Il presidente Plr commenta il ‘mena via’ di sette righe del Consiglio di Stato alla richiesta di chiarimenti sulle esternazioni del direttore del Dt Zali
«È un “mena via” redatto senza impegno, che conferma però l’impressione di un progressivo disimpegno. Quando è arrivata questa risposta e l’ho letta mi son chiesto sul serio “No, ma davvero?!”». È tra il deluso – molto – e l’arrabbiato – forse ancora di più – il presidente del Plr Alessandro Speziali, nel commentare da noi interpellato la risposta (o meglio, la non risposta) che il Consiglio di Stato ha dato all’interrogazione inoltrata nel mese di settembre assieme al deputato e presidente del Centro Fiorenzo Dadò sulle valli e le periferie del Ticino.
Un’interrogazione che, ricorda Speziali, «prendeva le mosse da un’intervista del direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali concessa al Cdt che, al netto di alcune esternazioni condivisibili, aveva bisogno di un chiarimento politico, soprattutto alla luce della difficilissima situazione di alcune zone periferiche, in particolare quelle colpite dalle alluvioni». Insomma, le domande al governo vertevano su un unico grande concetto o dilemma che dir si voglia: “Dobbiamo aspettarci un disimpegno generale perché il trend sociale è ineluttabile?”. E ancora. Nell’interrogazione si chiedeva se il Consiglio di Stato condividesse “in toto” le considerazioni di Zali sul destino delle valli e “se quindi intende nel prossimo futuro procedere con un graduale disimpegno” e, in caso contrario, “con quale strategia si intende agire per un sostegno concreto alle comunità, ai Municipi, ai Patriziati e ai vari enti coinvolti”.
La risposta all’interrogazione inoltrata al governo ma con riferimento al direttore del Dt è disarmante. Sette righe, tra le altre cose indirizzate comunque a due presidenti di partito, per le quali viene annotato in calce il tempo di elaborazione: un’ora. Il testo è il seguente: “Il Consiglio di Stato conferma il proprio impegno a favore di tutte le zone del Cantone, coerentemente con quanto previsto dalla Costituzione cantonale (art. 15 cpv. 2): ‘Il Cantone promuove la collaborazione e la solidarietà fra i Comuni e favorisce uno sviluppo equilibrato fra le varie regioni’. Visto quanto precede, un eventuale riorientamento delle strategie a favore delle regioni periferiche dovrebbe essere preceduto da un voto popolare volto a modificare la Costituzione cantonale. Il Consiglio di Stato è favorevole all’attuale impostazione”. Né più, né meno. In un’ora di lavoro.
E no, Speziali non l’ha presa per niente bene. «La risposta del Consiglio di Stato sembra stizzita – riprende il presidente liberale radicale –, e di certo non risalda il rapporto tra istituzioni e poteri dello Stato, oltreché liquidare in maniera anche un po’ imbarazzante il tema centrale: le valli e le loro prospettive concrete, nell’interesse di tutto il cantone». A preoccupare Speziali e Dadò nella stesura dell’interrogazione era soprattutto un passaggio, di quella intervista a Zali: «In particolare era l’aver definito “ineluttabili” alcune dinamiche sociali e demografiche, come lo spopolamento o per qualcuno la fuga verso i centri. La nostra interrogazione – prosegue Speziali – non era una reazione artefatta, ma la richiesta di un chiarimento. Anche perché le esternazioni di Zali hanno creato non poche reazioni e punti interrogativi nelle valli, e mica solo quelle colpite dai disastri di questa estate». Insomma, «era un’occasione per il governo di dare una risposta sia sul principio, sia nel concreto. Vale a dire prospettive, nonché misure e strumenti che sono a disposizione di altri e che potrebbero essere messi in campo». Non solo, per il presidente del Plr l’occasione poteva essere ghiotta anche «per accennare alla necessità di alcune semplificazioni di regolamenti e direttive che spesso paralizzano le attività di chi vuol rendere le valli dinamiche, progettuali e con un futuro sia a livello di posti di lavoro, sia di qualità di vita. Sempre che il governo voglia davvero semplificare il proprio apparato normativo...».
Invece? «Invece sette-righe-sette, come direbbe Armando Ceroni, tra cui la citazione astratta di un articolo costituzionale. Dando così l’impressione che per il nostro governo la difesa e la promozione dei territori ticinesi sia un dovere formale, più che una spinta fatta di passione, riconoscenza, storia e visioni di sviluppo e crescita. Inoltre – afferma ancora Speziali – la spiegazione della necessità del voto popolare per cambiare quell’articolo oscilla tra il beffardo e il fuori tema. Anche Fiorenzo era sconcertato».
Per Speziali il discorso è semplice: «Un territorio fatto di famiglie, scuole, aziende, associazioni, enti pubblici e privati potevano e dovevano leggere una risposta diversa. Invece, ora, scuotono la testa». A ogni modo, assicura Speziali, «al di là dello striminzito commento del governo, la risposta necessaria alla fiducia nelle valli la daremo con l’impegno su tutti i fronti che toccano i territori sia come deputati, sia come semplici cittadini che lavorano sul territorio». Come? «Sviluppo di progetti, pianificazioni ragionevoli, lotta alla burocrazia e alla rigidità normativa, sostegno agli eventi, investimenti nei servizi. Pensando poi – conclude il presidente del Plr – alla grande e fondamentale partita delle riversioni e della possibilità di sfruttare appieno le nostre acque per un rilancio delle valli, anche nell’interesse dei centri urbani e di un Ticino forte. Non stanco».
A essere arrabbiati e non poco, stavolta verso la Confederazione, sono anche i sindaci di Lavizzara e Cevio. Con una lettera inviata al Consiglio federale, infatti, Gabriele Dazio e Wanda Dadò non ci girano attorno: “Lo spirito del ‘Tutti per uno, uno per tutti’ ritratto sotto la cupola di Palazzo federale sembra proprio esser venuto meno in questa occasione”. L’occasione, va da sé, è la richiesta di sostegno rivolta alla Confederazione anche dalla Deputazione ticinese alle Camere federali per la ricostruzione delle zone che hanno subito i gravi danni portati dall’alluvione di questa estate. Le premesse c’erano: “All’indomani della catastrofe che ha fortemente colpito la Vallemaggia – scrivono Dazio e Dadò – un consigliere di Stato ticinese ebbe a pronunciare queste rassicuranti parole: ‘Siamo in Svizzera, quindi state sicuri che arriveranno anche i fondi necessari per la ricostruzione’. E vi era effettivamente da crederci, considerata la tradizione solidale del nostro Paese”. Eppure.
Eppure “le notizie pervenuteci successivamente riguardo la risposta negativa data dalla Confederazione alla lettera inviata lo scorso luglio da parte della Deputazione ticinese, unitamente a quella grigionese e a quella vallesana, e dopo ulteriore richiesta trasmessa dal nostro governo cantonale, hanno lasciato di stucco in Ticino, soprattutto noi Comuni direttamente colpiti da questi eventi straordinari”. Anche alla luce delle disparità portate dalla perequazione federale, col Ticino a raccogliere le briciole avanzate, “il diniego di una maggior partecipazione ai costi di ripristino dell’alluvione ci lascia smarriti”. Il contributo della Confederazione, infatti, “si limita a due ambiti specifici ed è limitato alla copertura del 35% dei costi per tali opere. Oltre a ciò, non è previsto alcun contributo straordinario. Per il Ticino in questi ambiti rientrano costi stimati per 21 milioni di franchi, i danni totali sono però stimati in oltre 100 milioni! Un carico davvero eccessivo per i nostri Comuni e per il Cantone senza un aiuto da Berna”.