Dopo le prime reticenze e dopo il no alla domanda di costruzione preliminare, Zali e il Cantone mostrano oggi più apertura verso tali progetti
Attendere fiduciosi sperando che giri il vento. È la strategia adottata in queste settimane dai promotori – Società elettrica sopracenerina, cui si è affiancata strada facendo un’interessata Azienda elettrica ticinese – dell’impianto fotovoltaico bleniese previsto ai 2’000 metri di quota del Pian Nara. Attendere alla luce del rifiuto cantonale pronunciato in estate (vedi ‘laRegione’ del 22 agosto) nei confronti della domanda di costruzione preliminare per la posa di un’infrastruttura test 35 volte più piccola della grandezza minima richiesta dalla Confederazione per concedere un sussidio fino a un massimo del 60% dell’investimento necessario pari, nel caso specifico, a 50-60 milioni. Fase test di 3’500 metri quadrati e una produzione annua di 350 megawattora, anziché i richiesti 120’000 metri quadrati e almeno 10 gigawattora annui entro fine 2025.
Attendere, dicevamo, perché Ses e Aet confidano in un ravvedimento del Consiglio di Stato, il cui ‘no’ espresso alla domanda preliminare poggia su un fatto solo: non si vuole permettere la posa di un impianto test di dimensioni ridotte – ma comunque ragguardevoli con i suoi 3’500 metri quadrati e un costo di 1,5 milioni non sussidiato –, il quale, se non dovesse dare l’atteso riscontro tecnico, rischia poi di rimanere sul posto inutilizzato. Detto altrimenti, un eco-mostro di difficile rimozione, sebbene i promotori assicurino lo smantellamento in caso d’insuccesso. Attendere, anche, perché nel frattempo le iniziali dichiarazioni scettiche nei confronti dei parchi solari alpini rilasciateci il 29 marzo dal direttore del Dipartimento del territorio, Claudio Zali, si sono tramutate in nuove dichiarazioni, fatte questa volta ad altri media, le quali mostrano un atteggiamento dipartimentale e governativo di maggiore apertura. Specialmente perché è soprattutto la Confederazione, in materia, a dettar legge. Ed è proprio di fronte a questo vento di maggior apertura che la Ses ha deciso, in accordo con Aet – stando a nostre informazioni –, di attendere che il Cantone sia disponibile nei confronti di un progetto al Nara, sempre di dimensioni contenute, per l’esecuzione di test ritenuti di fondamentale importanza prima di procedere con un impianto di vastissime dimensioni. Ses e Aet ritengono infatti che procedere ora con una domanda di costruzione effettiva, in assenza di un accordo del Cantone, faciliterebbe l’azione degli eventuali oppositori.
Gli aiuti della Confederazione, ricordiamo, mirano a incentivare lo sfruttamento delle energie rinnovabili in Svizzera. Aiuti fissati un anno fa dalle Camere federali nell’ottica di garantire un approvvigionamento elettrico più sicuro specialmente in inverno, aprendo la via dell’autorizzazione semplificata, detta anche Solarexpress, prevista fino a un massimo di 2 terawattora complessivi annui su scala nazionale. Aiuti che verranno elargiti solo agli impianti che risulteranno funzionanti entro fine 2025. Ciò che rappresenta un’ardua sfida temporale per Ses e Aet, come pure per la società S’Rok dell’imprenditore di Bironico Rocco Cattaneo, l’unica finora in Ticino a ottenere l’ok preliminare dal Cantone per un impianto completo sulle pendici del Tamaro, ai circa 2’000 metri dell’Alpe Duragno in territorio di Mezzovico-Vira, con un investimento di quasi 40 milioni di franchi. Oltre alla Ses, ricordiamo, anche l’imprenditore Giovanni Frapolli si è visto bocciare la domanda preliminare per un fotovoltaico a Bosco Gurin.
Sei mesi fa Claudio Zali si era detto possibilista ma molto prudente. Citando il Piano energetico e climatico cantonale (Pecc), sul nostro giornale aveva evidenziato che in Ticino il fotovoltaico «è gestibile all’interno delle zone edificabili, sfruttando soprattutto gli edifici di grandi dimensioni, specialmente quelli industriali. Il potenziale calcolato basta e avanza» senza intaccare zone prealpine di pregio paesaggistico e naturale. Detto altrimenti, chiariva, «il nostro orientamento è quello di non forzare conflitti fra le esigenze energetiche e il paesaggio montano». Di fronte al fatto che le autorità bleniesi considerano la proposta Ses un’interessante opportunità, Zali replicava che «questo è vero, ma secondo me è opportuno iniziare a dotare di fotovoltaico le zone edificabili già predisposte, il cui potenziale è più facilmente sfruttabile. Sebbene non vincolino la domanda di costruzione preliminare, le nostre riflessioni vanno dunque in un’altra direzione».
In recenti dichiarazioni rilasciate alla Rsi il capo del Territorio ha detto che l’orientamento del Cantone e l’indicazione che dà il Pecc rimangono quelle inizialmente indicate al nostro giornale: «La Confederazione, però, ha stabilito delle norme di eccezione, un diritto superiore che siamo tenuti a rispettare. E se c’è la possibilità di portare un grande investimento in Ticino, sovvenzionato al 60% dalla Confederazione, il Cantone evidentemente non si chiama fuori ma si mette a disposizione di promotori che abbiano la consistenza e la solidità per portare avanti un progetto adeguato».
Con altre sfumature le dichiarazioni rilasciate sempre recentemente al ‘Corriere del Ticino’ sui parchi solari alpini: «Noi siamo tendenzialmente favorevoli, consapevoli però che possono esistere conflitti con talune zone particolarmente meritevoli di protezione per la flora, la fauna o l’aspetto paesaggistico. Quindi siamo non incondizionatamente favorevoli, ma tendenzialmente favorevoli e, ovviamente, anche il Pecc ha un interesse a una grande produzione di energia fotovoltaica, specie se è garantito un potenziale anche in inverno». Dal profilo procedurale, Zali ha poi ricordato che «si disponeva già di un quadro moderno come il Piano cantonale con autorizzazione a costruire. Su questo istituto abbiamo adottato le norme di regolamento calzanti al tema del fotovoltaico alpino, ritenuto l’imperativo della Confederazione di fare in fretta e quindi di accelerare e snellire le procedure».