Il deputato dei Verdi Marco Noi, già critico nel 2021, giudica positivamente il parere giuridico del Dt scettico sull’edificabilità del nosocomio
Si allunga l’elenco di coloro che giudicano positivamente il parere elaborato dal Servizio giuridico del Dipartimento del territorio, svelato dal nostro giornale il 2 novembre, secondo cui non è scontato che si possa costruire alla Saleggina il nuovo ospedale regionale di Bellinzona, a meno che diventi di portata cantonale e si dezonino subito nella regione 100mila metri quadrati di superfici edificabili. Fra i deputati che nell’aprile 2021 avevano sollevato dubbi durante il dibattito parlamentare per l’acquisto cantonale del comparto dall’Esercito per 16 milioni, Marco Noi dei Verdi aveva votato il messaggio governativo dopo aver però detto che “con ciò non si vuole sdoganare l’eventuale collocazione dell’ospedale regionale alla Saleggina”. Nel complesso mosaico assemblato dal Dipartimento istituzioni che includeva anche il nuovo stand di tiro al Ceneri, l’acquisizione dell’Infocentro di Pollegio, l’inserimento lì accanto di un’area d’istruzione per l’Esercito e un’analoga compensazione agricola alla Saleggina, “manca una discussione sul grosso tassello dell’ospedale, della sua collocazione, di tutte le possibilità e tutte le questioni legate alla pianificazione ospedaliera cantonale”, sottolineava Noi.
A tre anni di distanza, durante i quali a nessun livello tecnico o istituzionale è mai stata messa in dubbio l’edificabilità, tanto meno durante il concorso internazionale sfociato questa primavera nella scelta del progetto di massima, il granconsigliere ambientalista conferma i suoi dubbi di allora: «Ben venga il parere del Servizio giuridico del Dt che toglie il progetto, assieme all’intera pianificazione ospedaliera, dalla posizione di scontatezza che faceva apparire il nuovo ospedale alla Saleggina come un dato ormai acquisito». Come i deputati Matteo Quadranti (Plr) e Sergio Morisoli (Udc) hanno già indicato da queste colonne, anche Marco Noi ritiene ora doveroso «analizzare seriamente la pianificazione ospedaliera. Per cominciare, osservo che mentre la Commissione della Gestione del Gran Consiglio ha chiesto al governo l’intero dossier sulla Saleggina, perché vuole vederci chiaro in questo colpo di scena, il Municipio di Bellinzona lascia invece trasparire fiducia e sicurezza nella possibilità di “portare a casa” il progetto», come Mattia Lepori, capodicastero Territorio e mobilità, avrebbe detto durante un recente incontro dell’Unione cristiana imprenditori ticinesi tenutosi in città (vedi ‘Cdt’ del 12.11.2024).
In attesa che il Dt si determini sul parere del suo Servizio giuridico, Marco Noi ribadisce che «l’edificazione di un nuovo ospedale a Bellinzona è un progetto sulla cui necessità e ubicazione non si è mai aperta una seria e approfondita discussione politica. La chiara percezione era ed è ancora quella di poteri politici e portatori d’interesse che hanno fatto e fanno di tutto per sdoganare il progetto, definito ‘strategico’, senza che tale discussione avvenga. Non sorprende dunque il fatto che le questioni pianificatorie, sulle quali tantomeno si voleva aprire la discussione per paura di fare brutte scoperte, sono anch’esse state date per scontate».
Tuttavia, facciamo presente, la costruzione di un nuovo ospedale regionale a Bellinzona è giustificata dal fatto che il San Giovanni ha raggiunto la sua massima capienza e pertanto se ne rende necessario uno più grande. «Ma proprio in questi giorni – replica Noi – stiamo votando a livello federale sull’iniziativa Efas riguardante la sanità. Oltre alle questioni finanziarie non proprio secondarie nemmeno per l’edificazione di un nuovo ospedale da 380 milioni, visto che di riffa o di raffa i soldi vengono sempre dalle stesse tasche, si sta discutendo molto sullo spostamento di determinate prestazioni mediche dallo stazionario all’ambulatoriale, quindi dagli ospedali ai centri medici ambulatoriali. Perciò, alla luce di questa tendenza, non si può non pensare che l’ampliamento delle superfici ospedaliere nel modello multisito, adottato in Ticino, possa anche non più essere giustificato».
A questo punto come Quadranti e Morisoli anche Noi ritiene che la pianificazione ospedaliera 2024-32, sulla quale a dicembre si esprimerà il Gran Consiglio, «stia lasciando in sospeso una questione spigolosa che nessuno al momento vuole affrontare. Ovvero il tipo di sistema ospedaliero che vogliamo e possiamo permetterci in Ticino. Si può certamente comprendere la difficoltà di questo tema che tocca interessi regionali, interessi dei centri e delle periferie come pure del pubblico e del privato. Ognuno, per riprendere le parole del municipale di Bellinzona, vuole portare a casa la propria fetta di mercato. Ma a un certo momento questo tema, per quanto spigoloso sia, dobbiamo pur affrontarlo apertamente se non vogliamo farci asfissiare dai costi della sanità e farci commissariare la pianificazione ospedaliera dalle casse malati le quali possono fare ricorso sulle scelte del nostro Cantone».
È il metodo, par di capire, a difettare. E pure la tempistica. «In effetti ci troviamo davanti all’assurdità che si vuole dapprima costruire un nuovo ospedale secondo l’organizzazione multisito; e poi agli inizi degli anni 2030, se la politica vorrà, affrontare la discussione a sapere se vogliamo passare dal concetto multisito a quello dell’ospedale unico». A questo punto Marco Noi ritiene «evidente» che una discussione del genere debba avvenire «prima di costruire qualsivoglia nuova struttura ospedaliera. Perché se si dovesse effettivamente ragionare sulla centralizzazione delle specializzazioni in un unico ospedale cantonale con attorno delle strutture d’appoggio per cure acute di minore intensità e riabilitative, si aprirebbero nuove prospettive e riflessioni sulla collocazione dell’ospedale unico. E il Sopraceneri, con la Saleggina, potrebbe anche non essere il luogo più adeguato. Non è più tempo di nascondersi, né di temporeggiare».