A destinazione il ‘Tir umanitario’ diretto in Turchia e guidato dal locarnese Danilo Cau. ‘Imprevisti? Sì ce ne sono stati, ma niente di insormontabile’
Ottantanove ore dopo la partenza, di cui 34 trascorse al volante del suo autoarticolato, Danilo Cau ha raggiunto la sua destinazione. In Turchia, al termine di un viaggio lungo la bellezza di 1'670 km su strada e altri 850 km in traghetto, per portare un carico di beni per le persone colpite dal devastante terremoto al confine con la Siria.
Spento il motore dell'autoarticolato sono iniziate le operazioni di scarico. E per Danilo è l'ora di tirare (un po’) il fiato e ripercorrere il ‘film’ che gli è passato davanti agli occhi durante un tragitto carico di emozioni. «È stato un viaggio sicuramente emozionante – racconta il locarnese –. Con immagini che ti restano impresse nella memoria. Soprattutto all'ingresso in Turchia, dove sembrava davvero di entrare in tutto un altro mondo. Un confine fisico, ma anche ideologico e spirituale. A ricordarci che stavamo per entrare in questo ‘altro mondo’ c'era anche la preghiera che si sentiva distintamente dal minareto; momenti impressionanti, da pelle d'oca. Cose che, prima di questa avventura, mi era capitato di vedere solo al cinema».
Poi Danilo si sofferma sul lungo viaggio per arrivare a destinazione: «Un viaggio che, fortunatamente, non ci ha riservato brutte sorprese: tutto è filato liscio come l'olio, o quasi. Di ostacoli insormontabili non ne abbiamo incontrati: solo qualche leggero imprevisto comunque facilmente gestibile, e questo, quando si affronta un viaggio così lungo, è senz'ombra di dubbio qualcosa di molto positivo. Certo, qualche lungaggine più del normale l'abbiamo riscontrata al momento di presentarci in una dogana piuttosto che in un'altra, come pure al porto, al momento dell'imbarco sul traghetto. D'altra parte erano tutte cose messe a preventivo visto che trasportavamo un carico non usuale, cosa che ha un po’ rallentato il disbrigo delle pratiche. Ma siamo comunque stati fortunati, perché dall'altra parte abbiamo sempre trovato gente gentile e disponibile, di modo che pure queste questioni sono state evase in tempi relativamente brevi. A essere sincero, non era nemmeno così scontato che tutto andasse così, quasi come una lettera alla posta. Ciò che sulla carta può sembrare un viaggio come un altro, alla prova dei fatti presenta sempre parecchie incognite. In Turchia, ad esempio, abbiamo dovuto fare i conti (anche) con problemi dettati dalla difficoltà di comunicare, visto che lì solo in pochi parlano inglese, dogana compresa». Ma, appunto, niente di insormontabile... «No, esatto: alla fine siamo riusciti a capire, e loro hanno capito noi».
Ora che il grosso della nostra ‘missione umanitaria’ è finito, Danilo Cau può analizzarla con mente più distaccata e fredda: «È indubbiamente stata una bella avventura, anche parecchio toccante. Partire da un Paese al centro dell'Europa per arrivare in un Paese asiatico, e, soprattutto, contraddistinto da tutta un'altra cultura è sicuramente qualcosa che ti lascia il segno. Sì, la prima tappa di questa missione ce la siamo lasciata alle spalle, ma il nostro compito è tutt'altro che finito. Siamo arrivati a destinazione nella tarda serata di lunedì, per cui le operazioni di scarico le abbiamo rinviate all'indomani. Solo al termine di questa operazione ci godremo finalmente un paio di giorni di tregua per rifiatare, che, visto che siamo qui, verosimilmente spenderemo per visitare Istanbul, lasciando il nostro camion al quartier generale della Protezione civile. E poi si ritorna, per un viaggio che di certo non sarà privo di incognite nemmeno questo. Quando viaggi in un altro Paese, caratterizzato da tutto un altro modo di vivere, anche le cose che alle nostre latitudini sembrano scontate, ti accorgi che così non è. A volte va tutto liscio, come in Grecia, altre volte devi fare i conti con situazioni impreviste: in Turchia, ad esempio, le stazioni di rifornimento lungo l'autostrada sono merce più unica che rara...».