Pollice verso alla domanda di costruzione preliminare informativa presentata dalla Sopracenerina. Aet interessata a cofinanziare
In primavera la strada si era presentata sin dalle prime battute in salita. E il risultato scaturito nei giorni scorsi conferma l’approccio molto critico del Cantone. Niente da fare infatti per la domanda di costruzione preliminare informativa inoltrata lo scorso marzo dalla Società elettrica sopracenerina (Ses) di Locarno per la posa ai 2000 metri di quota di Pian Nara, nella media Val di Blenio, di un impianto fotovoltaico pilota pensato per testare la tecnologia in alta montagna. Il tutto accompagnato da uno studio d’impatto ambientale fatto elaborare dalla Ses medesima e perciò positivo. Prevista su 3’500 metri quadrati una produzione di 300/400 megawattora annui investendo 1,5 milioni di franchi. Il tutto nell’ottica – qualora le prove avessero dato esito positivo – di realizzare un vero e proprio parco solare alpino 35 volte più grande e potente. Parco che nella medesima zona occuperebbe 120’000 metri quadrati per poter raggiungere il livello di produttività minimo richiesto dalla Confederazione – 10 gigawattora annui entro fine 2025 – per beneficiare di aiuti federali fino al 60% dell’investimento che nel caso specifico ammonterebbe a 50-60 milioni. Aiuti, ricordiamo, fissati lo scorso autunno dalle Camere federali nell’ottica di garantire un approvvigionamento elettrico più sicuro specialmente in inverno aprendo la via dell’autorizzazione semplificata prevista fino a un massimo di 2 terawattora annui su scala nazionale.
Suggerito alla Sopracenerina dal Patriziato di Prugiasco proprietario dei terreni e giudicato positivamente dal Municipio di Acquarossa considerando anche la presenza in zona della linea elettrica a media tensione di 16 kV e che la corrente prodotta potrebbe venire usata a chilometro zero dalla stazione sciistica, il progetto pilota – anticipa oggi la Ses alla ‘Regione’ – non ha trovato il benestare dei vari uffici cantonali preposti a valutare la documentazione trasmessa loro dal Comune per competenza. Come pubblicato il 15 maggio, già durante un incontro avuto in quel periodo dalla Ses col Dipartimento del territorio, i 15 funzionari cantonali presenti avevano esposto tutte le criticità, ora ribadite e confermate. Per esempio, ritenendo l’impianto pilota troppo grande, e temendo che in caso d’insuccesso sarebbe stato lasciato sul posto generando un inaccettabile sfregio paesaggistico, il Dt si era detto pronto a entrare in materia qualora la fase test fosse stata ridotta a 10 kilowattora annui (l’impianto di una piccola abitazione). Troppo pochi – aveva replicato Ses assicurando peraltro lo smontaggio dei pannelli in caso d’insuccesso – perché la fase test è stata pensata per mettere alla prova su larga scala differenti metodi di fissaggio al terreno in ambienti estremi durante l’inverno e il conseguente rischio rottura dei cavalletti di sostegno e dei pannelli. Più tutta una serie di parametri tecnici come l’esposizione verso il sole, il riflesso della neve (sempre che ce ne sia a sufficienza) e la reale efficienza dei pannelli bifacciali pensati per produrre più corrente proprio sfruttando la luce riflessa.
Ora, non è dato sapere quali siano con esattezza le varie criticità messe nero su bianco dal Cantone. Ses e consigliere di Stato Claudio Zali, interpellati dalla redazione, non hanno voluto specificare i dettagli. Il direttore del Dt a ogni modo si era già esposto il 29 marzo spiegandoci che in base al Piano energetico cantonale (Pec) del 2013 il fotovoltaico «è gestibile all’interno delle zone edificabili, sfruttando soprattutto gli edifici di grandi dimensioni, specialmente quelli industriali. Tutt’oggi basta e avanza il potenziale calcolato dieci anni fa». Nel Pec viene specificato che l’obiettivo è l’installazione di impianti fotovoltaici occupando 250 ettari: “Dal punto di vista della disponibilità di superficie, l’obiettivo risulta quindi fattibile senza intaccare aree non edificate, in coerenza con gli obiettivi di contenimento del consumo di suolo delineati dal Piano direttore cantonale”. Perciò, aggiungeva Zali guardando proprio al Nara o ad altri progetti simili che potrebbero venire sviluppati da società elettriche o privati (vedi l’imprenditore Rocco Cattaneo che ne propone uno sulle pendici del Tamaro la cui domanda di costruzione preliminare si trova al Dt da fine luglio), «il nostro orientamento è quello di non forzare conflitti fra le esigenze energetiche e il paesaggio montano. Secondo me è opportuno iniziare a dotare di fotovoltaico le zone edificabili già predisposte, il cui potenziale è più facilmente sfruttabile. Sebbene non vincolino la domanda di costruzione preliminare, le nostre riflessioni vanno dunque in un’altra direzione». Detto, fatto.
Ora Ses ci fa sapere che valuterà il da farsi insieme, peraltro, all’Azienda elettrica ticinese (Aet) sua azionista al 30% e al Cantone che di Aet è azionista al 100%. Atteso è inoltre il risultato della mappatura avviata dal Cantone stesso per individuare eventuali zone alpine adeguate ad accogliere parchi solari. «Le valutazioni negative ricevute recentemente – specifica il portavoce Ses Lorenzo Franscioni – saranno utili negli approfondimenti in corso per un impianto di 10 gigawattora». Interessante la posizione che potrà o non potrà assumere Aet, stretta fra l’interesse espresso verso un cofinanziamento del maxi impianto e le reticenze cantonali. «Attendiamo un’indicazione chiara dal governo», dichiara il direttore Aet Roberto Pronini: «Se sarà negativa, per noi il discorso si chiude qui. Molto dipenderà anche dalla sostenibilità economica dell’impianto. Siamo insomma interessati, ma non a tutti i costi». In tal senso «va seriamente considerato il fatto che la Confederazione rilascerà i sussidi previsti solo dopo aver verificato la reale produzione energetica. Se non raggiungerà i livelli calcolati, si corre il rischio di ricevere meno o niente del tutto».