Lanciata una petizione contro la chiusura del ritrovo. La Fondazione Diamante: ‘Non è possibile modificare questa decisione’
«Quando ho sentito la notizia della chiusura, non ci potevo credere». Moreno Colombo si ricorda molto bene quel giorno di tanti anni fa, quando il compianto Mario Ferrari lo avvicinò in Gran Consiglio dicendogli di “aver avuto un’idea per Chiasso e per far lavorare i nostri giovani”. Quell’idea era l’Osteria Uliatt di Chiasso. L’allora presidente della Fondazione Diamante e l'allora sindaco di Chiasso ci hanno creduto e hanno lavorato per ridare ai chiassesi uno spazio da tempo lasciato abbandonato. Era il 2008. Dopo 16 anni l’attività chiuderà alla fine dell’anno. Queste almeno le intenzioni della Fondazione Diamante rese pubbliche a inizio mese. Una decisione che sta suscitando parecchie reazioni. Tra queste c’è la petizione che Moreno Colombo e Stefano Tonini (primi firmatari), Tiziana Grignola, Edo Cavadini, Daniele Raffa e Luigi Rigamonti intendono indirizzare al Consiglio della Fondazione Diamante per chiedere di “rivedere la decisione di chiudere l'osteria di Chiasso”. Una decisione che ha lasciato “utenti tristi e disorientati e clienti dispiaciuti, delusi e anche arrabbiati”. I formulari per la raccolta firme possono essere richiesti scrivendo a petizione.cfcds@gmail.com. I moduli sono a disposizione anche presso le cancellerie comunali del Distretto. I formulari, anche incompleti, dovranno essere inviati entro il 30 novembre a CP 2639, 6830 Chiasso o all’indirizzo email citato. Domani, mercoledì 23 ottobre, alle 12.20, davanti al ritrovo di via Fontana da Sagno 3, i promotori presenteranno ufficialmente la petizione – che può essere sottoscritta anche sul portale change.org – e raccoglieranno firme tra i clienti.
In questi 16 anni di attività, si legge nel testo che accompagna la petizione, l’Uliatt è diventato “un punto di incontro per la comunità chiassese, ma soprattutto un luogo di interscambio tra la realtà della Fondazione Diamante e la cittadina” e anche i pranzi degli ultimi giorni hanno fatto registrare il pienone. «Mi ricordo gli occhi di Mario Ferrari e il suo modo di toccarsi la barba mentre mi parlava di questo progetto – continua Moreno Colombo –. L’idea di coinvolgere persone meno fortunate e farle lavorare in mezzo alla gente è stata un'iniziativa vincente. Questo ritrovo ha dato visibilità a tutte le persone impiegate, soprattutto, dando loro il valore che meritano. Chi ha frequentato e frequenta ancora questo ritrovo, ha sicuramente molte scene positive nella sua memoria». Colombo sottolinea ancora che se alla base della decisione «vi fossero problemi economici, potremmo valutare insieme come risolverli». L’intenzione dei promotori è di far sapere l’esito anche al Consigliere di Stato Raffaele De Rosa.
La scelta di chiudere non è stata piacevole neanche per la direzione della Fondazione Diamante. «Comprendiamo le reazioni della clientela affezionata e degli avventori – sottolinea Maria-Luisa Polli, direttrice della Fondazione dal 2010 –. Tuttavia, la decisione nasce da un’esigenza socio-educativa volta ad adempiere al nostro mandato di laboratorio». Quanto annunciato all’inizio di ottobre, prosegue Polli, non è stata una scelta avventata, ma «è frutto di molte riflessioni che si sono sviluppate nel corso degli ultimi due anni. Siamo giunti a questa decisione, che non è possibile modificare». La Fondazione concentrerà i suoi operatori sociali in settori nei quali ci sono un numero maggiore di collaboratori a beneficio di prestazioni dell’assicurazione invalidità. Nel laboratorio L’Idea, che comprende l’osteria L’Uliatt, è il settore artigianale. «La nostra priorità – continua Polli –, è trovare l'organizzazione migliore per garantire una presenza educativa adeguata al numero di utenti e alle diverse attività che si svolgono nei vari settori». Per i quattro collaboratori attualmente attivi all’Uliatt, «ci sarà un accompagnamento individuale per valutare un’attività sempre a L’Idea– che comprende anche i settori ‘Economia domestica’, ‘Falegnameria’ e ‘Cornici’ –, oppure proseguire con altre attività socio-lavorative proposte dalla fondazione o con organizzazione ed enti con i quali già collaboriamo».
Tra gli enti che hanno reagito alla chiusura dell’Uliatt c’è anche il Municipio di Chiasso. «Interpreto il sentimento del Municipio nel dire che siamo rimasti molto sorpresi e anche dispiaciuti nell'avere appreso questa notizia – commenta il sindaco Bruno Arrigoni –. È stato un fulmine a ciel sereno: non c’erano sentori che qualcosa non funzionasse e anche l’occupazione a mezzogiorno è sempre molto alta, al punto che senza riservazione non si trova posto». Qualche settimana fa il Municipio ha pranzato all’Uliatt con la Consigliera di Stato Marina Carobbio, arrivata a Chiasso per l’inaugurazione della biblioteca delle scuole. L’esecutivo ha nel frattempo incontrato la Fondazione Diamante. «Speriamo ci sia un via d’uscita – sottolinea Arrigoni –. La popolazione sta reagendo anche perché si tratta di un posto amato dai chiassesi e di una vetrina per la stessa Fondazione».
La Società commercianti del Mendrisiotto (Scm) ha voluto inviare una lettera alla Fondazione dichiarandosi pronta a instaurare una collaborazione. “La Scm è un'associazione presente dal 1974 nella regione inserita nel tessuto economico e sociale del territorio con lo scopo di favorirne lo sviluppo – si legge nella missiva –. Apprendere che una realtà così bella e vincente come il progetto dell'Uliatt non sarà più parte della vita quotidiana dei chiassesi, e non solo, ci rattrista molto”. Il ritrovo è “conosciuto e frequentato da molti di noi e dai nostri associati, circa 150 aziende in tutto il Mendrisiotto, è ritenuto un valore aggiunto sia per i simpatici e competenti utenti e i loro educatori, sia per tutti coloro che si siedono ai tavoli del ritrovo”. La Scm si dice “consapevole che queste decisioni sono sicuramente frutto di attente analisi, legate a fattori di diverso genere e spesso di difficile lettura”, ma ha voluto “esplicitare quanto realmente importante sia un progetto dinamico come l'Uliatt, che è una preziosa realtà di integrazione sociale a 360 gradi”.
Anche una rappresentanza dei docenti del vicino Centro professionale commerciale (Cpc) di Chiasso ha voluto rivolgersi alla Fondazione Diamante auspicando un “ripensamento”, essendo l'Uliatt “una delle poche realtà di integrazione a 360 gradi di successo”. Anche grazie all'accordo stipulato negli anni scorsi, si legge nella lettera, “sempre più docenti amano recarsi all'Uliatt, un luogo genuino e rigenerante, sicuramente per lo stomaco ma pure per mente e corpo. Essere seduti, pranzare e confrontarsi tra colleghe e colleghi in questo contesto, per chi come noi è coinvolto tutti i giorni con le realtà e problematiche dei giovani, aiuta a ritrovare, grazie agli utenti e a chi li guida, un equilibrio e una serenità oggi imprescindibile per svolgere la nostra attività e sostenere le persone nel loro percorso formativo”. La socialità che si respira “è pure legata agli avventori del ritrovo che sono divenuti, come noi, parte integrante del progetto aggregativo e sociale che la vostra prestigiosa Fondazione persegue”.