Le strutture ospedaliere sono sotto forte pressione per la concomitanza di Covid, influenza stagionale e bronchiolite. Il punto col dottor Lepori (Eoc)
È una triplice epidemia – composta da Covid, influenza stagionale e bronchiolite – quella in corso alle nostre latitudini e che sta provocando un’intensa pressione sulle strutture sanitarie, in particolar modo sui servizi di Pronto soccorso che si trovano a lavorare a un regime del 70-80% superiore rispetto a quello normale. «Il consiglio che mi sento di dare a chi ha sintomi non troppo gravi di qualsiasi natura è di cercare, nella misura del possibile, di rivolgersi al medico curante, al suo sostituto o al picchetto medico prima di fare ricorso al Pronto soccorso. Anche perché i tempi di attesa rischiano di essere in certi momenti davvero lunghi».
L’appello viene dal vicecapo Area medica dell’Ente ospedaliero cantonale (Eoc), dottor Mattia Lepori, che per dare un’idea della situazione illustra come i quattro servizi di Pronto soccorso dell’Eoc, che fanno in media 10mila consultazioni al mese, solamente dal 1º dicembre a ora ne hanno eseguite già a oltre 17mila. «Anche se abbiamo potenziato il personale, questo sovraccarico evidentemente provoca dei disagi ai pazienti in condizioni meno urgenti che potrebbero dover aspettare anche alcune ore prima di venir visitati». Un quadro, questo, dettato oltre che dalla concomitanza delle tre infezioni, anche dal fatto che numerosi studi medici sono chiusi durante il periodo delle festività.
Un intenso carico – ripercorre Lepori – si è avuto inizialmente nelle scorse settimane sui reparti di pediatria a causa delle bronchioliti che colpiscono l’apparato respiratorio dei bambini piccoli: «Quest’anno sono state particolarmente numerose e particolarmente aggressive. I tassi di occupazione in pediatria hanno sfiorato il 100% a più riprese, e a volte lo hanno perfino superato, con la necessità di ricoverare i bambini un po’ più grandi in reparti abitualmente dedicati agli adulti. Ora però sembrerebbe che il numero di contagi da Rsv (il virus che provoca le bronchioliti, ndr) sia in diminuzione».
C’è poi il coronavirus che continua a presentare il conto. «Attualmente abbiamo un centinaio di pazienti ricoverati in Ticino a causa del Covid. Da qui alla fine dell’anno si arriverà a un totale di 5mila nel solo 2022, che è una cifra davvero importante e ben superiore ai ricoveri per l’influenza, sia pre-pandemia che di quest’anno. Chi fa un’equivalenza tra il Covid e l’influenza – tiene a rimarcare Lepori – non si rende conto che durate un anno normale ricoveriamo dai 250 ai 300 pazienti per influenza. Mentre quest’anno il Covid, ripeto, farà 5mila ospedalizzazioni». Si tratta quindi di un fattore che continua a generare una certa pressione anche se negli ultimi giorni il numero di degenti nelle strutture sanitarie sta conoscendo una diminuzione. Sicuramente in fase molto attiva è per contro l’influenza stagionale, che «tuttavia ha un impatto ancora piuttosto moderato sugli ospedali. Il numero dei ricoverati dall’inizio di questa epidemia si situa intorno ai 150», illustra il vicecapo Area medica dell’Eoc.
La difficoltà maggiore del momento è legata al fatto che tutti questi tipi di pazienti (quelli con la bronchiolite, quelli con il Covid e quelli con l’influenza) «necessitano di essere isolati in maniera protettiva – evidenzia Lepori –. Questo da un lato genera un lavoro supplementare rispetto alle cure abituali perché il personale deve munirsi dei dispositivi di protezione e cambiarsi ogni volta che entra ed esce da una stanza. Ma soprattutto dall’altro lato non ci permette di sfruttare a pieno le capacità di accoglienza dell’ospedale perché nelle camere da tre o da quattro posti non possiamo ricoverare insieme dei pazienti infetti con altri che non lo sono».
Una situazione quindi difficile, anche se non davvero eccezionale: «Vero. È forse più critica rispetto a quella degli inverni pre-pandemia, ma questo periodo dell’anno è comunque sempre stato più intenso, soprattutto per il Pronto soccorso ma anche per i reparti di degenza». D’altro canto, e anche questo è abituale, la pressione sui reparti di chirurgia risulta ora minore: «Gli interventi programmabili in genere non avvengono nel periodo tra Natale e Capodanno visto che comprensibilmente di solito i pazienti che possono aspettare evitano di farsi operare durante le feste. Questo è un vantaggio perché ci consente di ricoverare nei reparti di chirurgia dei pazienti che ordinariamente dovrebbero essere curati nei reparti di medicina». Insomma, bisogna far prova di grande flessibilità in questo momento.
Volgendo uno sguardo all’orizzonte, «la bronchiolite sembra essersi stabilizzata – osserva Lepori –. Per quel che concerne invece l’influenza, se l’epidemia continua a comportarsi come si comporta normalmente, vedremo una crescita ancora nei prossimi 10-15 giorni e poi dovremmo assistere a una diminuzione. Per contro, il picco di Covid di questa ennesima ondata è stato immediatamente prima di Natale e adesso le cifre mostrano un leggero calo. Però a medio termine il suo andamento è imprevedibile. Se guardiamo a quanto successo quest’anno, con delle ondate anche durante l’estate, è impossibile anticipare cosa succederà nei prossimi mesi».
Alla domanda se rimanga valido l’invito a testarsi, Lepori risponde che c’è un guaio, ovvero che «dal 1º gennaio sarà molto più difficile raccomandare alle persone di farlo perché la Confederazione non rimborserà più i test e questo è un grosso problema. Anche perché all’inizio dell’anno abbiamo tutti la franchigia azzerata quindi i costi a cui far fronte di tasca propria saranno un deterrente. La conseguenza è che l’indicatore dei contagi verrà meno e sarà molto più difficile monitorare la situazione. Il suggerimento che continuo a dare a chi accusa dei sintomi respiratori è quello di non avere dei contatti troppo importanti con altre persone».