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Accudimento all’asilo, quando la scuola risponde ‘no’

La vicenda di due genitori il cui figlio frequenta la Scuola dell'Infanzia di Lumino. Fra ordinanze federali e cantonali e spazi di manovra comunali

(Ti-Press)
15 giugno 2020
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Nel bilancio di cosa sia andato bene o male durante la pandemia rientra anche l’accudimento degli allievi delle scuole dell’obbligo, servizio riconosciuto ai genitori impossibilitati per vari motivi a gestire i figli a casa. Un servizio apprezzato sin dall’inizio dell’emergenza e protrattosi anche dopo l’11 maggio quando l’insegnamento in presenza è ripreso in modo parziale (due giornate per allievo a settimana) comportando per non pochi genitori, tornati al lavoro nel post-lockdown, una certa difficoltà a occuparsi dei bambini, specie quelli più piccoli, quando questi sono a casa da scuola. «Vi sono Comuni - spiega alla ‘Regione’ Rezio Sisini, capo Sezione scuole comunali al Decs - dove l’ispettorato scolastico è stato chiamato a mediare situazioni riuscendo a individuare, in collaborazione con gli Istituti locali e le famiglie, soluzioni di accudimento tenute in sospeso» per più motivi legati sia alle situazioni personali, sia alla reale capacità degli istituti di assecondare le richieste. In un caso, segnalato al nostro giornale e per il quale non è stato sollecitato l’ispettorato, quanto accaduto lascia l’amaro in bocca ai genitori. Il cui figlio iscritto alla Scuola dell’infanzia di Lumino non ha potuto usufruire del servizio, previsto a precise condizioni dalle disposizioni emanate da Confederazione e Cantone; disposizioni che hanno lasciato ai Comuni margini di manovra.

La comunicazione del direttore

Tutto ha inizio dalla lettera, inviata il 5 maggio a tutti i genitori, nella quale il direttore dell’Istituto scolastico comunale spiegava, fra le altre cose, che dall’11 maggio “il servizio di accudimento è previsto unicamente per i ragazzi delle scuole elementari con le modalità precedenti (segnalazione attraverso il formulario di richiesta, scaricabile dalla piattaforma o disponibile in direzione). La frequenza/non frequenza, per i bambini della Scuola dell’infanzia, NON prevede accudimenti da parte dell’Istituto scolastico”. Le maiuscole sono del direttore, la cui lettera seguiva di un giorno (senza però farvi riferimento) le direttive Decs sull’accudimento. Un taglio comunicativo netto che ha scontentato i due genitori. I quali il 13 maggio hanno scritto al direttore evidenziando le loro difficoltà a tenere il figlio nelle quattro mezze giornate non scolastiche, difficoltà dettate sia da motivi professionali, sia per l’impossibilità di delegare il compito ai nonni ritenuti a rischio poiché anziani. Qualche volta la madre ha potuto portare con sé il figlioletto al lavoro, ma in una situazione non ideale. Nella stessa e-mail i genitori suggerivano lo svolgimento di un sondaggio fra i genitori con figli iscritti all’asilo, considerato che l’11 maggio, visto anche il carattere facoltativo del rientro, non tutti i bambini erano rientrati all’asilo. Obiettivo del sondaggio, verificare l’organizzazione familiare ed evidenziare altri eventuali bisogni di accudimento. «Il nostro dubbio sostenuto dalle conoscenze in paese - riferiscono alla redazione i due genitori - è che non fossimo gli unici a sollecitare tale servizio».

L'invito a rivolgersi ad altri servizi attivi sul territorio

In risposta il direttore Efrem Pedrazzi ha spiegato loro via e-mail di aver dovuto filtrare, nelle settimane precedenti, “davvero molte” considerazioni e osservazioni simili a quelle espresse dai due genitori e riguardanti possibili adeguamenti della presenza dei bambini a scuola. “Municipio e Direzione - proseguiva il direttore nella e-mail - hanno seguito scrupolosamente le direttive cantonali in materia di modalità di riapertura, di frequenza facoltativa o meno e di accudimento”. Fra queste direttive, proseguiva l’e-mail, “le ultime non prevedevano refezione e accudimento per la Scuola dell’infanzia se non in presenza di numeri importanti (grosse sedi scolastiche o situazioni vulnerabili certificate)”. Nelle disposizioni cantonali del 4 maggio, tuttavia, non si accenna alla questione delle sedi grandi o piccole. A ogni modo il direttore concludeva: “Capirete che, malgrado una certa autonomia comunale, nel nostro contesto non avremmo comunque avuto i termini per una negoziazione ragionevole”. Da qui l’invito a far capo a centri extrascolastici pubblici e privati presenti sul territorio.

Berna incarica i Cantoni, il Decs sollecita le famiglie

Una forzatura? In materia di accudimento Berna ha richiamato i Cantoni a un impegno preciso: nell’ordinanza per la fase di transizione 2 aggiornata il 29 aprile e prevista dall’11 maggio, il Consiglio federale scriveva infatti che “se non si svolge alcun insegnamento presenziale, i Cantoni mettono a disposizione un’offerta adeguata di servizi di custodia parascolastica”. Un chiaro invito ai Cantoni, dunque. Dal canto suo il Decs nella direttiva del 4 maggio, relativa all’accudimento a decorrere dall’11 maggio, sollecita le famiglie: “Quando gli allievi non frequentano la scuola - si legge - le famiglie devono attivarsi al loro interno per accudire i figli, richiedendo al datore di lavoro la possibilità del telelavoro, concordando turni di lavoro che permettano di combinare gli orari con i colleghi o organizzandosi all’interno del nucleo familiare”. Più facile dirlo che farlo - è l’opinione di molti - vista anche solo la difficoltà nel lavorare al computer e badare contemporaneamente ai bambini piccoli; da qui l’auspicio di poter beneficiare dell’accudimento a scuola. Ma i paletti sono molto stretti: “Le famiglie - scriveva infatti il Decs nella direttiva valida dall’11 maggio - devono vivere una situazione eccezionale e ottemperare al seguente criterio: entrambi i genitori, o quello che ha la custodia parentale, sono sottoposti all’obbligo lavorativo e vi è al contempo l’impossibilità di accesso a soluzioni alternative che non permettono la protezione sanitaria intergenerazionale, ovvero bambini che dovrebbero essere accuditi dai nonni o da persone a rischio”. Dal profilo formale per poter far capo all’accudimento, annotava ancora il Decs, “è richiesta alla famiglia un’autocertificazione che ne dimostri l’effettiva necessità”. Se non fosse, tuttavia, che le scuole “possono rispondere alle richieste limitatamente alle loro possibilità organizzative”. Non da ultimo l’accudimento “dev’essere in linea di massima organizzato nell’ambiente nel quale l’allievo è inserito o nel luogo in cui è organizzato l’accudimento per gli allievi di quella scuola”.


Ciò considerato e tornando a Lumino, a fronte del numero di allievi di asilo rientrati in classe dopo l’11 maggio, non era davvero possibile offrire l’accudimento? «Lo abbiamo organizzato durante il lockdown per un allievo delle Elementari e uno della Scuola dell’infanzia», spiega il direttore Efrem Pedrazzi alla ‘Regione’ rimarcando l’impegno dell’istituto nell’informare i genitori «anche pubblicando le direttive cantonali sulla nostra piattaforma informatica, dove sono pure presenti i formulari da compilare per la richiesta di accudimento sia nel periodo di lockdown sia dopo l’11 maggio». Il direttore rimarca inoltre che «le direttive 3 sulla riapertura delle scuole dell’obbligo non prevedevano accudimenti per la Scuola dell’infanzia; si lasciava però la possibilità ai Comuni di decidere nel caso vi fossero state specifiche richieste in questo senso». A ogni modo per il dopo 11 maggio «non sono rientrati formulari per l’accudimento all’asilo, ma solo una lettera». Quella, appunto, dei due genitori. «Ho risposto loro indicando che in base alla direttiva cantonale non sarebbe stato possibile procedere con l’accudimento», annota il direttore nonostante nella medesima direttiva del Decs tale possibilità fosse riconosciuta, sebbene a precise condizioni. «Avrebbero potuto - aggiunge Pedrazzi - compilare il formulario. Una lettera non è un formulario e la procedura, vista anche la necessità di autocertificazione, richiede una forma che va rispettata». Formulario che tuttavia nella lettera del 5 maggio veniva indicato solo per le Elementari e di cui il direttore non faceva cenno nella e-mail di risposta. La quale, come detto sopra, segnalava invece ai genitori la possibilità di rivolgersi a centri extrascolastici presenti sul territorio, gestiti da enti pubblici e privati e in grado di conciliare le esigenze familiari con l’attività professionale.

Il Decs: 'Anche il Comune può rivolgersi a servizi esterni'

In effetti - spiega Rezio Sisini del Decs - tale possibilità è data: “Tuttavia - averte rivolgendo un appello alle Direzioni scolastiche - non va intesa solo come un’indicazione o un consiglio che l’Istituto scolastico può dare alle famiglie, ma anche come strumento cui può far capo l’Istituto stesso qualora non fosse in grado di organizzare con i propri mezzi e spazi a disposizione l’accudimento a scuola”. Sisini in effetti segnala che il ritorno a scuola degli allievi a tempo parziale ha implicato per gli insegnanti la ripresa del lavoro a tempo pieno e un’occupazione piena delle aule: “Da qui, specie nelle realtà piccole, l’impossibilità a impegnare docenti nell’accudimento laddove essi sono già occupati tutto il giorno nell’insegnamento e, dal profilo logistico, non vi sono adeguati spazi liberi”. Ciò che potrebbe non essere il caso per Lumino, visto che dopo l’11 maggio un quarto dei piccoli allievi non si è presentato all’asilo.