Secondo caso in pochi giorni nel Locarnese: dopo le capre sopra Cavigliano, le vacche a Golino. Il parere del veterinario cantonale
La stupidità colpisce ancora e ancora una volta ad andarci di mezzo sono delle aziende agricole del Locarnese. Dopo la “liberazione” delle capre sui monti di Cavigliano (cfr. la “Regione” del 31 dicembre) altri due fattacci si sono consumati nelle ultime ore nella regione a danno di altrettante aziende. In un caso, a Golino, è stato deliberatamente aperto il cancello del recinto in cui pascolavano delle vacche scozzesi, che naturalmente si sono dileguate, probabilmente più confuse che felici, prima di essere rintracciate e ricondotte a “casa”; nell’altro, ignoti vandali hanno causato danni di un certo rilievo in un’azienda agricola di Cavigliano.
«Le nostre vacche sono state liberate probabilmente nella mattinata del 1° dell’anno perché quando siamo intervenuti gli escrementi erano ancora freschi – spiega alla “Regione” Rosanna Fabbri, dell’azienda agricola Fabbri Ryf di Golino, situata nei pressi del campo di calcio –. Gli ignoti autori si sono limitati ad aprire il cancello, lasciando che tutte le nostre 10 vacche si disperdessero nei dintorni. Quando ce ne siamo accorti ci siamo mossi alla ricerca: prima risalendo a piedi verso il ponte di Golino, poi, non trovando nulla, scendendo in auto verso il Golf alle Gerre di Losone. Le abbiamo ritrovate lungo la strada: erano in gruppo, e per fortuna non era successo nulla. Le nostre vacche ci conoscono, così anche con l’ausilio del pane non abbiamo avuto problemi a farci seguire per riportarle nel recinto». Rosanna Fabbri si dispiace per il gesto insensato; un gesto «potenzialmente pericoloso: se fossero entrate in contatto con qualche cane, la situazione poteva diventare delicata, causando danni a loro e anche a terzi. Inoltre, noi trattiamo le nostre vacche come dei figli, amorevolmente. Loro stanno bene nel loro recinto e riacquistare la libertà significa più che altro ritrovarsi confuse, spaesate, spaventate. Oltretutto le mucche adulte sono gravide e dovrebbero partorire in questi mesi. È stata insomma per tutti una brutta esperienza e io adesso non sono più tranquilla». L’intenzione della contadina è quella di inoltrare denuncia penale contro ignoti al Ministero pubblico e di installare una videocamera di sorveglianza sul recinto, in maniera tale da scoraggiare che bravate simili si ripetano.
Di altro tenore il “raid” compiuto nella notte di Capodanno all’azienda agricola di Pascal Mayor a Cavigliano: ignoti hanno rotto un cancello, smontato un impianto di climatizzazione e tentato di entrare in ufficio, non riuscendoci. Raggiunto telefonicamente in Svizzera interna, il titolare sostiene che mai in passato l’azienda era stata presa di mira, e che difficilmente può essere considerato una coincidenza il fatto che i vandalismi di Cavigliano si siano verificati in pratica in contemporanea rispetto ad altri due casi poco edificanti a danno di altre due aziende agricole del Locarnese.
Nel recentissimo caso delle capre liberate a Cresmino, sui monti di Cavigliano, i primi sospetti erano caduti sugli animalisti (anche se la denominazione, che può avere una connotazione positiva, non si attaglia a chi “restituendo” la libertà alle greggi rischia fortemente di procurare agli animali più guai che vantaggi). A vedersela brutta erano appunto state 52 capre indotte a fuggire da un recinto situato in montagna, tra le Terre di Pedemonte e la Valle Onsernone. Il loro destino: un bosco sconosciuto, pieno di insidie. Il recupero di tutti i capi era costato all’allevatrice due giorni di lavoro.
«In qualunque modo la si voglia vedere, azioni di questo genere non hanno senso né trovano giustificazione». È la prima riflessione del veterinario cantonale Luca Bacciarini di fronte a casi di “liberazione” come quelli descritti sopra. Le problematiche da considerare, nota Bacciarini, sono infatti di diverso tipo: «In primo luogo decidere che un animale abituato al recinto sia d’un tratto libero causa all’animale stesso spavento e stress. Se poi c’è la costrizione fisica alla fuga, può intervenire anche il ferimento. Per cui proprio non va bene. Inoltre, a dipendenza del periodo e della specie – e negli specifici casi delle vacche e delle capre ci siamo dentro –, c’è la questione dei parti. I quali vanno fatti in stalla sia per i bovini che per capre e pecore». Per la Svizzera tedesca la legislazione federale sulla protezione degli animali parla di un obbligo di essere “installati”. «Ciò significa che devono essere chiusi in stalla affinché le madri partoriscano all’interno e non ci siano problemi con i predatori. Ciò assicura anche una protezione e un riparo per i giovani animali nel caso in cui la madre, all’inizio, non sia in grado di accudirli in modo corretto. Per il Ticino vale per lo meno la garanzia di avere sempre a disposizione la stalla, di modo che le madri possano usufruirne (cosa che nella maggioranza dei casi succede)». Di conseguenza, da questo punto di vista, «allontanare gli animali delle loro stalle vuol dire privarli di un riparo per loro molto importante, oltre che causare stress inutile».
Poi, prosegue il veterinario cantonale, «c’è anche un pericolo per gli esseri umani. Ritrovarsi di notte, al volante, con una vacca scozzese in mezzo alla strada (ma anche solo un animale di dimensioni più ridotte), è estremamente rischioso per tutti, per motivi che non devo star qui a ricordare». Pertanto, Bacciarini non può fare a meno di considerare che «“liberazioni” simili sono delle stupidità dalla A alla Z, qualsiasi sia l’intento di chi le favorisce. Anche chi sostiene che gli animali devono sempre vivere liberi dovrebbe riflettere sulle possibili conseguenze delle sue azioni. Conseguenze che come detto rischiano di essere pesanti a più livelli».