Sul prolungamento al 2027 per il pareggio di bilancio, con un freno all'aumento della spesa, l'Udc rischia di rimanere da sola. I no da sinistra a destra
Se non è morto ancor prima di nascere, il ‘Decreto Morisoli bis’ dovrà faticare molto per ottenere una maggioranza. L'iniziativa parlamentare elaborata dell'Udc che mira a prolungare al 2027 il primo Decreto, quello avallato dal popolo nel maggio 2022 e che aveva come obiettivo arrivare al pareggio di bilancio entro il 2025, non si limita solo a questo. Andrebbe, in più, ad agire anche sul freno alla spesa. Nell'articolo 2 del Decreto allegato all'iniziativa democentrista, infatti, si legge come la crescita della spesa per il personale deve aumentare al massimo dello 0,8%, quelle per beni e servizi e di trasferimento allo 0,5%. Ma la strada, si diceva, è tutta in salita.
«Servono finanze sane grazie a scelte sostenibili», premette il presidente liberale radicale Alessandro Speziali. Partendo, appunto, da un presupposto: «La salute delle finanze è un aspetto indispensabile per uno Stato progettuale. Su questo siamo d'accordo e lo sosteniamo da sempre». Però c'è un però. Nel senso che, riprende Speziali, «ci troviamo davanti a una variante light del primo decreto, con il rischio che i risultati siano anch'essi molto light o addirittura controproducenti: vediamo il rischio che si arrivi a tagli lineari e indistinti, che non vogliamo». Anche perché «dubito che il Consiglio di Stato faccia scelte di campo, semmai si limiterà a limare ovunque. La storia di questi ultimi anni, infatti, dimostra come non si sia mai distinto per avere il piglio delle priorità».
Insomma, quella (ri)lanciata dall'Udc per Speziali non convince. «Noi non siamo per una soluzione lineare, ma concreta e mirata: con la radiografia della spesa di cui attendiamo i risultati, quella stessa radiografia da cui l'Udc si è tagliata fuori da sola, abbiamo l'occasione di avere un'analisi approfondita e comparata delle uscite. E come Plr – afferma ancora il suo presidente – non vogliamo rimanga una foto che sbiadisce nel tempo, ma una base oggettiva per intervenire subito, concretamente e con consapevolezza». Come? «Prendendo a esempio la Confederazione, individuando esperti che indicano le possibilità di intervento di risparmio o ottimizzazione, con criteri solidi e poca propaganda. E così prenderemo le decisioni che riterremo migliori».
Per la Lega, il vicecoordinatore del movimento Gianmaria Frapolli è netto: «Il primo decreto ha dato la possibilità alla popolazione di esprimersi e ribadire il concetto di pareggio di bilancio. Ma a mio avviso è ora necessario concentrarsi non su un altro decreto, ma sul lavoro per dei punti concreti che portino al risanamento delle finanze del Cantone, riducendo la gestione corrente e favorendo gli investimenti».
Il commento che ci rilascia il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni non lascia chissà quale speranza, anzi. «Proposte del genere in sé possono rappresentare anche una sorta di spauracchio, dal momento che se non vengono fatti interventi strutturali si arriva un taglio o un contenimento lineare», afferma. Ma dopo, «è chiaro che da un lato deresponsabilizza, e dall'altro quando diventa una legge diventa tutto più complicato». In più, per Agustoni, è come sempre fondamentale non fasciarsi la testa prima di rompersela: «Non darei così per scontato che per forza il 2025 non chiuderà con un risultato coerente all'obiettivo di risanamento. I conti del 2024 stanno migliorando in modo importante rispetto al preventivo – continua il capogruppo del Centro –, e anche se dovessimo avere un Preventivo 2025 in cifre rosse se queste saranno limitate non è escluso che si arrivi coi conti sostanzialmente in pareggio. Rispettando, quindi, il primo decreto». Nel concreto, tornando al ‘Decreto Bis’, per Agustoni «se il primo era molto generico, qui si danno indicazioni più stringenti su quella che è l'evoluzione della spesa in alcuni settori». Ma da un lato, «l'aumento previsto per personale, beni e servizi, spese di trasferimento sarebbe inferiore all'inflazione», dall'altro «è in corso un'analisi esterna della spesa, da noi chiesta per lungo tempo, che darà i suoi risultati e che valuteremo».
Dalla sinistra non è solo un no, è un muro alzato con assoluta determinazione. A partire dal Ps, la cui copresidente Laura Riget stigmatizza «la volontà di continuare questa discussione al limite dell'ideologico sul meno Stato, senza voler affrontare i risultati concreti di questa discussione. L'anno scorso, quando sono arrivati, tutti hanno detto che quei tagli non andavano bene, o andavano fatti in maniera diversa, che i sussidi non si potevano toccare. Noi ci opponiamo a questa discussione ideologica, ribadisco, perché un ulteriore decreto porterà ancora più tagli, ancora più dolorosi per un ceto medio e per le fasce più fragili della popolazione che sono già in difficoltà col potere d'acquisto sempre più in calo». Per Riget «sarebbe molto pericoloso continuare su questa strada, non accetteremo mai i tagli lineari. Spero che il prossimo Preventivo sia più ragionevole di quanto si sta prospettando».
Durissima anche la replica della co-coordinatrice dei Verdi Samantha Bourgoin: «Tutte le persone di buon senso hanno visto che il Decreto Morisoli era un ammasso di bugie. Il bis sarà un secondo ammasso di bugie. Non ho ancora approfondito nel dettaglio, ma è difficile rispondere a una situazione complessa con soluzioni falsamente semplici».
«È la solita mossa di natura contabile, priva di senso perché non affronta il problema dei compiti dello Stato. Cosa che dovrebbe fare un legislatore. Indicando appunto i compiti da ridurre per contenere la spesa. Finché le leggi saranno sempre le stesse e i compiti sempre gli stessi, queste iniziative mirano soltanto a mettere sotto pressione l’apparato amministrativo, scolastico, e socio-sanitario», afferma Raoul Ghisletta, segretario della Vpod, che ha promosso l’iniziativa popolare, riuscita con 8’300 firme, per abolire il Decreto Morisoli ‘number one’.
E a proposito del Decreto numero due, appena ufficializzato dall’Udc con l’iniziativa parlamentare, Ghisletta rincara: «Contiene le solite formulette magiche che fanno astrazione dalle leggi e dall’evoluzione dei bisogni nei vari settori della società». Formulette «di una destra ‘calcolatrice’ che pensa si possa governare un Paese con appunto delle formulette. Se vi sono dei compiti che si ritiene che lo Stato non debba più fare si abbia il coraggio di indicarli. Altrimente si resta agli approcci ideologici». L’iniziativa popolare per abrogare non è stata ancora trattata dal Gran Consiglio. «Superata dagli eventi? Non credo e quindi non penso proprio che la ritireremo. Costringerà anzitutto i partiti a stilare un bilancio di questo decreto e quindi la politica a posizionarsi dopo gli effetti derivanti dalla sua applicazione».