito profondamente anche lui. Custodito da oltre un secolo nella chiesa dei santi Rocco e Defendente, è un’incredibile eredità, uscita dalle mani di un geniale autodidatta. Abbandonato a se stesso per decenni, il Bianchini – così si chiama, dal nome del suo costruttore – aveva ormai perso la voce. Ora però, grazie a una certosina opera di restauro (affidata, appunto, alle cure di Colzani), l’ha ritrovata e domenica 8 ottobre, alle 13.30, è in programma la cerimonia d’inaugurazione.

Una storia da romanzo

Quella di Carlo Bianchini e del suo organo è una storia che pare la trama di un romanzo. Affascinante anche perché rimane, in parte, avvolta nel mistero, nonostante le recenti ricerche. Di certo si sa che il geniale onsernonese è nato a Mesocco il 3 settembre 1874. Le tracce successive della vicenda vengono alla luce di recente, parallelamente all’intervento di restauro dell’organo, grazie a una ricerca storica condotta da Ilario Garbani Marcantini e da Charles Suter. Questi ultimi hanno consultato documenti ufficiali, registri resoconti di giornali locali e – anche attraverso fotografie e oggetti – hanno cercato di ricostruire le tappe principali della vita di Bianchini, i cui primi anni (formazione professionale ed eventuale formazione musicale comprese) rimangono però ancora avvolti nell’incertezza. Una fotografia che lo ritrae
molto giovane fa pensare che si trovasse a Livorno (in veste di emigrante, come tanti altri ticinesi dell’epoca) subito dopo aver terminato la scuola dell’obbligo. Nella città toscana è probabile abbia coltivato la passione per la musica, che lo
portò successivamente a suonare vari strumenti. Particolare significativo, il fatto che proprio durante la sua presenza livornese in zona si stavano costruendo o ristrutturando almeno tre organi. Un’ipotesi probabile, ma non del tutto certa, che potrebbe spiegare la genesi dell’incredibile strumento oggi custodito nella chiesa del villaggio onsernonese. Uno strumento che è unico, non solo in Ticino, ma nell’intera area lombardo-piemontese. E, di certo, il solo a essere stato costruito da un ticinese.

Materiali inusuali per una costruzione a dir poco originale

Bianchini lo realizzò in modo inedito e con materiali del tutto inusuali. Testimonianze orali venute alla luce nell’ambito della ricerca lo ricordano al macello di Loco, intento a cercare ossa. Oppure a tagliare e saldare barattoli per olio commestibile. Lo stesso Colzani, nella sua relazione tecnica, sottolinea che ‘le canne di metallo sono realizzate con latta ricavata da contenitori a uso alimentare; in molte di esse è facilmente visibile ancora oggi il marchio della confezione a cui la latta apparteneva prima di essere reimpiegata nell’organo’. Un pioniere del riciclo, insomma, Carlo Bianchini,
oltre che un geniale autodidatta. Lo strumento – perfetto nella tecnica e nella meccanica, dopo almeno due anni di lavorazione – venne inaugurato nel 1906 e un’altra affascinante ipotesi vuole che fosse lo stesso Bianchini l’unico a suonarlo. Di certo sedette alla tastiera fino alla sua morte, avvenuta nel 1944. Non solo: l’organaro e organista autodidatta seppe anche inventarsi compositore, firmando un’opera (“Tre mottetti per il Venerdì Santo”), di cui si sono però perse le tracce. È invece conservata dalla Fonoteca nazionale la voce dell’organo. A Bianchini e alla sua creatura dedicò infatti un servizio nel 1942 l’allora Radio Monteceneri. Mentre resta la registrazione dell’esecuzione strumentale,
l’intervista è andata persa. Un oblio nel quale cadde anche lo strumento dopo la morte di Carlo, nonostante gli sforzi per tutelarlo della vedova Colombina Bianchini. Col passare del tempo l’organo rimase letteralmente “senza fiato” –
e dunque muto – a causa del marciume che intaccò il mantice.

Tolto dall'oblio grazie a un impegno comune

È solo nel 2017 che, grazie all’impegno dell’Associazione Amici di Berzona, dell’Associazione ticinese degli organisti e della locale Parrocchia, che si è cominciato a parlare seriamente di restauro. L’intervento, affidato a Colzani e sostenuto dall’Ufficio cantonale dei beni culturali, è iniziato nel 2021 e si è concluso alla fine dello scorso anno. «Abbiamo permesso a un testimone del passato – sottolineano i promotori – di tornare a parlarci con la sua voce». Che risuonerà alta nuovamente domenica 8 ottobre 2023. Durante la cerimonia interverranno i rappresentanti dei tre enti promotori e delle autorità. Quindi - dopo un accenno alla vita di Carlo Bianchini e alla storia dell’organo da parte di Ilario Garbani e Charles Suter - Ilic Colzani, l’organista Andrea Pedrazzini e il trio Vent Negru, composto da Mauro Garbani, Esther Rietschin e Mattia Mirenda, presenteranno le caratteristiche dell’organo e metteranno in evidenza – anche con esempi sonori - le caratteristiche e le potenzialità dello strumento negli ambiti della musica liturgica, classica e popolare.