Il comitato di solidarietà ad Arturo Mellace, che inizialmente chiedeva un suo reintegro sul posto di lavoro, giudica indecente l'offerta di liquidazione dell'Ocst
“Il comitato sosterrà fino in fondo il sindacalista licenziato, sia nella battaglia legale che dovrà necessariamente affrontare, sia sul fronte sindacale in un dibattito aperto con i sindacalizzati Ocst, nei diversi settori lavorativi e attraverso manifestazioni di dissenso che si terranno davanti alle sedi”. È una dura presa di posizione quella del comitato di sostegno al 60enne sindacalista Arturo Mellace di Biasca, licenziato nelle scorse settimane dall'Organizzazione cristiano sociale dopo 22 anni di servizio. Riunitosi ieri sera in occasione dell'assemblea dei lavoratori alla quale hanno preso parte colleghi e lavoratori iscritti all'Ocst, il comitato ha deciso di continuare a battersi in favore di Mellace. Ciò – si legge nel comunicato diramato – dopo aver preso atto “dell’atteggiamento di supponente chiusura da parte delle dirigenza dell’Ocst”, in riferimento alla proposta fatta al sindacalista. E cioè “una somma equivalente a tre mensilità di salario, ma a patto che fossero sospese le procedure legali in corso, che si evitasse di manifestare dissenso attraverso gli organi d’informazione e si rinunciasse ad altre spettanze derivanti dal rapporto di lavoro”. Considerata l’età dell’interessato e il suo stato precario di salute, la proposta è stata ritenuta “indecente e vergognosa” dal gruppo di sostegno che vede come capofila l'ex sindacalista e vicesegretario cantonale di Ocst Nando Ceruso. Un'indignazione alimentata dal fatto che – spiega Ceruso alla 'Regione' – dopo un primo incontro il sindacato si era detto disponibile a trovare una soluzione ragionevole. Invece, si legge ancora nel comunicato, “all’interessato è stato persino rifiutato il diritto all’assistenza legale di cui ha diritto in quanto sindacalizzato”.
“Preso atto che l’Ocst continua nel suo atteggiamento ambiguo e di supponente chiusura”, anche di fronte alla petizione sottoscritta recentemente da oltre duecento sindacalizzati che ne hanno richiesto il reintegro sul posto di lavoro, il comitato di sostegno “ha deciso di scendere in campo per manifestare il suo fermo dissenso contro i metodi sbrigativi e anti sindacali adottati dai funzionari Ocst”. Funzionari, continua la nota, “che dimostrano totale mancanza de sensibilità sindacale , che non comprendono e non parlano più il linguaggio dei lavoratori e delle lavoratrici”. Stando al comitato di sostegno, Mellace sarebbe stato licenziato “per aver contestato il suo capo diretto che pretendeva, da lui e dai suoi colleghi addetti ai servizi esterni sui cantieri e nelle fabbriche, più produttività intesa come acquisizione di una maggior numero di lavoratori da iscrivere al sindacato”.
«Mi dissocio totalmente da un atteggiamento di questa natura – afferma Ceruso –. Il movimento cristiano-sociale è rispettabilissimo, ma in questo momento la dirigenza sta mettendo in cattiva luce il sindacato. E di fronte a queste ingiustizie è giusto ribellarsi». Sul piano personale «provo molta amarezza e delusione. Perché non è possibile che si adotti un provvedimento così drastico senza tener conto degli aspetti umani che lo caratterizzano. Premettendo che poteva magari esserci il presupposto di un ammonimento, credo che in un caso simile il minimo che possa fare un sindacato sia un piano di uscita adeguato (un prepensionamento o un sostanzioso piano sociale). Mellace ha in fondo lavorato per 22 anni proprio in favore dei lavoratori. E francamente quello riservatogli è un trattamento che un sindacato non può permettersi». Ceruso annuncia battaglia: «Alzeremo la voce con la dirigenza Ocst. Credo che abbiamo sottovalutato la situazione. Non va per niente bene che ci sia questa superficialità di fronte a problematiche del genere».
Il 18 settembre il segretario cantonale Ocst Renato Ricciardi aveva inviato alle redazioni una nota stampa confermando che il licenziamento è stato notificato “per motivi disciplinari”. Il licenziamento, aggiungeva, “è avvenuto con una disdetta ordinaria del rapporto di lavoro, nel rispetto dei termini contrattuali e legali”. La persona coinvolta “ha buon diritto di tutelare gli interessi che ritiene lesi e di chiedere solidarietà. Se del caso, sarà la competente autorità giudiziaria a dirimere la vertenza. Non rilasceremo – terminava Ricciardi – ulteriori dichiarazioni in merito”.