Il gruppo francese ha investito nel mondo e anche in Ticino nel settore delle batterie. Decisivi i prossimi due anni. I timori dei sindacati Ocst e Unia
È da ricondurre alla stagnazione su scala mondiale del mercato dei veicoli elettrici la nuova tornata di licenziamenti annunciata stamane dai vertici di Imerys Graphite & Carbon Switzerland Sa e che andrà a colpire 25 persone – soprattutto amministrativi e progettazione – impiegate equamente nello stabilimento produttivo di Bodio e in quello di Bironico dove ha sede il quartier generale. Tagli che si aggiungono alla ventina del 2023 (sei a inizio anno e 13 in dicembre) e ai quattordici operati nel 2018.
L’auto elettrica insomma stenta a decollare – o meglio richiederà più anni del previsto per farlo, almeno due o tre – e Imerys ne paga le conseguenze avendo investito svariati milioni nella produzione di batterie nei suoi stabilimenti in Francia (casa madre), Belgio, Canada, Giappone, Cina (nuovo, fermo da settimane) e anche nel sito della Bassa Leventina. Tanto che in due soli anni il fatturato in Ticino si è dimezzato passando dai 119 milioni del 2022, ai 93 del 2023, ai 61 previsti entro fine 2024.
Un calo – secondo i sindacati Ocst e Unia intervenuti stamane all’incontro informativo indetto dalla direzione a Bironico – figlio in parte dell’aumento del costo della corrente (lo stabilimento di Bodio è uno dei maggiori consumatori di energia elettrica del Ticino) e soprattutto di una strategia sbagliata «che purtroppo finisce per ripercuotersi sulla forza lavoro». Il gruppo francese in Ticino conta 227 dipendenti, di cui 123 fra dirigenti, amministrativi e ingegneri e 104 produttivi, compresi sei apprendisti. La stragrande maggioranza, ossia 196 persone che corrispondono all'86% del totale, è domiciliata in Ticino; gli altri sono frontalieri o dirigenti esteri.
«Anche un solo licenziamento, è un licenziamento di troppo, indipendentemente che si tratti o meno di una persona domiciliata. Nel caso specifico la preoccupazione però cresce considerando che la gran parte dei dipendenti Imerys risiede in Ticino, specialmente nelle Tre Valli storicamente alle prese purtroppo con difficoltà occupazionali, nonostante il forte impegno, messo in campo a tutti i livelli, a portare anche lì nuove ditte e imprese». Il sindacalista Ocst Claudio Isabella, responsabile della sede di Biasca, ha appreso oggi dai dirigenti di Imerys i motivi della misura drastica. Il lavoro di assistenza, nell’arco dei prossimi 18 giorni dedicati per legge alla consultazione, sarà condiviso con i colleghi di Unia e le due Commissioni interne del personale, quella degli amministrativi e quella dei produttivi. «Faremo il possibile per assicurare il posto al maggior numero di collaboratori», evidenzia Isabella. A breve e medio termine lo strumento del lavoro ridotto dovrebbe contribuire a tamponare parzialmente l’emorragia: «Il resto speriamo lo faccia la strategia del gruppo sul piano internazionale. Dando erroneamente la colpa alla sfortuna, i dirigenti hanno comunicato di confidare, entro due anni, in una ripresa e stabilizzazione del mercato dei veicoli elettrici, così da ridare slancio e far fruttare in ottica futura gli importanti investimenti già fatti da Imerys nel settore delle batterie per la trazione nel quale il gruppo pensava di riuscire a entrare in modo preponderante. I problemi sono sì macroeconomici, ma è un dato di fatto che i vertici abbiano un po’ messo da parte, ritenendo minore il suo valore aggiunto, il pur sempre solido ‘core business’ rappresentato fino a qualche tempo fa dalla grafite per l’elettronica e i freni dei veicoli».
«Da giorni a Biasca non si parla d’altro e la preoccupazione fra la gente è evidente», commenta dal canto suo il sindacalista Unia Gianluca Bianchi concordando sul fatto che il problema sia da ricondurre a una strategia sbilanciata a favore dell’automotive e a scapito della produzione classica: «La notizia odierna non è stata per noi una sorpresa. I segnali c’erano tutti. Infatti a Bodio da tempo i volumi di lavoro non stavano aumentando come previsto. Ora ci dicono che i progetti sono fermi in attesa che l’automotive riprenda su scala mondiale. Peccato che parimenti Imerys non abbia più investito nei suoi prodotti classici, che sul mercato hanno un andamento abbastanza stabile, a differenza delle auto». La direzione ha dal canto suo spiegato di voler per il momento rinunciare alla parte lavorativa dedicata a progettazione e amministrazione, colpendo meno quella produttiva, «con l’obiettivo di essere pronti e competitivi sul mercato quando il mercato ripartirà».
Secondo Bianchi l’iter annunciato per i prossimi 18 giorni presenta due problemi: «Anzitutto la direzione ha comunicato che questo venerdì incontrerà per prime le due commissioni del personale senza i sindacati. Così prevede la convenzione siglata a suo tempo fra le parti. Per contro, vista la delicatezza del momento, noi chiediamo di essere coinvolti sin da subito e di ricevere i dettagli in tempi brevi. In tal senso sarà il personale, con una votazione interna, a decidere. Non ci piace nemmeno che la direzione voglia dapprima licenziare e solo successivamente chiedere il lavoro ridotto. A nostro avviso, proprio nell’ottica di una ripresa prevista entro due o tre anni, meglio sarebbe procedere da subito col lavoro ridotto. In tal senso confidiamo che le autorità cantonali preposte a decidere comprendano la particolarità regionale del problema. L’obiettivo è uno solo: riuscire a evitare licenziamenti».