Domenica su Rsi La1 il documentario di Ellade Ossola, Alberto Bernad e Gianmario Reycend sul giovane campione gambarognese reduce da Parigi 2024
La documentaristica biografica è un ottimo strumento per conoscere i personaggi al di là dell’immagine che vogliano, o sappiano, dare di sè. ‘Noè. In acqua, io sono’, l’intenso ritratto realizzato da Ellade Ossola, Alberto Bernad e Gianmario Reycend per “Storie” (prodotto da Michael Beltrami) si rivela a tratti uno specchio anche inaspettato di un giovane beniamino del pubblico ticinese come Noè Ponti; un ragazzo che a soli 23 anni, grazie alle sue imprese natatorie, già si è guadagnato un’aura che nella Svizzera italiana non è stata di moltissimi dello sport “all time”. Possiamo ricordare nello sci alpino Lara Gut-Behrami e prima di lei solo Doris De Agostini e Michela Figini; in quello nordico Natascia Leonardi; nel calcio Kubi, Valon Behrami, più Massimo Busacca fra gli arbitri; e poi Ajla Del Ponte e Ricky Petrucciani nell’atletica, Mauro Gianetti e Rubens Bertogliati nel ciclismo, Clay Regazzoni in Formula 1 e, tornando al nuoto, Flavia “Fly” Rigamonti, che come Noè è stata capace di andare a podio in contesti di assoluto rilievo internazionale.
Ma non è (solo) con i fasti e gli allori che dal film emerge il Noè che non avremmo conosciuto se non si fosse prestato all’“operazione intimità”. Succede ad esempio in una scena bellissima girata una notte durante i Mondiali di Fukuoka; una scena che è forse la più “vera”, e insieme la più illuminante dell’intero lavoro: Noè, affranto per non essere riuscito a esprimere il suo potenziale malgrado si sentisse pronto per farlo, sfoga la sua frustrazione con la sorella Asia e lo zio “Mamo”; zio che il film ci aveva insegnato a conoscere come l’anticonvenzionale, il personaggio del gruppo, sempre scherzoso e molto attento a mai prendersi troppo sul serio. Ma è nel momento di sofferenza del nipote che da Mamo arrivano le parole e lo sguardo giusto, la capacità di far riflettere quel ragazzone tanto forte e insieme fragile. Noè, con quelle lacrime, per la prima volta mostra sé stesso e lo fa senza veli. E del giovane campione emerge una caratteristica: il timore di deludere chi gli vuole bene.
Questo è dunque il valore aggiunto del documentario; un valore tra l’altro guadagnato, più che trovato, visto che, come Ellade Ossola ci ha ricordato, il rapporto fra lei e Noè va oltre i rispettivi ruoli sportivo-giornalista: «Lo conosco da anni, forse gli ho fatto la sua prima intervista in assoluto, verso i 10 anni. E lui, di riflesso, conosce me, tanto che il rapporto a volte sfocia nel personale, con il rischio che la comunicazione, ad esempio durante le interviste, sia viziata da dinamiche particolari». Lo stesso è naturalmente accaduto nella lavorazione del documentario, il che ha aggiunto la variabile di un equilibrio da mantenere costantemente sul filo della confidenza.
Se la giornalista ci è riuscita è anche grazie a quello che definisce «un lavoro di team, dove non c’è una sola regia perché l’abbiamo fatta tutti assieme». Con Gianmario Reycend (fotografia, cameraman e regia) e Alberto Bernad (montaggio e regia, già con Ellade nel lavoro su Dominique Gisin) «abbiamo lavorato in simbiosi – aggiunge Ossola –, facendo gruppo e affrontando assieme le varie fasi. Quanto a me, ho dovuto ma anche potuto giostrarmi fra i due ruoli di giornalista del Dipartimento sport inviata ai grandi eventi, e ideatrice del documentario».
Film la cui linea temporale si situa a cavallo delle Olimpiadi di Parigi, partendo da un campo d’allenamento a Lanzarote, passando da Europei in vasca corta in Romania, Mondiali di Fukuoka ed Europei di Belgrado, dalla posa della prima pietra del Centro natatorio al Centro sportivo di Tenero (con la promessa di Noè di rimanere ad allenarsi in Ticino fino alle Olimpiadi di Los Angeles 2028) e una vasta ed emozionante biografia sportiva di Noè da giovanissima promessa a campione affermato.
La crescita è osservata con le lenti delle persone più vicine a Ponti: mamma Vittoria e papà Mauro, la sorella Asia, lo zio Mamo e naturalmente l’allenatore Massimo Meloni, un personaggio di grande umanità, spesso chiamato a dare un nome e un senso alle emozioni, alle conquiste e alle sconfitte del suo pupillo.
E a proposito di emozioni non possiamo non tornare a quella sera di Fukuoka, con Noè di spalle, in penombra, che con la borsa in spalla raggiunge Mamo e Asia, e, abbracciandoli, ammette la sua sconfitta, dicendo di non capacitarsene, che stava bene e si credeva pronto per ben altri traguardi. È allora che lo zio si fa serio, guarda il suo “niño” e gli dice parole che solo l’amore sa dare.
Un altro, di amore, è quello che traspare dalla dichiarazione pronunciata da Noè durante un incontro con i ragazzini delle Elementari. Attorniato dai giovanissimi fan, il nuotatore dice una cosa bellissima che di certo rimarrà nei loro cuori: «Sognate, sognate tanto. Perché i sogni si possono avverare. A me è successo».
Presentato mercoledì sera in un’affollata anteprima a inviti al Palacinema di Locarno, ‘Noè. In acqua, io sono’ verrà trasmesso da “Storie” domenica sera su Rsi La1, dalle 20.40. Il film è introdotto da un’intervista al protagonista condotta in studio da Rachele Bianchi Porro.