Alcuni dei protagonisti della rissa al bar Viale già noti alle forze dell'ordine. Il comandante della Polcom: 'Stavamo valutando le segnalazioni ricevute'
«Erano in cinque contro uno e gli tiravano calci in testa mentre lui era accovacciato e se la teneva con le mani. È stata una scena bruttissima». La nuova testimonianza da noi raccolta dopo la rissa consumatasi la sera di sabato 6 giugno al bar Viale di Bellinzona ritrae una scena di paura e violenza. Paura vissuta anche da chi ha assistito alla scazzottata senza esserne coinvolto. Come racconta una testimone oculare (che si dice disponibile a essere sentita dalle forze dell’ordine), quanto successo ha creato panico tra i presenti. «Siamo dovuti scappare dalla porta d’emergenza mentre tutti urlavano e volavano bicchieri in testa alla gente. Le persone cadevano come birilli, uno dopo l’altro. Io avevo il cuore a mille e continuavo a tremare, anche perché mi trovavo in un angolo della terrazza e se qualcuno mi avesse spinta sarei potuta cadere qualche metro più sotto». Ed è proprio lì sotto, vicino alla fontana, che prosegue il pestaggio pochi minuti dopo l’inizio della rissa scoppiata nel gazebo soprastante: qui accorrono alcuni ragazzi che - come ci viene raccontato - prendono di mira un giovane anche dopo che quest’ultimo si è accasciato a terra. Un comportamento violento che avrebbe potuto avere un esito più grave. È infatti inevitabile ripensare a quanto successo durante la Stranociada di Locarno nel 2008, quando il 22enne Damiano Tamagni perse la vita dopo essere stato preso a pedate al corpo e al capo da tre giovani di età compresa tra 17 e 22 anni.
La paura che ai figli potesse succedere qualcosa di simile è ciò che ha portato la madre, di cui abbiamo riferito nell’edizione di sabato, a fare più segnalazioni negli scorsi mesi alle forze dell’ordine. In particolare, ricordiamo, ha inviato email a Polizia cantonale e comunale riferendo di un gruppo attivo a Cadenazzo che gira attorno ai suoi ragazzi dopo un primo scontro al Carnevale del 2019 e un altro episodio violento in un locale del Locarnese lo scorso dicembre, ma anche di un episodio avvenuto sempre a dicembre in centro a Bellinzona, quando lei stessa ha avuto uno scambio con questi giovani che, scrive, l'hanno insultata minacciando di picchiarla. La donna spiega di non aver mai ricevuto risposta a tali e-mail e ribadisce che il figlio maggiore (arrestato) è intervenuto a difesa del più piccolo (quello preso a calci sul capo) e che non si è trattato di un pestaggio tra due gruppi rivali datisi appuntamento lì, prosegue invece sulla tesi dello scontro tra bande l’inchiesta aperta dal procuratore pubblico Nicola Respini in collaborazione con la Magistratura dei minorenni. La preoccupazione della madre - fornendoci peraltro una dettagliata documentazione sulla carriera scolastica e professionale dei ragazzi - è anche che adesso il figlio maggiore si veda rovinare irrimediabilmente il percorso lavorativo.
Da noi contattato, il comandante della Polizia comunale di Bellinzona Ivano Beltraminelli conferma che la PolCom aveva ricevuto alcune segnalazioni da parte della donna e che queste erano «oggetto di valutazione». Alcuni dei ragazzi coinvolti, aggiunge, erano già conosciuti alle forze dell’ordine. Il comandante rassicura sul fatto che le segnalazioni non sono state ignorate, bensì si stava cercando l’approccio più idoneo «nei limiti dell’intervento proporzionale in base alla situazione reale». Beltraminelli spiega infatti che nel caso di segnalazioni relative a minacce, non è possibile stabilire se potranno effettivamente sfociare in atti violenti. «Difficile intervenire, significherebbe seguire 24 ore su 24 queste persone», aggiunge precisando che non vi sono segnali preoccupanti che lascino pensare a un problema generalizzato. Ciò che sottolinea anche il vicesindaco e capodicastero Sicurezza Andrea Bersani. «Si è trattato di un fatto isolato, a Bellinzona non siamo soliti a episodi del genere in un locale pubblico», spiega alla ‘Regione’. Bersani non nasconde però preoccupazione per l’accaduto: «Si tratta di campanelli di allarme che inducono a riflettere. Un genitore non dovrebbe temere per l'incolumità del proprio figlio se la sera si reca in un bar a bere qualcosa con gli amici». La Polizia cantonale da noi interpellata ieri, non ha per il momento evaso la nostra richiesta di informazioni.
A peggiorare la tensione, quel sabato notte, vi è stato l’episodio avvenuto una volta che i feriti sono stati trasportati all’ospedale San Giovanni per essere medicati. Come conferma il procuratore Nicola Respini, la polizia è nuovamente intervenuta per calmare gli animi di genitori, familiari e amici dei giovani coinvolti nella rissa. «È stato uno spettacolo indecente», sottolinea. L’inchiesta si occuperà di stabilire di chi sono, e quali sono, le responsabilità delle persone coinvolte nella vicenda. Partita, ricordiamo, con degli scontri già durante una festa di Carnevale nel 2019. Nel frattempo il giudice dei provvedimenti coercitivi ha confermato l’arresto della durata di un mese per uno solo dei sei giovani inizialmente fermati.