Roveredo: l’imputato a processo nega di aver preso a sassate e calci, e poi schiacciato con piedi e pala, il piccolo Tito Rex entrato nel suo orto
Una pena pecuniaria di 10’800 franchi, sospesa per due anni di prova, e una multa effettiva di 2’000 franchi. È la richiesta di pena formulata giovedì a carico del 55enne di Roveredo accusato di aver gravemente ferito un cagnolino intrufolatosi nella sua proprietà il 22 marzo 2021. Tito Rex, questo il nome del pinscher nano di cinque anni e tre chili di peso, secondo l’accusa sarebbe stato preso a sassate e poi percosso con i piedi. Versione corroborata da un testimone. La polizia, intervenuta sul posto, aveva recuperato la bestiola consegnandola a una clinica veterinaria. Inequivocabile la radiografia che mostra il cranio sfondato in più punti. Viste le condizioni molto critiche e l’impossibilità di curarlo, si era proceduto con l’eutanasia. Il proprietario, domiciliato a qualche centinaio di metri di distanza, aveva poi sporto denuncia e l’inchiesta svolta dalla Polizia grigionese è infine sfociata nell’atto d’accusa firmato lo scorso ottobre dal procuratore pubblico Franco Passini per i reati di maltrattamento di animali e danneggiamento. Patrocinato dall’avvocato Roberto Keller, l’imputato si è sempre dichiarato innocente, anche nell’affollata sala conferenze del Centro regionale dei servizi di Rorè predisposta per accogliere parecchie persone. Al giudice Mirco Rosa l’arduo compito di pronunciare una condanna o un’assoluzione. In apertura di processo l’accusatore privato, patrocinato dall’avvocato Christopher Jackson, ha chiesto di considerare anche la violazione dell’articolo 26 capoverso 1 lettera ‘b’ della Legge sulla protezione degli animali (uccisione) anziché soltanto la lettera ‘a’ (maltrattamento) come stabilito dal procuratore.
«Mi trovavo da cinque minuti nell’orto, da solo, quando ho sentito un lamento e mi sono accorto che c’era un cane, mai visto in precedenza né lì né altrove, a una distanza di dieci metri», ha spiegato l’imputato evidenziando che il cancello era aperto e specificando di aver «sentito il lamento subito dopo aver lanciato verso un angolo del giardino alcuni sassi, più piccoli di una pallina da tennis, cavati mentre zappavo. Come sempre fatto, li ho lanciati lateralmente, a una distanza di circa cinque metri, senza guardare di preciso dove finissero. Ritengo impossibile che lo abbiano colpito, perché il cane era più lontano. Avvicinandomi ho poi visto che camminava malamente e cadeva; è andato avanti così alcune volte e non ho capito subito che era ferito. Ma ho subito chiamato la polizia dicendo che il cagnolino sembrava aver sbattuto le testa contro un muro. È la prima cosa che mi è venuto in mente di dire al telefono, senza sapere quale fosse la causa precisa. Non ho pensato che potesse essere il mio lancio di sassi. Se così è veramente successo, il fatto di colpirlo è stato del tutto involontario. Ho anche detto, durante l’inchiesta, che magari poteva essere stato investito da un’auto».
Il pp Passini ha evidenziato che l’autopsia ha accertato due fratture craniche dovute a forti traumi contusivi. «Da scartare quindi l’ipotesi di un incidente stradale o di un’aggressione subita da altri animali o rapaci prima di giungere nell’orto. Un testimone oculare, distante 50 metri, ha infatti spiegato di aver sentito il cane guaire e visto l’imputato lanciargli addosso alcuni sassi, poi spingerlo via più volte col piede e infine fare pressione, sempre con un piede, per soffocarlo. Teste che a sua volta ha subito allertato la polizia esponendo, in modo attendibile, quanto visto. Perciò non regge la tesi che i sassi abbiano colpito involontariamente il cane. Quanto all’imputato, non si è capito se abbia agito per rabbia, gioco o ignoranza». Sulla stessa lunghezza d’onda il legale del proprietario, che auspicando una pena esemplare ha evidenziato «le menzogne dette dall’imputato subito e durante l’inchiesta, cambiando più volte versione. Se non ci fosse stato il testimone che gli ha urlato contro, oggi Rex sarebbe sepolto dietro il composter all’insaputa di tutti. Un agire abietto e barbaro». L’avvocato Jackson ha poi insistito sul fatto che l’imputato sia stato chiaramente visto schiacciare il cane col piede, «ciò che è compatibile con la ferita a forma di tacco evidenziata dall’autopsia nel cranio». Dal canto suo il proprietario di Tito Rex ha avanzato una pretesa risarcitoria di 5’400 franchi, da destinare ad associazioni attive a favore degli animali.
Secondo l’avvocato Keller, che ha chiesto l’assoluzione, l’inchiesta di polizia è stata «sconcertante e il procuratore vi ha messo dei cerotti, anzi dei bendaggi. L’imputato è stato tirato in ballo in modo falso e abietto dal sedicente testimone, che rischia da parte nostra una querela per denuncia mendace e sviamento della giustizia». Pure rimarcata «la massa di accuse e insulti mossa al mio assistito sui social, ciò che ha addirittura indotto il proprietario del cane e chiedere di abbassare i toni». Secondo la difesa «è inverosimile quanto sostiene il procuratore, è cioè che l’imputato avrebbe scientemente tirato i sassi addosso al cane. Su questo aspetto manca una prova che possa inchiodare il mio assistito». Non sta né in cielo né in terra, ha insistito l’avvocato, che un uomo intento a cavare i sassi dell’orto li lanci per eliminare un cagnolino di tre chili: «Chi ha dimestichezza con la vanga, sa benissimo che si raccolgono i sassi e li si allontana come ha fatto l’imputato e non con violenza nell’intento di fare del male. Nessun gesto deliberato dunque, nessuna prova del misfatto». Quanto al teste, «è un fanfarone, chiacchierone, confabulatore. Secondo noi non ha visto niente e si è inventato tutto. Sentito più volte dagli inquirenti, ha cambiato versione asserendo infine, durante un confronto, di non avere in realtà visto colpire il cane con i sassi, dargli pedate e mettergli un piede sopra. Di non aver visto in definitiva cosa sia esattamente successo. Mi rifiuto di credere che possa assurgere a teste chiave in un processo penale». L’avvocato Keller ha pure spiegato di aver coinvolto un esperto in balistica per comprendere come sarebbe possibile lanciare un sasso a undici metri di distanza per raggiungere il punto situato dietro il bidone del compostaggio dove si trovava il cagnolino: «Una parabola di quasi 5 metri di altezza. Una difficoltà tale da rende impossibile l’esercizio per chiunque, tanto più per chi sta semplicemente vangando l’orto». In caso di assoluzione, ha infine sollecitato il riconoscimento di un’indennità «per il calvario subito», un «risarcimento di un franco per torto morale».
Venerdì mattina la sentenza.