Luganese

Scuola, Lugano non ci sta e contesta le misure cantonali

Secondo il Municipio della città bisognerebbe riaprire gli istituti solo per l'ultimo anno dell'asilo e la quinta elementare

Il corridoio della scuola elementare di Besso (Ti-Press)
30 aprile 2020
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Lugano non ci sta. E in piena conferenza stampa del Consiglio di Stato sulle strategia ticinesi per la riapertura delle scuole dal prossimo 11 maggio, inoltra un comunicato con cui entra in aperta polemica con le autorità cantonali. La città sul Ceresio, così come anche Locarno, non gradisce che si chieda a tutti gli allievi di tornare, pur metà classe alla volta, tra i banchi. Vi sarebbero difficoltà oggettive, sostengono nel comunicato che fa seguito a una missiva inoltrata al governo questa mattina. Difficoltà nell'organizzare i servizi di accudimento per quei ragazzi che non hanno nessuno a casa durante le ore scolastiche. Difficoltà per i genitori nel dover andare a recuperare i figli per il pranzo.

Meglio sarebbe, prosegue il municipio di Lugano nel comunicato, se si limitasse l'obbligo di presenza ai "soli alunni dell'ultimo anno di scuola dell'infanzia e di quinta elementare". In questo modo, precisa l'esecutivo luganese, si garantirebbe "agli allievi la chiusura del percorso scolastico in previsione del passaggio all’ordine successivo". Tutti gli altri, a casa, come ore, in telescuola.

Un'obiezione cui il consigliere di Stato Bertoli ha risposto 'in diretta' durante l'incontro con i media a Bellinzona: «Quello che propone Lugano non è la riapertura delle scuola. Va bene le difficoltà: siamo, pronti a venire incontro a tutti, ma francamente non credo che Lugano e Locarno abbiano mezzi e inferiori ad altri comuni che si sono detti pronti a riaprire. Dire solo 'non ce la facciamo' non è accettabile».

Borradori: 'Direttiva cantonale complicata'

Poco più tardi, in collegamento con la Rsi, il sindaco di Lugano ha pure rincarato la dose: «La direttiva è complicata. Eccessivamente complicata per 13 giorni di scuola».

Ghisletta: 'Contrari a riaprire le scuole, ma non i bar?'

La battaglia diventa così politica, anche a Lugano. "Il medico cantonale Giorgio Merlani ha indicato alla Commissione sanitaria del Gran Consiglio che dal profilo sanitario non è preoccupato tanto per la riapertura delle scuole, ma per quella molto spinta dei bar e ristoranti", precisa in una nota il presidente del Ps cittadino Raoul Ghisletta.

"Indubbiamente la possibilità di ritrovarsi nei bar e la possibilità di frequentare almeno parzialmente la scuola dell’obbligo hanno uno strano peso specifico per la Lugano-da-bere presente in Municipio a Lugano!". Poi l'affondo: "Ma la cosa più incredibile è che il Municipio della Grande Lugano dichiari che il Grande Istituto scolastico comunale, in passato sempre all’avanguardia in Ticino, non è in grado di organizzare una riapertura parziale e prudente delle sue sedi scolastiche da lunedì 11 maggio: il Municipio chiede che le indicazioni siano calate dall’alto nel dettaglio, sede per sede dal Cantone. È un’autentica onta, che ovviamente si può capire solamente se si pensa che il capo Dicastero formazione a Lugano è il consigliere nazionale e redattore del Mattino della domenica (Lorenzo Quadri, ndr.), notoriamente troppo impegnato in altre faccende per occuparsene seriamente".

Cosa chiede Lugano

Alla base della richiesta di Lugano vi è il fatto che la città "conta 3700 allievi distribuiti su circa 50 sedi", si legge nella nota. "Già in regime normale deve far fronte ad accresciute richieste di accudimento" e il modello proposto dal Decs "non tiene conto di tutte le variabili in gioco. In particolare, una scuola a turni presuppone la presenza in classe della metà degli allievi, cosa che non permette di garantire il servizio di accudimento per gli allievi rimasti a casa, poiché i docenti e le aule sono occupati dal resto della classe".

A complicare le cose vi sarebbe anche "la sospensione della refezione alla scuola elementare e dell'infanzia" visto che "per i genitori che lavorano andare a prendere i bambini e riportarli a scuola" è complicato. "In alcuni quartieri l’uso dei trasporti scolastici è indispensabile, tuttavia il loro utilizzo non si concilia con la necessità di garantire la distanza sociale e le misure d’igiene. Inoltre, nelle sedi con molti allievi cadenzare le entrate e le uscite, seppur tecnicamente ipotizzabile, comporta evidenti perdite di tempo per l'insegnamento".

Una bocciatura su tutta la linea, insomma. (Qui l'intero comunicato)

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