Il caso della famiglia curdo-iraniana rimpatriata dal Servizio della migrazione sfocia nella protesta del Collettivo R-esistiamo
Un’ora di telefonate e mail a getto continuo. Squilli indirizzati alla Segreteria di Stato della migrazione (Sem) per chiedere il rientro di Mira (nome di fantasia) e della sua famiglia curdo-iraniana dall’Iran. È l’azione inscenata nel pomeriggio odierno dal Collettivo R-esistiamo per richiamare l’attenzione su una decisione – quella dell’espulsione – carica di conseguenze.
Mira, il marito e i figli, lo ricordiamo, erano giunti in Ticino circa quattro anni fa dopo aver subito violenze per aver appoggiato un conoscente che si opponeva a un matrimonio forzato nel loro Paese. Dopo tre anni trascorsi in Ticino in attesa di ottenere l’asilo, nell’estate dello scorso anno sono stati rimpatriati in Iran dalla Sem. Il Governo svizzero e quello iraniano avevano loro garantito che nulla gli sarebbe accaduto, ma una volta arrivati il marito è stato prelevato e incarcerato dalla polizia. Ora, secondo la petizione lanciata dal Collettivo R-esistiamo, Mira e i suoi figli "sono in balia della violenza quotidiana dei soldati e della situazione generale di tensione nel Paese". Sempre secondo il Collettivo, "siamo ormai purtroppo già consapevoli della brutalità della politica migratoria svizzera. Il bunker di Camorino è un importante esempio da ricordare (...). Ma purtroppo non c’è fine al peggio. Ci ritroviamo oggi di fronte all’ennesima situazione drammatica, una situazione nella quale sono stati anche commessi importanti errori giuridici da parte della Sem (...) Se la politica migratoria svizzera è già di per sé inaccettabile non si può rimanere in silenzio sapendo di persone continuamente manipolate a rimpatriare in zone in cui sarebbero in pericolo, o in zone di guerra e di conflitto". Da qui la decisione di ‘bersagliare’ la Sem con un’azione che serva da monito.