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Riflessioni sulle dimissioni di Fabrizio Demarchi

Già dalla lettura del Foglio ufficiale dello scorso 10 luglio ho appreso che la Giudicatura di Pace del circolo di Lugano Est, malgrado l’elezione a fine settembre 2022 dell’altro candidato, più giovane, nato, cresciuto e vissuto nel circolo, senza studi di diritto alle spalle, resta senza giudice: chi lo sostituirà verrà eletto il prossimo 24 novembre. Dopo aver poi letto che il giudice dimissionario ha e sta avendo seri ed importanti problemi di salute, mi son detto che ho fatto bene a tener sin qui per me i miei pensieri, anche se è vero, fa strano ricordare, con il senno di poi, che la maggior critica che mi è stata mossa, oltre al fatto di non essere del circolo, è che avrei raggiunto il limite di età prima della fine del mandato decennale; per il resto, avvocato e notaio con un ventennio di esperienza quale giudice di pace a Vezia, già in pensione, il mio profilo era riconosciuto come una valida alternativa.
Alla precisazione che le dimissioni del giudice eletto sono state chieste dal presidente del Consiglio della magistratura per via del tanto tempo trascorso in ospedale, dalla umana comprensione per le difficoltà del mio contendente, il mio pensiero è passato ad altro, alle difficoltà a cui dovrà far fronte quella Giudicatura, la supplente in carica non potendo certo far tutto da sola e la mole di ritardi e giacenze accumulati potendo già oggi essere allarmante. Si trattasse allora di poter dare una mano per assorbire gli arretrati e ridare una buona velocità di crociera a questa giudicatura di pace, gli anni che mancano al 31 dicembre dell’anno in cui ne compirò 70 (sono nato ad agosto del 1957) dovrebbero essere più che sufficienti, e nel frattempo potrebbe essere più facile trovare chi saprà ripartire con una situazione, allora, già normalizzata.
Certo, vi fossero già ora candidate o candidati pronti a cogliere con successo questa sfida resa più ardua dai segnali d’allarme che vanno colti dietro la richiesta di dimissioni avanzata dal presidente del consiglio della magistratura, ecco che di buon grado, pur con qualche rincrescimento, mi farei senz’altro da parte.
Questo è quanto dico ai miei amici e a chi mi chiede come ho reagito alla notizia delle dimissioni di Fabrizio Demarchi. Se mi permetto di rendere pubbliche queste mie riflessioni, non è per evitare di ripetermi con chi vorrà ancora parlarmi della questione, e neppure per riavviare una mia campagna: io, se occorre, ben volentieri mi metterei ancora a disposizione, ma, lo ripeto, se si riuscisse a trovare un giudice di pace in grado non solo di rimettere in carreggiata questa particolare Giudicatura di Pace ma anche di portare a termine quel che rimane del mandato decennale in corso, beh, sono il primo a riconoscere che sarebbe meglio.
Ciò che conta, e che conta davvero, è che anche questa parte del potere giudiziario funzioni, funzioni bene, sappia fare giustizia vera, concreta, celere, in modo quanto più possibile pragmatico e sensato, ma sempre nel solco della certezza del diritto.