Bellinzonese

Rivalità e musica trap: nuovi dettagli sulla rissa al bar Viale

Scontro evitabile? La mamma di due arrestati ci racconta di aver fatto più segnalazioni alla polizia perché temeva che i figli fossero in pericolo

13 giugno 2020
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“È un inferno”. Riassumiamo con quest’espressione forte la situazione vissuta da una famiglia a margine della rissa consumatasi lo scorso sabato al bar Viale di Bellinzona. A raccontarci la sua esperienza è una mamma, i cui due figli sono stati posti in arresto nell’ambito dell’inchiesta avviata all’indomani dell’accaduto da parte del sostituto procuratore generale Nicola Respini e dalla Magistratura dei minorenni essendo coinvolti anche ragazzi con meno di 18 anni. In totale le manette sono scattate ai polsi di tre 17enni, di un 19enne e di un 25enne, tutti residenti in Riviera e nel Bellinzonese. Come confermato dal procuratore Respini alla ‘Regione’ subito dopo gli arresti, la rissa è probabilmente stata un regolamento di conti tra gruppi rivali.

La donna - il cui nome è noto alla redazione ma che per motivi di sicurezza preferisce rimanere anonima - ci racconta che la rissa di una settimana fa è solo l’ultimo di una serie di episodi di violenza. Il tutto, spiega, ha avuto inizio durante il Carnevale di Cadenazzo dello scorso anno. È in questo Comune che è attivo un gruppo di giovani che si identifica attraverso il codice di avviamento postale: 6593 o più semplicemente 93. Una consuetudine in voga anche in altri luoghi del Cantone per identificare la propria “gang”. In quell’occasione i due figli della nostra intervistata spiegano di essere stati aggrediti da questo gruppo, lo stesso che poi si sono trovati di fronte al Viale. Nel 2019 il figlio minore si è beccato un taglio al collo, mentre l’altro ha ricevuto uno schiaffo, entrambi ad opera della gang di Cadenazzo. “È gente che non scherza”. Da lì in avanti la donna spiega di vivere nella paura che qualcosa di brutto possa capitare ai suoi figli o alla sua famiglia ed esterna questa sua preoccupazione anche alla polizia.

‘La polizia si sveglia adesso’

Tra i messaggi email che la donna invia a un ispettore della Cantonale ve n’è uno datato 15 febbraio 2020 in cui si dice preoccupata per l’imminente Carnevale Rabadan a Bellinzona. Il gruppo in questione, sottolinea, “gira sempre intorno ai nostri figli”. E chiede che venga garantita la loro sicurezza. Un altro e-mail, questa volta più recente, precede di pochissimo la rissa nel locale bellinzonese. La mamma scrive al suo avvocato e in copia al poliziotto che la banda di Cadenazzo ha maltrattato una ragazza minacciandola. “Ho sempre paura che accada qualcosa di bruttissimo”, si legge nel messaggio. E in effetti un brutto episodio si è verificato di lì a qualche ora, sabato scorso. Quella sera, spiega la nostra interlocutrice, la gang di Cadenazzo si è scagliata sul suo figlio più piccolo, minorenne, che si trovava lì con il fratello e un amico. Il fratello maggiore è dunque intervenuto per difenderlo, sottolinea, ed è stato proprio lui a far chiamare la polizia e a finire a terra dov’è stato preso a calci. All’arrivo degli agenti e una volta portati i feriti all’ospedale la situazione è rimasta tesa. Al punto che la mamma dice di essere stata minacciata di morte dai familiari degli altri arrestati fuori dal pronto soccorso, in presenza degli agenti. “È una tragedia e la polizia si sta svegliando adesso, in ritardo, noi è da un anno e mezzo che facciamo segnalazioni a più riprese”. La paura di questa mamma sarebbe condivisa anche da altre famiglie della regione, che stanno cercando il coraggio di denunciare il comportamento di questi ragazzi.

Soldi, spaccio e musica trap

Come nel caso della rissa avvenuta il 10 maggio a Pregassona (tra un gruppo di Chiasso e uno di Lugano) anche qui facendo un po’ di ricerche sui social scatta il legame con la musica trap, un sottogenere dell’hip hop. Mentre in quel caso il collettivo 404ent nega di essere coinvolto con quanto successo, a Cadenazzo alcuni degli arrestati figurano nei videoclip musicali amatoriali di un gruppo di trapper locali. A fare da sfondo i palazzi del paese ma anche la zona industriale, il campo da basket, nonché auto sportive e moto da cross. Protagonisti dei video sono gli stessi ragazzi, alcuni dei quali con il viso coperto da un passamontagna o con una bandana tirata sulla bocca. I testi sono espliciti: come capita spesso per il genere trap, contengono riferimenti a soldi, capi firmati, auto lussuose, spaccio di stupefacenti e armi. Ed è proprio a causa di un’arma softair puntata contro un coetaneo che nel Luganese a novembre le manette erano scattate ai polsi di quattro giovani tra i 16 e i 20 anni, anche in quel caso grandi appassionati di questo genere musicale.

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