Beat Jans e Matteo Piantedosi si sono incontrati a Chiasso per discutere del rafforzamento della cooperazione nei settori della polizia e della migrazione
Hanno scelto il Centro di cooperazione di polizia e doganale italo-svizzero di Chiasso per incontrarsi, conoscersi e affrontare diverse tematiche che interessano i due lati del confine. Il Consigliere federale Beat Jans, responsabile del Dipartimento federale di Giustizia e Polizia e il ministro italiano dell'Interno Matteo Piantedosi hanno definito il loro incontro «interessante e produttivo». Al centro delle discussioni che li ha visti impegnati ci sono stati il rafforzamento della cooperazione nei settori della polizia e della migrazione. Nel suo intervento, Jans ha trattato temi come il rinnovo dell’accordo di polizia e il rimpatrio delle persone senza permesso di soggiorno, effettuati nel 2023: «Grazie all’accordo di riammissione con l’Italia, possiamo rimandare direttamente in Italia le persone, sono state 4'100 lo scorso anno, senza permesso di soggiorno. Oggi abbiamo avuto l’opportunità di conoscerci e di discutere vari temi che sono importanti per entrambi». Tra gli argomenti toccati c’è anche «la stretta collaborazione tra polizia e dogana, che è fondamentale. In questo edificio, i colleghi svizzeri e italiani si scambiano direttamente informazioni, sostenendosi a vicenda nella lotta contro la criminalità transfrontaliera. Questa collaborazione quotidiana e collegiale crea sicurezza per la popolazione, ed è un aspetto molto positivo. Per questo motivo, vogliamo approfondire ulteriormente la collaborazione, sia in materia di migrazione che di sicurezza». Piantedosi ha confermato che «i nostri Paesi sono legati da una storica amicizia e da un rapporto di cooperazione consolidato, testimoniato anche dal lavoro congiunto delle nostre Forze dell’ordine in questo Centro». Ne sono un esempio le pattuglie miste che, ha aggiunto Piantedosi, «contribuiscono ad aumentare il livello di sicurezza dei nostri Paesi e il controllo dei rispettivi confini, dove l'ottima intesa tra le nostre pattuglie ha consentito di rintracciare numerosi stranieri irregolari e di contrastare i trafficanti e la migrazione illegale».
La situazione per Jans, tuttavia, potrebbe migliorare con il nuovo patto sulla migrazione e l'asilo adottato dall’Ue il 14 maggio 2024. L’obiettivo di questa riforma “è continuare a garantire una rapida protezione alle vittime di persecuzione, migliorando al contempo la protezione delle frontiere esterne dell'Ue per ridurre la migrazione irregolare verso l'Europa”. La Svizzera, in quanto stato associato a Schengen e Dublino, parteciperà anch’essa a questa riforma e, come ricordato in un comunicato del Cf di agosto, “è necessario adeguare il diritto svizzero, in particolare la legge federale sugli stranieri e la loro integrazione e la legge sull'asilo”. Per Jans, questa via è quella giusta, perché «oggi le regole europee non funzionano in modo soddisfacente per vari motivi. Lo sappiamo tutti. Quando le regole non funzionano, dobbiamo cambiarle. E questo mi sembra l’approccio giusto. Con il Patto europeo sulla migrazione e l’asilo, vogliamo migliorare le regole, come il meccanismo di solidarietà fra i Paesi. Questo patto dovrebbe alleggerire i paesi come l’Italia, che sono sotto grande pressione». Oltre al recente accordo, il capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia ha sottolineato che l’aumento dei controlli alle frontiere minerebbe il sistema Schengen: «Vogliamo limitare la migrazione secondaria all’interno dell’Europa, ma i controlli aggiuntivi alle frontiere interne sono, a nostro avviso, la strada sbagliata. Se dovessimo compromettere il sistema Schengen per questo, sarebbe un classico autogol. Schengen non sono solo frontiere aperte, Schengen è soprattutto sicurezza, e lo è per tutta l’Europa».
Il consigliere federale ha voluto precisare che tra i due Paesi «molte cose vanno bene, ma ciò non significa che siamo d’accordo su tutto. Anche tra buoni vicini ci sono differenze». Tra queste divergenze vi è la sospensione, avvenuta nel dicembre 2022 da parte dell’Italia, dei trasferimenti nel quadro degli accordi Dublino, una decisione che ha sollevato non poche preoccupazioni. Infatti, già il 31 maggio 2023, la consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider aveva affrontato la questione durante un incontro avvenuto a Roma con Piantedosi. Quest’ultimo – stando a una risposta del Cf a un’interpellanza di Marco Chiesa sul tema – “ha prospettato la ripresa dei trasferimenti Dublino non appena la situazione lo permetterà”. Già allora Baume-Schneider aveva indicato che le misure adottate unilateralmente dall’Italia indeboliscono il sistema Dublino, un concetto ribadito anche questa sera da Jans: «I trasferimenti ‘Dublino’ sospesi sono un problema per la Svizzera. Comprendo la difficile situazione dell’Italia, ma anche il nostro sistema d’asilo è molto sotto pressione, in particolare a livello cantonale e comunale, e ci sono ancora molte pendenze». Infatti ha ricordato Jans, con questa sospensione «siamo stati costretti ad accogliere mille persone in più. Di queste circa 390 hanno ricevuto una risposta positiva alla domanda di asilo, mentre per le altre è stato avviato il procedimento di rimpatrio». In questi mesi, «la Svizzera, insieme ad altri Paesi, ha esercitato pressioni su Roma e sulla Commissione europea affinché l’Italia rispetti gli accordi. Oggi ho nuovamente espresso questa aspettativa al Ministro».
Chiamato in causa, Piantedosi ha replicato che «la sospensione che adottiamo da circa due anni non ha minimamente scalfito la posizione di cooperazione e il rapporto che l'Italia ha con la Svizzera. Si è trattato di un'iniziativa più di carattere generale che l'Italia aveva adottato nei confronti dell'intera Unione Europea, e quindi anche con la Svizzera, in un momento molto delicato di afflussi nel nostro Paese». A conferma delle sue parole, il ministro ha spiegato che nel 2023 l'Italia ha registrato 157mila arrivi. Un numero che «ha reso molto complicato sollecitare ulteriormente il nostro sistema di accoglienza».
Per il ministro italiano «quest'anno intravvediamo i primi risultati di questa azione molto forte che il Governo ha posto in essere circa la possibilità di contenere questi flussi. Immaginiamo di concludere il 2024 con i 60% in meno di afflussi rispetto all'anno scorso, ma anche con un meno 30% rispetto al 2022». Numeri che Piantedosi ha voluto citare «non per vantare l'azione del Governo fine a sè stessa, ma proprio per entrare nella professione della rassegnazione che troppo a lungo ha riguardato le politiche migratorie nell'Unione europea. Ci sono quindi i primi effetti a beneficio dell'Italia, il primo Paese d'ingresso, anche se non bisogna cullarsi sugli allori, ma anche per Paesi come la Svizzera che sono mete secondarie». I numeri sono comunque «ancora molto importanti: quest'anno chiudiamo con circa 60mila persone arrivate dalla sola rotta del Mediterraneo centrale». L'Italia, ha assicurato Piantedosi, «è disponibile a riparlarne con l'intera Unione europea, in particolare anche con la Svizzera, visto il quadro in via di miglioramento e con l'inserimento di una prospettiva di collaborazione rafforzata e quindi anche di minore sollecitazione del sistema di accoglienza nazionale». Riguardo a una possibile tempistica, Piantedosi non ha dato risposte precise, annunciando che «abbiamo proposto all'Unione europea di assumere soluzioni innovative sul modello italiano». Il discorso, ha ribadito un conclusione, «riguarda l'Intera Europa. Con la Svizzera il discorso è bilaterale, quindi a breve ragioneremo anche su questo».