Bellinzonese

Morti per amianto: ‘Le centrali Ofible ora sono sicure’

Il direttore Hofstetter: ‘Negli anni 50-60 la sostanza veniva spruzzata senza precauzioni’. Ed era presente un po’ ovunque nel materiale di costruzione

Ti-Press
2 ottobre 2019
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Il contatto con l’amianto – pericoloso per la salute – fra gli operai delle officine idroelettriche prima degli anni 80 è innegabile. Lo afferma, da noi interpellato, Marold Hofstetter, direttore delle Officine idroelettriche di Blenio (Ofible) e della Maggia (Ofima), dopo la notizia riferita ieri di due morti per mesotelioma (cancro alla pleura) tra gli ex dipendenti della centrale di Olivone. «Questi due casi (risalenti al 2014 e al 2017, ndr.) ci addolorano molto», sottolinea. Hofstetter aggiunge che l’azienda non ha una visione completa di chi si è ammalato, visto il grado di riservatezza della Suva su questi aspetti, ma i due casi da noi riportati sarebbero gli unici con esito letale. Oltre alle 4-5 persone in Valle di Blenio con placche al sistema respiratorio che tengono sotto controllo le loro condizioni di salute, ve ne sarebbero anche un paio tra i pensionati dell’Ofima. Il direttore aggiunge che tra gli attuali dipendenti attivi – circa 130 tra Blenio e Maggia – non ci sarebbe invece alcun caso di mesotelioma, né di placche pleuriche.

Sulla presenza di amianto nelle loro centrali, Hofstetter (direttore dal 2000) spiega che bisogna distinguere tra due diversi impieghi di questa sostanza. «Nelle fasi iniziali di esercizio delle nostre centrali, tra fine anni 50 e inizio anni 60, veniva utilizzato il floccato di amianto. Lo si applicava regolarmente all’interno delle centrali principalmente per insonorizzare le pareti – spiega Hofstetter – ed è stato proprio questo l’uso critico della sostanza, che secondo noi ha causato i mesoteliomi». In assenza di protezione come succedeva in quegli anni, durante l’applicazione del floccato si respiravano infatti grandi quantitativi di amianto, racconta il direttore. «Quest’utilizzo era prassi comune – aggiunge – interrotta verosimilmente prima degli anni 80, quando cioè si è preso coscienza della pericolosità dell’amianto. A quel punto non è mai più stato usato così».

L’esito dei test: nessuna fibra nell’aria

Diversa, distingue Hofstetter, la presenza di fibre di amianto in edifici pubblici ma anche in abitazioni private poiché era stato utilizzato come materiale edile. «Era stato impiegato anche nelle nostre centrali, ad esempio come rivestimento isolante delle pareti, nel mastice dei ferramenti, nella colla delle piastrelle». Quando il problema amianto è venuto a galla, «la direzione di allora si è adoperata per proteggere in particolare le pareti delle sale macchine applicando un apposito strato protettivo che evitasse la dispersione di polveri pericolose». Dispersione che potrebbe avvenire solo se si dovesse grattare lo strato di amianto. «Pur non essendo necessario sul piano della sicurezza, nell’ambito del rinnovo degli impianti abbiamo deciso di procedere tappa per tappa eliminando l’amianto presente. Non sono lavori che ci sono stati imposti dalla Suva, ma si tratta di misure che riteniamo doveroso fare per eliminarlo una volta per tutte», spiega il direttore. Nessun pericolo dunque per gli attuali lavoratori, fornitori e visitatori delle centrali. «Periodicamente incarichiamo istituti specializzati di analizzare l’aria nei locali per essere sicuri che non vi siano fibre che circolano: otteniamo sempre responsi negativi», assicura Hofstetter. Il risanamento che viene effettuato da parte di una ditta specializzata è ora quasi concluso. Sulle otto centrali Ofima/Ofible, sono ancora due quelle in cui i lavori devono essere terminati.

Per quanto riguarda invece il taglio senza dovute protezioni di materiale contenente amianto – come conferma alla ‘Regione’ anche il figlio di una delle due persone che hanno contratto il mesotelioma – Hofstetter sottolinea che quando ha assunto la direzione erano già in vigore delle chiare disposizioni, che valgono tuttora, su come gli operai devono comportarsi e come si devono proteggere. La loro introduzione risale a quando è emersa la problematica, spiega, tra la fine degli anni 80 e gli anni 90.