Piano di Magadino, il Cantone ha istituito una Zona di pianificazione con l’obiettivo di verificare quali zone siano meglio sfruttabili e quali no
Eseguire uno studio per stabilire quali aree agricole all’interno del Parco del Piano di Magadino sono più adatte, e quali no, a uno sfruttamento viticolo di qualità. Per riuscirci, il Dipartimento del territorio ha istituito una Zona di pianificazione cantonale (Zp) che per la durata di cinque anni, prorogabili, vieta da subito l’impianto di nuovi vigneti e l’ampliamento di quelli già presenti. Vigneti di pianura che in dieci anni, dall’avvento del Piano di utilizzazione cantonale (Puc) del Parco del Piano votato dal Gran Consiglio nel 2014, hanno raddoppiato la loro estensione passando da 8’300 a 17mila metri quadrati. Una cifra che pare essere ragguardevole, ma che si ridimensiona se si considera che 17 ettari corrispondono all’1,2% dei 1’400 ettari di superfici agricole presenti nel Parco, che di ettari complessivi ne conta 2’350.
Ulteriori impianti – motiva il Cantone nella documentazione posta in consultazione pubblica fino al 7 maggio – rischierebbero di intralciare e compromettere la realizzazione degli obiettivi individuati e volti, come detto, ad assicurare una viticoltura con buoni standard qualitativi. La Zp – che il Dt definisce come “provvedimento di salvaguardia adeguato alla circostanza” – è impugnabile con ricorso al Tribunale amministrativo cantonale da parte dei Comuni coinvolti nel Parco (Bellinzona, Locarno e quelli in mezzo), da cittadini attivi negli stessi e da ogni persona o ente che dimostri un interesse degno di protezione. Peraltro, ogni intervento su vigneti esistenti dovrà essere “approvato dal Municipio di riferimento col consenso dell’Autorità cantonale competente”.
A qualcuno la Zp e i suoi divieti potrebbero apparire come una limitazione imposta dall’alto. Non in casa Federviti (la Federazione dei viticoltori della Svizzera italiana) il cui presidente Davide Cadenazzi, interpellato da ‘laRegione’, a titolo personale approva l’iniziativa del Cantone «se orientata a una verifica della situazione generale in ottica futura e qualitativa»; a ogni modo il tema è noto – quello della forte espansione dei vigneti di pianura, preferiti spesso a quelli di collina per la maggior facilità di lavoro – e Cadenazzi ne discuterà con i colleghi di comitato verso metà aprile.
Il Puc – premette il Dt nella documentazione consultabile – è lo strumento pianificatorio che stabilisce scopo, luogo e misura dell’utilizzo ammissibile del suolo per aree d’interesse cantonale o sovracomunale. Un tema annoso, e che negli ultimi anni ha già fatto versare parecchio inchiostro, è appunto quello dei vigneti la cui avanzata in pianura erode terreno all’agricoltura classica. Con risultati che puntualmente suscitano perplessità in merito alla qualità. Infatti il Puc del Parco “non distinguendo in alcun modo le superfici agricole più adatte a uno sfruttamento viticolo da quelle che lo sono meno, non permette di assicurare la qualità della produzione in questo settore conformemente a quanto previsto dall’Ordinanza sul vino del 14 novembre 2007”. Vista l’assenza di disposizioni in tal senso, sottolinea il Dt, “si fa pertanto strada il timore che il Parco si orienti sempre più a una produzione viticola che non tiene conto dell’idoneità delle superfici coinvolte”. Questo “a scapito della qualità della produzione stessa, ma anche di altre produzioni che garantiscono l’approvvigionamento alimentare”.
Per ovviare, la Sezione dell’agricoltura, attiva in seno al Dipartimento finanze ed economia, “intende dare avvio a uno studio che permetta di identificare, sulla base di elementi e criteri oggettivi, le superfici agricole maggiormente idonee per la realizzazione di impianti viticoli, garantendo così la qualità della produzione viticola e una diversificazione della produzione agricola, a tutela della foraggicoltura così come di altri tipi di sfruttamento agricolo di suoli pregiati nel ‘granaio’ del Ticino”. Una primizia che potrebbe essere replicata in altre zone del cantone. Il Dt spiega infatti che questa modalità di lavoro “potrà fungere da studio pilota ed essere estesa anche in altri comparti del fondovalle che presentano analogie sia per quel che concerne la qualità della produzione viticola, sia per quanto riguarda la concorrenza con altre produzioni agroalimentari”. L’esito dello studio potrebbe in definitiva sfociare in una modifica delle disposizioni del Puc del Parco del Piano che regolano le attività nella zona agricola.
In linea generale, la Zp è lo strumento previsto nel caso in cui i piani mancano o devono essere modificati, oppure in caso di problemi riguardo all’uso del territorio o conflitti con principi pianificatori. Nel caso specifico comprende l’intero Parco “sebbene non tutte le superfici che lo compongono sono interessate dagli effetti della misura di salvaguardia. Questo per economicità procedurale; in alternativa bisognerebbe differenziare tutte le superfici attribuite alla zona agricola da quelle che non lo sono e identificare le diverse attività/idoneità delle stesse”. Da notare, per concludere, che i vigneti possono anche essere autorizzati in zone non agricole, ma attualmente “non siamo a conoscenza che siano stati impiantati vigneti nel Parco del Piano di Magadino in aree non agricole”, assicura la Sezione dell’agricoltura.