L’esperienza olimpica di Linda Zanetti scatterà domenica: poco meno di 100 cicliste affronteranno la prova in linea immerse nella storia della capitale
Una scenografia carica di storia: alle spalle più di 7’300 tonnellate di ferro, dinanzi 158 chilometri (dislivello di 1’700m) da percorrere a tutta velocità. Il Trocadéro, Les Invalides, l’Opéra Garnier nonché la caratteristica piramide del Louvre fra i tratti più iconici. Un circuito sinuoso, muscolare, in cui risulterà verosimilmente decisiva la triplice ascesa del Montmartre. La salita del Sacré-Cœur, culmine di Parigi, contraddistinta dalla pittoresca rue Lepic e dal pavé. Quei sampietrini lasceranno in seguito di nuovo spazio all’imponente ‘accozzaglia’ di metallo poc’anzi citata. Mesdames et messieurs, la Tour Eiffel! Un ferro presente anche nelle medaglie che domani, domenica 4 agosto, definiranno il podio della prova in linea femminile. Poco meno di cento partecipanti, fra cui la nostra Linda Zanetti. Il profilo assomiglia parecchio a una classica, terreno di caccia della ticinese, dunque potrebbe «essere dalla mia. Non sarà facile. Dall’impostazione della corsa fino alle condizioni atmosferiche. Le variabili non mancano. Sarà inoltre un’emozione speciale respirare aria di Tour de France. I Giochi olimpici nella terra del ciclismo sono qualcosa d’incredibile» e le nazioni faro non intendono steccare l’appuntamento. Nella capitale francese si cerca l’erede dell’austriaca Anna Kiesenhofer. E, allora, parafrasando Lucio Battisti, pedala Linda. Pedala come sai e non fermarti mai.
La 22enne ha da poco concluso il Giro d’Italia, conquistato dalla padrona di casa Elisa Longo Borghini dinanzi alla belga Lotte Kopecky (che ritroverà entrambe a Parigi). «Il mio compito era in funzione della squadra, delle compagne impegnate a scalare la classifica. C’è stata qualche occasione in cui la corsa è stata decisa in volata, ma non sono riuscita a finalizzare. È stata comunque la preparazione ideale a poche settimane dalla rassegna olimpica». Un blocco di allenamento impegnativo, tant’è che l’esordio nei cosiddetti Grandi Giri alla lunga ha presentato il conto. «Sì, effettivamente, ho faticato a gestire il recupero fra una tappa e l’altra. Nelle ultime frazioni ero piuttosto a corto di energie, ma l’esperienza è stata fantastica». Linda è una biker ‘proiettata’ da soli tre anni su asfalto e sterrato, eppure il 2023 è stato ricco di soddisfazioni: ben sei le vittorie, fra cui la prestigiosa Epz Omloop van Borsele nonché la frazione inaugurale del Tour de l’Avenir. Non bisogna inoltre dimenticare il titolo nazionale U23 e il bronzo europeo a Drenthe. La nativa di Camignolo si è adattata senza battere ciglio all’ambiente delle professioniste, grazie soprattutto alla squadra formativa dell’Uae. Una squadra di sviluppo, che permette di rendere meno scioccante il passaggio dal settore giovanile alle competizioni del circuito maggiore. «Quando sono approdata nella compagine di Mauro Gianetti ero ancora una novellina. Ho imparato molto nel team, affrontando competizioni più confacenti alle mie caratteristiche». E, di conseguenza, era lecito aspettarsi una (ri)promozione. Non è tuttavia stato il caso. «La sensazione in principio era di essere stata retrocessa. Non è stato piacevole, ma, tirando le somme, sono riuscita senza pressione a consolidare tutte le basi ancora carenti». La strada da percorrere rimane parecchia, dunque Linda ha cambiato tragitto accettando la proposta della Human Powered Health. «Non ho riscontrato particolari difficoltà nell’ambientarmi. C’è stato fin da subito affiatamento. Ho faticato però a imparare a correre immersa nel plotone siccome le dinamiche sono differenti rispetto alle categorie minori». L’inizio di stagione non ha infatti soddisfatto pienamente la ticinese. «Confidavo di esprimermi su livelli migliori soprattutto nel periodo delle classiche. Fra sessioni di allenamento e cambio di casacca non ho trovato immediatamente la pedalata, rincorrendo la condizione». Questo è solo il terzo anno da professionista «tutti mi esortano a pazientare. Da sportiva, però, vorrei già essere a un livello più alto. Questo mi sprona ogni giorno a progredire».
I risultati sono già emersi durante i Campionati svizzeri, chiusi alle spalle di Noemi Rüegg, ma Linda si è riscattata confermando il titolo nella categoria U23. «Il secondo posto è stato un boccone amaro: ero piuttosto arrabbiata. D’altronde non capita spesso di sfiorare l’oro élite! Ho tuttavia corso secondo le mie possibilità, forse ho sbagliato qualcosa tatticamente nel finale». Questa prestazione rinfranca il morale in vista dell’anno prossimo, cui obiettivo sarà il titolo, e dei Giochi. «Non immaginavo di essere selezionata dato l’inizio di stagione al di sotto delle mie aspettative (e forse anche della Nazionale). È incredibile far parte della nostra delegazione». Un sogno che si concretizza fra poche ore. «Appena ho ritirato il materiale, ho iniziato a preparare la valigia e quando ho messo piede nel villaggio olimpico a Parigi l’emozione è salita alle stelle». Chiuso il campo di allenamento in Toscana, la squadra rossocrociata è atterrata da qualche giorno nella capitale francese. L’assenza della capofila Marlen Reusser cambierà i rapporti di forza. La 32enne, argento tre anni or sono a cronometro, era «una delle più attese. Non mancheremo comunque di onorare la nostra maglia; possiamo ben comportarci sia nel caso di una corsa dura, in cui scatterà una fuga ristretta, che di una volata». I percorsi ondulati, ma non da scalatrice pura, sono il pane quotidiano di Linda. Ora, confida sorridendo, caratterizzati da «ancor meno pendenza sicché il tasso è veramente alto. Nel circuito minore riuscivo a tenere determinate salite di una lunghezza medio-lunga, adesso è impossibile. Ogni anno si rimpolpa il numero dei chilometri, perciò bisogna modificare la preparazione». Da quattro a ben cinque ore di allenamento così da sostenere lo sforzo più a lungo. La 22enne dallo spunto veloce, stacca la spina cucinando e passeggiando nella natura, e a rassegna olimpica conclusa si prenderà una pausa di qualche settimana per ricaricare le batterie in vista del Romandie, del Campionato europeo nonché dei Mondiali su territorio rossocrociato. «Il tracciato non rispecchia le mie qualità, ma cercherò di sprigionare il massimo delle potenzialità».
Chi ha corso sulle strade del Tour, difendendo per due giorni la maglia gialla, e conosce a menadito la natia di Camignolo è Rubens Bertogliati. «Ho incontrato Linda nelle categorie giovanili del Kids Tour, quando ancora era focalizzata sulla mountain bike. Qui ha iniziato a ricevere qualche infarinatura sulla… strada, dimostrando già il suo potenziale. Spiccava nelle corse di resistenza e con strappi poco impegnativi. È rimasta una ciclista esplosiva: ha uno scatto e una velocità di punta in volata molto elevata». Nella mountain bike, però, servono altre capacità. «Effettivamente su strada bisogna sapersi muovere in spazi ristretti e recepire le dinamiche in mezzo al gruppo. Il suo background ha comunque fornito un’eccellente base tecnica su cui si può lavorare per adattarlo in funzione della bici da corsa. Quest’anno è inserita in una squadra World Tour e, dunque, impegni e volume di allenamento cambiano. Linda ha però bisogno di correre regolarmente per farsi la gamba in vista delle prossime competizioni». Il ciclismo femminile cerca di aumentare il suo fascino, incrementando chilometri e giorni in sella. Un aumento «che si rispecchia in percorsi più difficili. E questo richiede un approccio differente rispetto al passato».
I risultati ottenuti l’anno scorso dimostrano che «Linda è in continua progressione. La selezione alle Olimpiadi è la conferma dell’eccellente lavoro svolto. Il tracciato parigino, con le sue bellezze architettoniche, può adattarsi alle sue qualità: non ci saranno infatti salite impegnative dal profilo altimetrico, ma tutto dipenderà dalle dinamiche che si creeranno durante la corsa. Il numero di partenti non è illimitato, perciò le nazioni faro dovranno capire (e definire) chi lavorerà in funzione di chi». A rischio di risultare scontati, le Olimpiadi sono comunque una corsa particolare, differente rispetto ad esempio a una frazione del Giro d’Italia. «Non saranno in tantissime, poco meno di cento, tra cui di sicuro un terzo che non ha mai assaporato l’aria dei palcoscenici internazionali. Sarà necessario capire come muoversi». L’assenza di Reusser per Linda può essere «favorevole in quanto non c’è una capitana designata, forse solo Elise Chabbey ha più esperienza di lei, ma le caratteristiche si rispecchiano parecchio; entrambe amano lanciarsi in avanscoperta sin dalle battute iniziali. Perciò ci lasceremo stupire». Chiusa l’Olimpiade sarà il turno dei Mondiali casalinghi, che Bertogliati spera possano rilanciare il ciclismo nostrano. «La strada infatti sta risentendo delle altre discipline: richiede impegno costante e crescente in quanto le distanze aumentano in base alla categoria. E, dunque, anche il volume delle ore settimanali è importante. Non è facile chiedere questi sacrifici a ragazzi giovani, ci si forma soprattutto da 15 a 20 anni. I numeri rimangono stabili, però si è notato un aumento di ragazze. E, ciò, è merito dei successi di Linda».