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Cane ferito e morto a Roveredo, imputato assolto in appello

Il Tribunale regionale Moesa lo aveva condannato, ma a Coira il Tribunale cantonale ha ora ribaltato il giudizio di primo grado

La vittima si chiamava Rex
29 agosto 2024
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Condannato in primo grado, ma ora completamente prosciolto in appello dal Tribunale cantonale dei Grigioni. Che mercoledì a Coira ha ribaltato il giudizio di colpevolezza emesso nell’aprile 2023 dal Tribunale regionale Moesa. Assolto dunque dai reati di maltrattamento di animali e danneggiamento il 56enne mesolcinese additato come il responsabile della morte del cagnolino Rex, un pinscher nano di cinque anni e tre chili di peso che il 22 marzo 2021 era stato soppresso dal veterinario cui era stato affidato in condizioni critiche, ossia con alcune emorragie e il cranio sfondato da un oggetto ignoto. Condizioni che non permettevano una presa a carico. Le indagini si erano così concentrate nella bassa Mesolcina sul titolare di un orto di Roveredo da sempre dichiaratosi innocente. Ora il suo avvocato difensore, Roberto Keller, l’ha spuntata su tutta la linea.

Già mancava la certezza assoluta

Già emettendo il giudizio di primo grado il giudice regionale Mirco Rosa aveva riconosciuto – irrogando una pena pecuniaria di 5’000 franchi sospesa con la condizionale e una multa effettiva di mille – che «non c’è certezza assoluta di cosa sia successo e dove» e che «la sola spiegazione logica è che sia stato l’imputato a colpire il cane» poiché infastidito dalla sua presenza nell’orto o nelle vicinanze. Ora invece l’assoluzione piena, che sarà motivata prossimamente dal Tribunale cantonale.

Secondo la difesa vi è stata una forzatura

Il difensore durante l’arringa protrattasi quattro ore ha in particolare insistito sul fatto che si sia voluto forzatamente condannare una persona per esclusione (in effetti non sono state approfondite altre eventuali cause e responsabilità, come ad esempio un investimento veicolare). Ha inoltre posto l’accento sul referto che i proprietari del cagnolino avevano fatto eseguire da una clinica veterinaria di Zurigo, secondo cui lo sfondamento del cranio in due punti ben distinti è compatibile con una pressione esercitata da un oggetto non appuntito né spigoloso, caratterizzato da una superficie d’impatto piatta come quella di un martello o di un tacco largo. Nulla a che vedere dunque – ha insistito la difesa in appello – con il lancio di una decina di piccoli sassi (dal peso compreso fra gli 87 e i 165 grammi) posto a carico dell’imputato dal procuratore pubblico Franco Passini.

La dinamica e la telefonata alla polizia

Un agire, quello del 56enne, invero riferito agli inquirenti da un passante (ritenuto del tutto inaffidabile dalla difesa) e parzialmente ammesso dall’accusato stesso. Il quale ha però sempre specificato e ribadito, agli inquirenti e ai giudici, di non aver voluto affatto colpire il cagnolino, della cui presenza alle sue spalle non si era nemmeno accorto, ma semmai solo allontanare i sassi da lui stesso cavati dalla terra per ripulirla e poi coltivarla; il tutto gettandoli, da sotto e senza forza, dietro di sé e lateralmente a una distanza di al massimo cinque metri ai margini dell’orto. E in ogni caso senza rendersi conto che il cagnolino poteva trovarsi nelle vicinanze, comunque a una distanza non inferiore a 10/12 metri, come ricostruito durante il sopralluogo. Peraltro, qualche istante dopo era stato lui stesso ad allertare spontaneamente la polizia informandola di aver trovato l’animale ferito, dietro una casetta bianca da giardino, dopo averne udito i lamenti ed essersi girato per verificare da dove provenissero.

Prove mancanti e processi indiziari

Tutto ciò non è servito a provare, agli occhi della corte cantonale, che l’agire dell’imputato possa essere stato intenzionale e aver comportato il ferimento grave. Tant’è che i due processi sono stati di natura indiziaria mancando prove schiaccianti. Lo stesso giudice Rosa l’anno scorso si era persuaso del fatto che l’imputato non avrebbe voluto intenzionalmente ferire o uccidere, limitandosi ad allontanarlo col lancio di sassi poiché infastidito. Lanciando i sassi – aveva concluso il giudice moesano – si era però assunto il rischio perlomeno di ferirlo. Tesi ora totalmente smontata dalla corte di appello. Che ha posto a carico del Cantone la tassa di giustizia della procedura di prima istanza e metà di quella di secondo grado, mentre l’altra metà dovrà essere pagata dal proprietario del cane. Sempre il Cantone dovrà versare all’avvocato Keller le indennità per le spese di difesa di primo e secondo grado. Le parti possono ricorrere al Tribunale federale.

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