Lodrino: il ricordo del sindacalista Unia Igor Cima e del direttore del gruppo edile Emilio Cristina
«Un signor imprenditore con la ‘S’ e con la ‘I’ maiuscole». «Con la sua ditta si riusciva sempre a trovare una soluzione, a differenza di altre». Due frasi che descrivono bene lo spessore di Ennio Ferrari, impresario e imprenditore morto oggi all’età di 98 anni nella sua casa di Lodrino, accudito dai familiari. A pronunciarle il direttore della ditta, Emilio Cristina, e il sindacalista di Unia, Igor Cima, che è anche municipale di Riviera, comune sede della principale impresa edile del Ticino con quasi 300 dipendenti e altri circa 300 impiegati nelle ditte affiliate. Lavori ferroviari e stradali, genio civile, edilizia classica: molteplici gli ambiti di attività. Rimasto vedovo nel 2019 della moglie Gabriella conosciuta quando erano poco più che ragazzi, quell’anno aveva passato le redini del gruppo nelle mani dei figli Massimo e Nicola, da allora co-titolari. Generoso con le persone e col territorio: nel 2011 – per celebrare il sessantesimo della ditta fondata nel 1949 appena 23enne dopo aver lavorato come posatore di binari – aveva costruito e donato al Comune di Lodrino una cappella votiva dedicata a San Gottardo e a Santa Barbara. Credente e devoto, nel corso degli anni la sua grande passione per la fotografia, arte appresa da autodidatta, era sfociata in diverse mostre, pubblicazioni e vendite il cui ricavato andava sempre in beneficenza, a favore di varie istituzioni, spesso religiose. L’ultima volta, nel 2021, a beneficiarne era stato il Monastero di Claro.
«Lavoro alle sue dipendenze da 40 anni – ci spiega Emilio Cristina – e in tutto questo tempo non ho mai sentito da lui una parola fuori posto, mai un tono sopra le righe, anche quando le questioni su cui si discuteva erano spinose. Educato, cordiale e disponibile con tutti. Rispettoso di ciascuno, dal singolo operaio ai dirigenti. Prima venivano i suoi collaboratori, poi lui. Una persona squisitissima. Certo aveva ferme convinzioni, era molto determinato, faceva valere le sue ragioni, si faceva rispettare, ma aveva coltivato un’ottima attitudine al compromesso che lo avvantaggiava in ogni situazione. Poche parole e al posto giusto: si capiva al volo ciò che desiderava si facesse e quali indirizzi si dovevano prendere. Un datore di lavoro mosso da una grandissima dedizione in ciò che faceva e che ha indubbiamente lasciato un segno positivo nel Ticino imprenditoriale». E poi l’attenzione per i dettagli, prosegue Emilio Cristina: «Fino all’ultimo! Ancora verso Pasqua e nelle scorse settimane è stato accompagnato in ditta per dare un saluto. Voleva vederci e si è interessato di come stessimo, di come andava il lavoro, se c’erano problemi. Ci ha incoraggiati e spronati a fare bene». Dal profilo umano «sempre disponibile, affabile. E molto generoso: se poteva aiutava».
In ambito sindacale l’opinione è condivisa: se le imprese edili fossero tutte come la Ennio Ferrari, le cose andrebbero meglio per tutti. Igor Cima conferma: «I rapporti con la direzione della principale azienda del Ticino sono sempre stati buoni. Non ho mai trattato con lui direttamente, ma con i suoi dirigenti si è sempre potuto impostare discussioni in modo costruttivo. Durante i miei primi anni da sindacalista ho lavorato a stretto contatto con i suoi dipendenti, i quali assicuravano di avere con lui buoni rapporti, a tal punto da nutrire nei suoi confronti stima e grande rispetto. La cosa, mi veniva spiegato, era reciproca: s’interessava spesso dei suoi operai, andava a trovarli, chiedeva. Un’attitudine che traspariva nel concreto dalle soluzioni che di volta in volta riuscivamo a trovare insieme alla direzione per quei collaboratori magari un po’ in difficoltà per via della salute, l’avanzare dell’età e l’avvicinarsi della pensione».
Foto catt.ch
Ennio Ferrari al centro dell’immagine mentre dona un contributo per il restauro del monastero di Claro
Ennio Ferrari aveva anche le sue, di regole: nonostante l’età avanzata circolava comunque in automobile, anche quando negli anni recenti gli era stata temporaneamente revocata la patente. Le sue ‘scorribande’ di un giorno nelle valli superiori non di rado erano motivate dalla passione per la fotografia. Si narra che una sera i familiari, preoccupati non vedendolo rientrare a tarda ora, si erano allacciati al sistema Gps che avevano installato sulla sua vettura per seguirne i movimenti e sensibilizzarlo, all’occorrenza, sulla necessità di non esagerare con le ore di guida e le distanze. Ebbene la meta, quel giorno, era stato il Passo dello Julier. Una via turistica decisamente non dietro l’angolo, impegnativa e di solito ben transitata, dove l’occhio fotografico di un impresario mai stanco e mai realmente pensionatosi sapeva probabilmente cogliere l’essenziale della vita.